La lobby fossile alla Cop29. ReCommon: "Eni e le sue ‘Sorelle’ fanno affari, non salvano il Pianeta"
Alla conferenza sul clima, conclusa a Baku con un nulla di fatto, hanno partecipato 1773 “lobbisti fossili”. Fra di essi 22 italiani in rappresentanza di Eni, Snam e Italgas
Alla conferenza sul clima, conclusa a Baku con un nulla di fatto, hanno partecipato 1773 “lobbisti fossili”. Fra di essi 22 italiani in rappresentanza di Eni, Snam e Italgas. Il Cane a Sei Zampe era presente con il Senior Vice President Marco Piredda e con il Direttore Public Affairs Lapo Pistelli nella veste di Chairman del Mediteranean Energy and Climate Organisation (Omec), un’associazione di categoria partecipata anche da Snam e da altre corporation fossili, che si presenta come «la voce dell’industria energetica nell’area del Mediterraneo». Per l’associazione No Profit, «la massiccia presenza a Baku dei lobbisti fossili è uno scandalo a cui bisogna porre fine, ‘liberando’ dalla loro presenza i negoziati per il clima»
— Alla Cop29, la Conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite a Baku, le vittime dei disastri ambientali, alluvioni e siccità, nei paesi più fragili soprattutto nel Sud del mondo, hanno ricevuto poche briciole dai paesi che aggravano un anno dopo l’altro le loro condizioni di vita. Un nulla di fatto che peserà sulle condizioni di vita di centinaia di milioni di persone, frutto del lavoro dietro le quinte delle delegazioni dei vari paesi, in rappresentanza di vari − e spesso in contrasto − interessi legittimi che indirizzano le decisioni del summit annuale. Quest’anno, nella delegazione italiana, di lobbisti del comparto fossile sono stati 22 su un totale di 1773 “lobbisti fossili”.
Come membro della coalizione Kick Big Polluters Out (KBPO), l’associazione no profit ReCommon ha avuto accesso a documenti confidenziali che ha voluto rendere pubblici con un proprio rapporto e un comunicato stampa. Come già era accaduto per la Cop28 dello scorso anno a Dubai, a Baku è stato concesso l’accesso a un numero significativamente maggiore di lobbisti delle fonti fossili rispetto a quasi tutte le delegazioni nazionali: i 1773 lobbisti dei combustibili fossili registrati a Baku sono superati solo dalle delegazioni inviate dall’Azerbaigian, paese ospitante (2229), dal Brasile, paese ospitante della Cop30 (1914), e dalla Turchia (1862).
Nel dettaglio, quelli italiani hanno fatto capo a Eni, la più importante multinazionale del nostro Paese, Italgas, Edison e Confindustria. Risulta aggregato alla delegazione italiana anche il direttore generale dell’azienda dell’Oil&Gas azero Socar, Azer Mammadov, a dimostrazione del forte legame con il Paese della regione del Caspio, da cui l’Italia importa la percentuale più alta di petrolio e gas combinati. Eni era presente con il Senior Vice President Marco Piredda e con il Direttore Public Affairs Lapo Pistelli nella veste di Chairman del Mediteranean Energy and Climate Organisation (Omec), un’associazione di categoria partecipata anche da Snam e da altre corporation fossili, che si presenta come «la voce dell’industria energetica nell’area del Mediterraneo». La società italiana che a Baku ha potuto contare sulla delegazione più folta è stata Italgas Reti, controllata da Cassa Depositi e Prestiti e partecipata da Snam: ben otto persone, incluso il ceo Paolo Gallo e il ceo di Italgas Reti, Pier Lorenzo Dell’Orco. A margine dei primi giorni di negoziato, Italgas ha siglato un accordo commerciale con l’azera Socar.
Mentre per Confindustria è stato in delegazione il presidente Daniele Bianchi, per Edison, una delle società che acquista il gas proveniente dai giacimenti di Shah Deniz II, poi veicolato in Italia attraverso il gasdotto Tap, sono stati registrati quattro rappresentanti. Completano il totale dei 22 lobbisti esponenti di Mediterranean Energy and Climate Organisation (Omec), Seingim e Tokyo Group. In realtà il totale dovrebbe arrivare a 25, perché nella delegazione italiana “spiccavano” anche Piero Ercoli, Domenico Maggi e Sergio Molisani, rispettivamente Executive Director dell’unità per la decarbonizzazione, Head of Eu Affairs e Chief of International Assets Officer di Snam, registrati come affiliated advisor della Venice Sustainability Foundation, la quale ha come primo obiettivo lo sviluppo della hydrogen valley a Marghera (progetto per lo sviluppo di idrogeno blu, realizzato tramite l’impiego di gas).
Nel comunicato stampa diffuso da ReCommon, si rileva come lo scorso anno i funzionari della Nazioni Unite avevano imposto una nuova regola che richiedeva ai partecipanti di rivelare in maniera esplicita le loro affiliazioni – in precedenza si poteva prendere parte alle Cop senza dichiararlo. Una regola apparentemente non tenuta in debita considerazione dai dirigenti di Snam. «Ancora una volta − scrive l’associazione no profit − la lobby fossile, con i campioni nazionali di Eni e Snam in prima fila, guarda alla Cop come un’occasione per fare affari e per promuovere le proprie false soluzioni alla crisi climatica, Carbon Capture and Storage, vale a dire la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della Co2 e idrogeno in primo luogo». «La loro massiccia presenza a Baku è uno scandalo a cui bisogna porre fine, ‘liberando’ dalla presenza di lobbisti fossili i negoziati per il clima» ha dichiarato Elena Gerebizza di ReCommon, tra le autrici del rapporto internazionali sui lobbisti fossili alla Cop29.
Sul tema è stata lanciata recentemente una campagna nazionale, “Clean the Cop! – fuori i grandi inquinatori dalle negoziazioni sul clima“: «La presenza di un numero importante di lobbisti del fossile alle Cop è la punta dell’iceberg di un sistema di ingerenza continua degli interessi di queste compagnie nel varo delle politiche energetiche e climatiche anche a livello nazionale. Una dinamica che va denunciata e fermata: per questo obiettivo è stata lanciata la campagna italiana, che si insedia nel solco delle iniziative internazionali Free Fossil Politics e Kick Big Polluters Out per riportare il tema nel dibattito pubblico italiano, ove è ancora drammaticamente assente. All’avvio della Conferenza di Baku, nell’ambito della campagna europea Fossil Free Politics, 112 organizzazioni europee e 15 italiane avevano inviato contemporaneamente una Lettera aperta alla Commissione europea e al proprio governo per chiedere di togliere i badge delle Cop clima ai delegati fossili», spiega Marica Di Pierri, portavoce di A Sud, una delle realtà promotrici della campagna.