La forza dell’azionariato critico: sottoscrivere titoli per difendere l’ambiente in assemblea

Una pressione moderna, lecita, che si chiama “azionariato critico” (cioè sottoscrivere azioni di una società per poi aver diritto di parola in assemblea) è diventato uno strumento di “lotta” per l’ambiente. In Italia questa forma di controllo – che è allo stesso tempo una forma di protesta – è praticata dalla Fondazione Finanza Etica, che è divenuta azionista di diverse aziende italiane e straniere per poter rappresentare, direttamente nell’assemblea dei soci, le istanze di un nuovo modello di sviluppo
L’analisi di COSIMO GRAZIANI
LA PROMOZIONE E LA CREAZIONE di un modello di sviluppo economico alternativo al liberismo degli ultimi quarant’anni è l’obiettivo di moltissimi gruppi della società civile. Questa azione è il risultato della nuova coscienza che si è diffusa dalla consapevolezza che l’uomo e le sue attività hanno danneggiato il pianeta e che il futuro delle prossime generazioni è inevitabilmente compromesso.
Le modalità per creare un modello più giusto hanno preso molte forme, differenti l’un l’altra a seconda del settore della società in cui si agisce. Per il mondo imprenditoriale una forma di indirizzare le aziende verso obiettivi sostenibili e in linea con un nuovo modello economico è l’azionariato critico. Promossa per la prima volta in Italia nel 2007, si tratta di una forma di partecipazione all’attività delle aziende quotate in borsa che non fa il rumore né ha la visibilità di una manifestazione di piazza, perché si inserisce perfettamente nel funzionamento dell’azienda stessa: i gruppi che voglio portare istanze di natura sociale, ecologica e di buona governance all’interno di un’azienda ne comprano le azioni per poter partecipare alle sue assemblee e chiedere ai Consigli di amministrazione come si è agito in merito a questi temi. Oltre a lavorare per influire sulle scelte aziendali, l’azionariato critico denuncia le politiche passate e i loro effetti negativi.
In Italia questa forma di controllo – che è allo stesso tempo una forma di protesta – è praticata dalla Fondazione Finanza Etica, la quale è divenuta azionista di molte alcune aziende italiane e straniere per poter cercare di portare le istanze di un nuovo modello di sviluppo direttamente agli amministratori. In sedici anni di attività, la Fondazione è diventata azionista, tra le altre, di H&M, Acea, Inditex, Rheinmetall, Leonardo, Endesa, Solvay, Generali, Eni. Come si nota, l’attività non si è limitata ad una sola tipologia di azienda, ma ha toccato molti settori, da quello energetico a quello della moda, e lo ha fatto in molti Paesi europei. Grazie anche ad una rete di organizzazioni presente in tutti i Paesi in cui le varie aziende hanno le sedi sono state poste domande riguardo gli effetti delle loro attività sul riscaldamento globale, la gestione delle risorse idriche, la sostenibilità degli investimenti e la protezione dei diritti umani.
Come ha reso noto la Fondazione nel suo report del 2021, anche per lei l’attività è stata modificata a causa della pandemia e delle misure prese dai vari governi europei per contenerla. In Germania per esempio, Finanza Etica ha potuto seguire le assemblee da remoto, mentre in Svezia la Fondazione ha potuto inviare domande via chat durante gli incontri tra le dirigenze aziendali e gli azionisti. In Italia la legislazione introdotta a causa della pandemia non ha permesso l’interazione da remoto e ha permesso soltanto l’invio di domande prima dell’assemblea dei soci, alle quali si poteva rispondere in maniera scritta. Lo strumento delle domande inviate precedentemente alla riunione è stato ampliamente utilizzato da Fondazione Finanza Etica per la possibilità di ricevere risposte dettagliate riguardo temi specifici e per il fatto che queste venissero pubblicate sul sito delle aziende. Si trattava di una legislazione emergenziale, giustificata dalla pandemia e dalle necessità sanitarie, entrata in vigore con il DL Cura Italia del 2020 e non a caso estesa per ben due volte – l’ultima lo scorso anno.
Il problema è che con il decreto Milleproroghe del governo Meloni approvato lo scorso 23 febbraio, è stata estesa ulteriormente la possibilità di tenere le assemblee degli azionisti telematicamente. In questi anni le aziende hanno preferito applicare una politica delle “porte chiuse” ovvero precludere la partecipazione alle assemblee anche con i mezzi telematici. Un’estensione della norma del DL Cura Italia estenderebbe questa situazione di “porte chiuse”, minando l’operato e il controllo portato con l’azionariato critico, denunciano ReCommon, Isde Italia, Greenpeace Italia, The Good Lobby e Fondazione Finanza Etica.
Le sigle denunciano questa ulteriore estensione come un tentativo di porre fine al fenomeno, considerata l’avversione che alcuni manager italiani hanno manifestato negli anni scorsi. Quel che rende la decisione del governo ancora più preoccupante è che l’emendamento sull’estensione della norma sia stato presentato dal parlamentare Massimo Garavaglia della Lega, un esponente che durante l’emergenza Covid ha espresso più di una volta la sua contrarietà alle norme che introducevano le chiusure per contrastare la pandemia e che ora improvvisamente ne scopre i vantaggi. Paradossalmente, proprio mentre il paese va verso una normalizzazione sanitaria, come si evince dal fatto che il governo Meloni ha reso settimanali i bollettini sui contagi o dal fatto che si sia ridotto l’utilizzo delle mascherine. Ma in un momento di ripresa economica passare sopra un controllo da parte della società civile e necessario per alcuni senatori, soprattutto se appartenenti a un partito come la Lega, che vuole convincere le trote a spostarsi per costruire ponti.
Le organizzazioni che hanno denunciato l’estensione della norma sulle assemblee telematiche, in un comunicato hanno definito la decisione “un’ulteriore restrizione degli spazi democratici in merito alla possibilità di fare da contraltare all’operato dei gruppi industriali e finanziari italiani”. E hanno chiesto “di non abusare delle disposizioni presenti nel DL Milleproroghe e consentire la partecipazione in presenza alle rispettive assemblee degli azionisti o, in extrema ratio, una partecipazione tramite mezzi di telecomunicazione equiparabile a quella in presenza”.