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La nuova legge finanziaria, il conferenziere decurtato Renzi e gli interventi “pro domo propria”

di Italia Libera   
La nuova legge finanziaria, il conferenziere decurtato Renzi e gli interventi “pro domo propria”

Il segretario emerito del Pd − è stato persino questo, benché si stenti ancora a crederlo − è un buon professionista della frase fatta dello slogan, della promessa vana, della parziale autocritica. Ha saputo buttarsi a pesce in un’attività − conferenziere − di moda nel mondo anglosassone molto ben pagata ed è entrato di recente nella “scuderia” di Tony Blair. Stavolta ha dovuto “conferire” sui suoi interessi economici diretti decurtati dal governo. E l’efficacissimo “battutista” (che di solito usa un’ironia mondana e pungente) stavolta non se l’è cavata proprio benissimo pur lanciando sottili messaggi politici (a La Russa e al Pd)…

◆ Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

Una delle caratteristiche principali dell’uomo politico è la vanità, debolezza di solito attribuita al genere femminile. Una vanagloria che si deve esprimere in forme raffinate, elaborate, indirette per evitare di apparire esibizionista e megalomane. Tuttavia, essendo il mondo pieno di invidiosi, il successo è quasi sempre garantito. Tenere una conferenza è comunque un impegno, anche se tratti argomenti della tua vita quotidiana. I politici sono per definizione tuttologi e più sono generici, più sono convincenti. Devono stare attenti, però, a non volere approfondire temi troppo specifici per evitare di essere smentiti da uno dei presenti, documentatissimo e polemico.

Un buon professionista della frase fatta, dello slogan, della promessa vana, della parziale autocritica, esce indenne da ogni scontro. Male che vada, se è nell’angolo, si salva trasformando il dibattito in una rissa con uno dei presenti di parte avversa. Nel caso di Renzi non si sono ben capite le modalità della sua attività di “conferenziere”. Cioè se partecipa a convegni di esperti (modello Aspen Institute o il più familiare Studio Ambrosetti), se conclude convention più o meno commerciali, se – vicenda molto diversa – offre consulenze. È un’attività di moda nel mondo anglosassone. Tutti gli ex presidenti degli Usa la praticano e ricevono lauti compensi. Credo che Renzi – che cominciò con il principe ereditario saudita – sia recentemente entrato nella “scuderia” di Tony Blair che fa questo mestiere da molto tempo.

La situazione internazionale con le sue guerre militari ed economiche, con la sua incertezza geopolitica sollecita l’interesse degli addetti ai lavori agli scenari futuri. Tornano quindi utili i pareri dei protagonisti recenti o appena trascorsi che, a differenza di quelli in carica, possono parlare “liberamente”. Di questa carriera secondaria si seppe direttamente dall’ex sindaco (oggi di dice “emerito”) di Firenze. In fondo una bella soddisfazione per uno sconfitto al referendum da lui medesimo proposto. Il suo sottinteso messaggio era: nel mondo della politica sono l’unico italiano conosciuto, l’unico dei cui pareri si fidano (visto quanto li pagano).

Ma veniamo all’attualità: nella legge “finanziaria”, il documento parlamentare più importante dell’anno è stata inserita dal governo una norma capestro per falcidiare i guadagni di chi pratica questo secondo lavoro. Essendo Matteo Renzi l’unico che lo fa, si può ben dire che è una norma ad personam. Egli di questo si è lamentato durante il dibattito al Senato, pur risultando meno brillante del solito. Normalmente è un efficacissimo “battutista” che usa una ironia mondana e pungente. Questa volta si è rivolto al presidente del Senato accusandolo di parzialità nella conduzione dei lavori e sparando sul documento contabile in approvazione.

Io non credo però che fosse nervoso per il suo reddito decurtato. Credo che abbia fatto semplicemente politica. Il presidente di “Italia viva” sta’ virando verso il centrosinistra, non certamente accolto con entusiasmo dagli altri potenziali inquilini del campo largo. Renzi conosce bene la psicologia del popolo di sinistra (non dimentichiamoci che è stato segretario del Pd) e sa che al sentirlo rivolgersi a Ignazio La Russa con la parola “camerata” qualunque militante gioisce, si commuove, si sente vendicato. Per di più, in un colpo solo, allontana per sempre il sospetto di avere contribuito ad eleggerlo quel presidente. È da notare, infine, come La Russa non si sia sentito minimamente in imbarazzo. Avrà colto l’ironia? © RIPRODUZIONE RISERVATA

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