L’interesse privato che distrugge il mondo. Che succede quando gli obiettivi sono sanità, sicurezza e difesa
Leggere i fatti di oggi attraverso la lente d’ingrandimento di un saggio di qualche anno fa, “Espulsioni, brutalità e complessità nell’economia globale” della sociologa Saskia Sassen, può essere un modo per aiutare a capirli. L’interesse privato porta a risultati che sono il contrario di quelli che si pone una società come vorremmo fosse quella in cui viviamo, e questo è devastante se al privato si affidano delle scelte che sono di naturale competenza dell’interesse pubblico. Se la Sanità diventa un’attività commerciale, l’obiettivo potrebbe non essere più garantire la salute, ma creare malati o dipendenti dai farmaci
L’articolo di LAURA CALOSSO
CHE COSA SUCCEDE quando settori di interesse pubblico come la Sanità, la Sicurezza e la Difesa diventano oggetto di interesse privato? Un saggio della sociologa Saskia Sassen, pubblicato nel 2014 da Harvard University Press e tradotto in Italia da Il Mulino con il titolo “Espulsioni, brutalità e complessità nell’economia globale”, ci offre un’interessante chiave di lettura, utile a spiegare le dinamiche del nostro presente. Partiamo da un esempio: “quando gestire prigioni diventa un’attività commerciale la cui logica non è diversa da quella della gestione di un motel – riempiamo quei letti – l’obiettivo diventa l’opposto di quello delle prigioni pubbliche: arrestare quanta più gente possibile e tenerla dentro il più a lungo possibile”. Guarda caso sottolinea Sassen “la proliferazione delle prigioni private (negli Usa, n.d.r.) ha coinciso con un forte allungamento delle pene detentive comminate per reati futili e con un ulteriore aumento dei tassi di incarcerazione”.
Ma chi prende le decisioni? Chi decide la costruzione di prigioni private? Chi stabilisce le pene? “Ogni passo di questo processo dipende certamente da qualche responsabile di quelle decisioni, ma – questo è il passaggio fondamentale del libro – chi le prende è invischiato in una ragnatela di logiche sistemiche”. Che cosa significa “logica sistemica”? Cosa intende Sassen con questa espressione? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro ovvero dobbiamo individuare quali soggetti agiscono con logica sistemica. Si tratta, secondo la sociologa, di “formazioni predatorie”, una “combinazione di élite e capacità sistemiche, il cui fondamentale fattore abilitante è la finanza che spinge il sistema in direzione di una concentrazione (di ricchezza, n.d.r.) sempre più acuta. […] Oggi le strutture sottese alla concentrazione non sono più i feudi di pochi “baroni ladri”, bensì gli assemblaggi complessi di una molteplicità di elementi”. E’ proprio per la logica condivisa dal gruppo, la “logica sistemica” appunto, che la studiosa ha concepito “l’idea di una formazione anziché quella di una semplice convergenza di individui e imprese potenti che prendono decisioni con conseguenze fondamentali per popoli e paesi di tutto il mondo”.
Oltre a mettere in crisi i meccanismi alla base della democrazia rappresentativa, ormai palesi dopo i voltafaccia dei governi rispetto alle promesse in campagna elettorale dei candidati, quali effetti produce questo modello decisionale? Secondo Sassen si tratta di una pericolosa distorsione: “vi è una distorsione all’interno di tale logica, che diviene evidente se la si confronta con la logica del periodo precedente, quello dell’ascesa del welfare state, in molte economie di mercato, come pure in molti paesi comunisti”. Che cosa produce questa dinamica decisionale? Si tratta di una cosa che abbiamo sotto gli occhi e che forse non vediamo in modo critico: le espulsioni. E’ una “patologia del capitalismo globale”. In pratica, l’economia politica globale espelle chi arranca , “spinge forzosamente, lavoratori, piccole e medie imprese, agricoltori, al di là dei confini del sistema rendendoli invisibili”. Ogni misura di austerità non porta a massimizzare occupazione e produzione. Anzi. Rafforza “la nuova economia delle formazioni predatorie.”
Il sistema che abbiamo conosciuto nel Novecento era imperfetto, creava disuguaglianze, ma aveva garantito la prosperità di lavoratori e ceti medi. Dagli anni Ottanta, la direzione intrapresa è stata invece quella della “concentrazione al vertice, anziché dello sviluppo di un’ampia classe media”. Inoltre “l’insieme di innovazioni che oggi espandono la capacità di estrazione mette a repentaglio componenti essenziali della biosfera, mentre dissemina l’ambiente umano di distese di terre e acque morte”. Ora che siamo arrivati sino a questo punto del ragionamento, suggerisco un esercizio: applicare questa analisi alla gestione della Sanità, delle pandemie, delle guerre, delle migrazioni, della sicurezza nelle città, etc.. La riflessione potrebbe offrire una risposta a molte domande che ci poniamo dal 2020.© RIPRODUZIONE RISERVATA