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L’Italia contro la Restoration Law. Cosa prevede il Regolamento per il restauro della natura degradata 

di Italia Libera   
L’Italia contro la Restoration Law. Cosa prevede il Regolamento per il restauro della natura...

Uno studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Aea), pubblicato ad inizio del decennio, ha rilevato che solo il 15% degli habitat dell’Ue presenta uno stato di conservazione buono. Di converso, ben l’81% ha uno stato di conservazione inadeguato (45%) o cattivo (36%). Inoltre, il 9% degli habitat con uno stato di conservazione sfavorevole mostra trend di miglioramento, il 36% esprime tendenze al deterioramento. Da qui la necessità e l’urgenza di varare il “Nature Restoration Law”, il Regolamento sul ripristino della natura proposto dalla Commissione Europea due anni fa e approvato in versione attenuata dall’Europarlamento. Dopo una lunga attesa ha ricevuto anche l’approvazione a maggioranza dei 27 Stati membri. L’Italia ha votato contro insieme a Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Ungheria e Svezia. Il Belgio si è astenuto

◆ L’analisi di GIORGIO DE ROSSI

► Il 18 Agosto u.s. è entrato in vigore il Regolamento n. 2024/1991/Ue (Gue del 29 luglio 2024) sul “Ripristino della natura”, noto come “Nature Restoration Law”, un atto legislativo di portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli ordinamenti degli Stati membri (Art. 288 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue). Tale normativa rappresenta un pilastro della strategia europea volta al ripristino degli ecosistemi degradati in tutti gli habitat terrestri e marini ed al recupero di una natura ricca di biodiversità e resilienza nell’intero territorio dell’Unione. Il ripristino degli ecosistemi contribuisce, inoltre, a realizzare gli obiettivi dell’Ue in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento agli stessi, nonché a rafforzare la sicurezza alimentare.

Nonostante i risultati positivi delle politiche e delle misure per la conservazione della natura, diverse valutazioni sullo stato delle specie e degli habitat nell’Ue hanno mostrato risultati allarmanti. Uno studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Aea), pubblicato nel 2020, ha rilevato che solo il 15% degli habitat dell’Ue presenta uno stato di conservazione buono. Di converso, ben l’81% ha uno stato di conservazione inadeguato (45%) o cattivo (36%). Inoltre, il 9% degli habitat con uno stato di conservazione sfavorevole mostra trend di miglioramento, il 36% esprime tendenze al deterioramento. Da qui la necessità e l’urgenza di varare il “Nature Restoration Law” ed adottare ulteriori nuove misure per contrastare il degrado degli habitat considerati in cattive condizioni. In particolare, il vigente Regolamento sancisce precisi obblighi di reintroduzione negli Stati membri degli ecosistemi già danneggiati. 

Esaminiamone insieme gli obblighi più importanti: 

Ripristino degli ecosistemi terrestri, costieri, di acqua dolce e marini (Articoli 4/5) – di cui agli allegati II, IV e V della Direttiva 92/43/Cee – sia per le specie degli animali vertebrati (mammiferi, rettili, anfibi e pesci), quanto di quelle degli animali invertebrati (tra cui insetti, lepidotteri/farfalle, molluschi di terra e di mare come le lumache), nonché per l’universo delle specie vegetali e degli uccelli selvatici. Da sottolineare come nel recupero degli ecosistemi marini siano state incluse le praterie marine, i banchi di spugne ed i banchi coralliferi. 

La figura qui a fianco mostra le più importanti specie animali in pericolo di estinzione: Il “Salmone del Danubio” (Hucho hucho) è un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia dei salmonidi (come trota, salmerino e coregone) originario del fiume Danubio e dei suoi affluenti. Il suo habitat ideale è formato da estensioni profonde, pulite e ben ossigenate. A causa dell’inquinamento delle acque, che non tollera minimamente, è praticamente scomparso. E’ il salmonide che può raggiungere le dimensioni più grandi della sua famiglia: vi sono notizie storiche di esemplari pescati del peso tra 50 e 60kg. La “Tartaruga Liuto” è la tartaruga più grande del mondo con un peso oscillante tra i 250 – 700 kg. Vive in alto mare in acque calde e temperate ma si avvicina alle coste per riprodursi e cacciare. Il “Criceto dorato di Romania” è una creatura notturna. Conduce vita solitaria in un complesso sistema di tane. Si nutre di semi, legumi, radici ed erba, ma anche di insetti. Trasporta il cibo dentro le sue elastiche tasche guanciali. Il suo habitat va dalla Romania e Bulgaria attraverso il Caucaso e l’Asia Minore fino all’Iran. 

Delineati gli habitat fortemente degradati, la normativa ha imposto ai Paesi dell’Unione europea il raggiungimento dei seguenti tre target di ripristino degli habitat in cattive condizioni: ⦿ entro il 2030 il recupero di almeno il 30% ⦿ entro il 2040 il recupero di almeno il 60% ⦿ entro il 2050 il recupero di almeno il 90%. Inoltre, ciascuno Stato dell’Unione dovrà garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo e sarà tenuto all’adozione dei “Piani Nazionali di Ripristino” che indichino nel dettaglio come intendano raggiungere questi obiettivi.

“Ripristino delle popolazioni di impollinatori” (Articolo 10).  Un secondo obbligo sancito dal nuovo Regolamento riguarda l’incremento delle popolazioni degli impollinatori. Gli Stati membri, infatti, al più tardi entro il 2030, devono mettere in atto misure efficaci ed appropriate per invertire la diminuzione delle popolazioni di impollinatori e migliorarne la diversità. Successivamente, devono conseguire una tendenza all’aumento di queste popolazioni, misurata almeno ogni sei anni, a decorrere dal 2030, fino al raggiungimento dei livelli soddisfacenti previsti dalla normativa. Gli impollinatori in Europa comprendono le farfalle, i coleotteri, le api, i sirfidi, le falene e le vespe. Le api selvatiche sono gli impollinatori più conosciuti. Anche altre specie di insetti, come le farfalle, contribuiscono all’impollinazione dei fiori, un elemento cruciale per garantire la crescita delle colture. Purtroppo, dal 1991 quasi il 30% delle farfalle comuni presenti nei prati e nei pascoli di vaste zone d’Europa è andato perduto. Le api e le farfalle, che sono tra gli impollinatori più comuni, si trovano in condizioni molto precarie nell’Unione: 1 su 3 specie di api e farfalle è in declino. Occorre anche considerare che Il valore della produzione agricola annuale dell’UE, direttamente legata agli insetti impollinatori, ammonta a quasi 5 miliardi di Euro. 

“Ripristino degli ecosistemi agricoli” (Articolo 11). Gli Stati membri sono obbligati ad attuare le misure di ripristino necessarie per rafforzare la biodiversità degli ecosistemi agricoli tenendo conto dei cambiamenti climatici, delle esigenze sociali ed economiche delle zone rurali e della necessità di garantire la produzione agricola sostenibile nell’Unione. Gli stessi Stati devono incrementare, nel periodo compreso tra il 18 agosto 2024 e il 31 dicembre 2030 e, successivamente, ogni sei anni, fino al raggiungimento dei livelli soddisfacenti fissati dalla normativa vigente, almeno due dei tre seguenti indicatori per il miglioramento degli ecosistemi agricoli: a) la numerosità delle specie e delle popolazioni delle farfalle comuni; b) lo stock di sostanza organica e di carbonio organico nei terreni coltivati; c) la percentuale di superficie agricola interessata da elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità. Ciò include elementi come terreni a riposo all’interno di piani di rotazione, siepi, alberi singoli o gruppi di alberi, filari arborei, fossati, ruscelli, zone umide, terrazze, muretti in pietra, piccoli stagni e fattori culturali. L’insieme di queste componenti contribuisce alla biodiversità ed alla salute ecologica complessiva degli habitat agricoli. Significativo sottolineare che dal 1990 la popolazione degli uccelli nei terreni agricoli è diminuita del – 36%. Le principali specie aviarie in calo riguardano la “Gallina prataiola”, la “Pittima reale” e la “Tortora selvatica”.                         

“Ripristino degli ecosistemi urbani” (Articolo 8). Il Regolamento stabilisce che entro il 31 dicembre 2030 non dovrà verificarsi “alcuna perdita netta della superficie totale degli spazi verdi urbani.” A partire dal 1° gennaio 2031, dovrà invece manifestarsi “una tendenza all’aumento” degli spazi verdi rispetto ai valori del 2024. Questa disposizione si applica anche alla copertura arborea urbana, sottolineando l’importanza della vegetazione per la salute ecologica delle città. L’articolo 3 del Regolamento definisce gli spazi verdi urbani come aree che comprendono alberi, boscaglie, arbusti, vegetazione erbacea permanente, licheni, muschi, stagni e corsi d’acqua. Queste aree saranno monitorate utilizzando i dati del servizio di osservazione del territorio dell’Unione europea denominato “Copernicus”. Il programma Copernicus, infatti, è coordinato e gestito dalla Commissione Ue ed è attuato in collaborazione con gli Stati membri e l’Agenzia Spaziale Europea (Usa). 

Ripristino dei collegamenti, delle funzioni naturali dei fiumi e delle pianure alluvionali (Articolo 9) I fiumi europei contengono più di un milione di barriere artificiali, quali dighe, sbarramenti e rampe. Le nuove norme mirano a rimuovere molte delle numerose barriere obsolete ed inutilizzate tuttora esistenti; ciò al fine di garantire una maggiore continuità nelle reti fluviali attraverso il ripristino di 25.000 km di fiumi a scorrimento libero entro il 2030.

Ripristino degli ecosistemi forestali (Articolo 12) Le foreste, che coprono quasi il 40% del territorio dell’Unione, sono essenziali per la mitigazione dei cambiamenti climatici, in quanto servono da pozzi di assorbimento del carbonio ed ospitano gran parte della biodiversità europea. Le nuove norme per il ripristino avranno lo scopo di rafforzare la biodiversità nelle foreste. A tal fine, i Paesi dell’UE dovranno migliorare lo stato delle foreste utilizzando specifici indicatori, come la quantità di legno morto ed il numero delle specie di uccelli. Inoltre, gli Stati membri dovranno contribuire a piantare almeno tre miliardi di nuovi alberi entro il 2030. Uno degli aspetti più significativi della “Nature Restoration Law riguarda l’introduzione dei “Piani Nazionali di Ripristino” che dovranno essere presentati alla Commissione entro il 1° Settembre 2026. Attraverso tali strumenti viene posto un fermo al consumo di suolo in determinate aree del territorio nazionale ed interesseranno le aree più urbanizzate, dove risiede la maggior parte della popolazione. Per comprendere le classificazioni territoriali utilizzate nel Regolamento è utile riferirsi alla metodologia statistica europea sul “Grado di urbanizzazione” (Degree of Urbanisation – Degurba). Essa suddivide la superficie dell’Unione in “celle”, classificate in base alla densità di popolazione, come “centri urbani”, “agglomerati urbani” e “celle rurali.” La mappa allegata al Rapporto sul territorio dell’Istat del 2020 illustra le aree italiane nelle quali si applica lo stop immediato al consumo di suolo. Queste aree includono i centri urbani con popolazione superiore a 50.000 abitanti ed i sobborghi con più di 5.000 abitanti. Ogni Comune viene classificato come “Città” se almeno metà della popolazione vive in centri urbani; come “Zona rurale” se la maggioranza della popolazione vive in celle rurali e come “Agglomerati urbani” se l’intensità abitativa non è prevalentemente urbana o rurale. 

La Nature Restoration Law consentirebbe di far compiere un progresso significativo ad un Paese come l’Italia dove il consumo del suolo rappresenta un preoccupante fenomeno, peraltro in rapida crescita in questi ultimi anni. È essenziale che gli istituti competenti, come l’Istat e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), forniscano ai Comuni la cartografia delle unità territoriali classificate, permettendo loro di adeguare gli strumenti urbanistici e di pianificare le necessarie compensazioni territoriali. È pertanto nostro vivo auspicio che i Piani di attuazione nazionale di tutti gli Stati membri fissino, nei tempi espressamente indicati dal Regolamento, obiettivi misurabili ed efficaci che mirino all’effettivo ripristino dei diversi ecosistemi, dalle foreste alle acque marine, unitamente al necessario recupero degli ambiti agricoli ed urbani. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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