La strage delle Fosse Ardeatine, la coda di paglia fascista e le radici nere di Giorgia Meloni
I 335 martiri della libertà furono scelti e prelevati dalle carceri e dalle loro case dalle truppe di occupazione naziste guidate dal carnefice Herbert Kappler su segnalazione dei loro complici fascisti. «La più grande strage in un territorio urbano nell’Europa occupata dalle potenze dell’Asse. Un segmento della popolazione cancellato in poche ore», ha scritto oggi lo storico Umberto Gentiloni. Le vittime vennero scelte con una selezione accurata: aristocratici, operai avvocati, venditori ambulanti, studenti, docenti, civili e militari; le varie sinistre, esponenti del mondo cattolico, liberali ed ex fascisti; dai 14 ai 70 anni. Questa la descrizione fatta da Vittorio Foa: «Si uccidevano gli ebrei perché ebrei, non per quello che pensavano e facevano, si uccidevano gli antifascisti per quello che pensavano e facevano, si uccidevano uomini che non c’entravano nulla solo perché erano dei numeri da completare per eseguire l’ordine» degli aguzzini Kappler e Priebke. «Una premier non all’altezza del ruolo che ricopre», ha denunciato in queste ore la staffetta partigiana Iole Mancini di 103 anni, incarcerata e torturata dai nazifascisti
Il commento di VITTORIO EMILIANI
QUANDO DICEVAMO CHE Giorgia Meloni aveva ancora una coda di paglia fascista non avevamo né torto né pregiudizi. La piena conferma del nostro giudizio ci è arrivato dalla sua negazione del carattere politico della strage delle Fosse Ardeatine. Uccisi «perché italiani», secondo Meloni e non perché — come fu — antifascisti, ebrei, oppositori del regime fascista e degli occupanti nazisti. Fu la durissima risposta di Herbert Kappler all’attentato di via Rasella nel quale perirono 33 soldati del battaglione Bolzen, realizzato senza preavvertire il Cln romano dell’iniziativa. Reazione comunque spropositata e di una crudeltà inaudita che colpì a morte 335 persone prelevate da Regina Coeli in prevalenza e ammazzati all’interno delle cave di pozzolana delle Fosse Ardeatine. Per giorni non se ne seppe nulla. Per cui la scoperta risultò ancor più angosciosa per congiunti, parenti, amici.
Il ricordo politico di quella orribile strage di massa costituisce uno dei punti fermi, ineludibili dell’antifascismo italiano. Per questo è ancor più grave e offensivo il declassamento che ne ha operato Giorgia Meloni. Offensivo per la storia della Resistenza dalla quale nasce la Repubblica italiana. La quale invece per l’attuale capo del governo ha evidentemente tutt’altra origine e natura. Del resto cosa potevamo aspettarci di più e di meglio da un Parlamento nel quale il presidente del Senato, Ignazio La Russa, possiede una collezione di busti mussoliniani e ha partecipato al corteo missino in cui a Milano una bomba uccise l’agente di polizia Marino?
Noi siamo dalla parte di quei giovani e meno giovani, laici, cattolici, socialisti, che dopo l’8 settembre 1943 salirono in montagna cioè si diedero alla clandestinità combattiva per riaffermare giustizia, libertà, democrazia. Non dimenticando mai chi cadde in quella sanguinosa guerriglia e fra loro nella sola Liguria nove religiosi, tra preti e frati, fucilati o arsi vivi dai nazifascisti. Invece di tutto questo sembra essersi completamente dimenticata l’attuale presidente del consiglio Giorgia Meloni e chi la sostiene in questa storica mistificazione del terribile 1944-45. © RIPRODUZIONE RISERVATA