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La tragedia delle “Frecce ” a Caselle: a che servono le esibizioni aeree dei nostri pur bravi piloti?

di Italia Libera   
La tragedia delle “Frecce ” a Caselle: a che servono le esibizioni aeree dei nostri pur bravi piloti?

Alle porte di Torino, i resti incandescenti di un Pony 4 uccidono una bambina a bordo dell’auto dei genitori che transitava sulla strada provinciale di fianco all’aeroporto. Uno stormo di uccelli sarebbe stato risucchiato dal motore del velivolo bloccando i comandi dell’aereo. Perché continuare con questa sciocca parata di virtù militari, giocata, alla lettera, sulla testa della gente?

Il commento di MAURIZIO MENICUCCI

DOPO I 32 MORTI della Costa Concordia, portata dal comandante Schettino a sbattere nel gennaio del 2012 contro Le Scole del Giglio, abbiamo versato fiumi d’inchiostro per esecrare la criminale manovra dell’inchino, con la quale le navi da crociera torea(va)no con gli scogli per far provare il brivido del pericolo ai loro passeggeri. Ci era sfuggito che le esibizioni delle Frecce Tricolori altro non sono che la versione aerea dell’inchino in mare: l’unica differenza che il pubblico a rischio non è a bordo, ma a terra. E e volte — come la povera famiglia Origliasso su cui sono cascati i pezzi incandescenti del Pony 4 caduto a Caselle, che hanno ucciso la piccola Laura e gravemente ustionato il fratello — non è nemmeno interessato allo spettacolo: passavano lì per caso. Ci era anche sfuggito che, nell’incidente di Ramstein, nel 1988, provocato proprio dalla nostra pattuglia acrobatica durante una figura particolarmente complessa (a posteriori, una pessima, tragica figura per l’Italia…) morirono 67 spettatori, oltre ai tre piloti, e 300 rimasero feriti. In quel caso, sul teatro tedesco, si era trattato di un errore umano.

Stavolta, sul teatro di casa, l’aeronautica militare ha pochi dubbi: la colpa non è di un guasto al motore, che la chiamerebbe comunque in causa, ma degli uccelli che, aspirati nel motore, lo hanno bloccato, rendendo ingovernabile l’aereo nella delicatissima fase di decollo. Al pilota, il maggiore Carlo Del Do’, non è rimasto altro che azionare il seggiolino automatico. Fatalità, dunque, cioè, come al solito, nessuna responsabilità. Ma il dato di fatto è questo. Tra esercitazioni ed esibizioni, nei 65 anni della loro storia le Frecce hanno perso dieci piloti e un numero più alto di velivoli. Solo la fortuna e l’esperienza di chi stava ai comandi ha evitato altre vittime. Anche esporsi caparbiamente alla fatalità configura una responsabilità, con l’aggravante della scarsa intelligenza. Perché, allora, continuare con questa sciocca parata di virtù militari, giocata, alla lettera, sulla testa della gente? Noi non siamo (ancora?) la Russia di Putin o la Corea di Kim Jong Un. Che cosa dobbiamo dimostrare? A chi dobbiamo spezzare le reni? © RIPRODUZIONE RISERVATA

di Italia Libera   
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