La scomparsa di Pio D’Emilia, il giornalista che sapeva raccontare l’Estremo Oriente

Aveva 68 anni, giornalista esperto come pochi di Estremo Oriente, che ha raccontato da sempre con passione coraggiosa, tanto da seguire la tragedia della centrale nucleare di Fukushima sfidando sul posto l’incubo della radiazioni. Firma del Messaggero, del Manifesto, da quasi vent’anni nella squadra di Sky, aveva una rubrica su Left. È morto a Tokyo, la sua città d’adozione, dove era approdato poco più che ragazzo. Aveva vinto una borsa di studio come procuratore legale ma poi divenne giornalista. Vittorio Emiliani è stato suo direttore al “Messaggero”
Il ricordo di VITTORIO EMILIANI
PIO D’EMILIA ME lo fece conoscere indirettamente la madre ricoverata in una casa di riposo presso il lago di Misurina raccomandandomi il suo Pio che era non so se alla terza o alla quarta compagna e non metteva ancora la testa a posto. Ma fu l’assistente personale del presidente di Montedison all’epoca proprietaria del “Messaggero” che io dirigevo, il bravissimo Sergio Castriota a chiedermi: «Ma chi è quel matto che abbiamo a Tokio?». Pio infatti aveva capeggiato un corteo di protesta contro il divieto ai Filippini e soprattutto alle Filippine di immigrare in Giappone. Cercai di difenderlo come «ottimo professionista». «Sarà», rispose scettico Sergio «ma ieri guidava il corteo di protesta contro il divieto a filippini e filippine di immigrare in Giappone e a Montedison qualche rogna la darà».
Un altro ricordo che ho di lui risale a un mio viaggio a Tokio. Ero in Giappone per il supervertice con Reagan e Schulz che dovevano trattare questioni strategiche per l’Estremo Oriente. Stavamo al New Otani un maxialbergo i cui primi 30 piani erano stati liberati per noi giornalisti. Giravamo per comodità col “passi” appeso al collo. Pio poteva muoversi liberamente. Mi venne a prendere e con la sua Jeep mi scarrozzò per l’immensa metropoli di cui conosceva la rete incredibile di strade sotterranee.
Anche lui era stato allievo per la lingua del professor Sakamoto che da Roma era il corrispondente del “Tokio Shimbun” con articoli brevissimi ed aveva insegnato la sua lingua a tanti inviati italiani. La simpatia umana di Pio era pari alla sua professionalità. Su di lui si poteva sempre contare per l’Estremo Oriente. Non sbagliava un colpo, un servizio. Lo ricordo col suo sorriso aperto, affettuoso, nonostante la fatica di farci capire Paesi per noi misteriosi come il Giappone, le Filippine o il Vietnam. Ciao Pio con vero affetto. © RIPRODUZIONE RISERVATA