“La chiave a stella” di Dario Franceschini, nuova edizione 2025: il maggioritario, il proporzionale e il piddì

Uscito dai radar da qualche tempo, mezza politica italiana cominciava a chiedersi che fine avesse fatto l’emerito segretario del Pd, emerito ministro della Cultura ed emerito di tante altre cose. Soprattutto romanziere di successo. Il fiuto di un cronista politico di razza come Stefano Cappellini l’ha scovato nell’ex Autofficina Fratelli Romeo, all’Esquilino. Con tutti gli attrezzi di lavoro in piena efficienza, al loro posto. Da lì è già partita l’operazione di smontaggio e rimontaggio di quel che fu il Pd. Merita un brindisi
◆ Il corsivo di SPRITZ
► Non lo avevano scorto ai recenti simposî variamente scudocrociati, ed era partita la caccia grossa. Che fine ha fatto Franceschini, il tessitor cortese della politica piddì da qualche lustro in qua? Si sa che il meglio di sé lo aveva espresso, finora, nelle ore con “la luce a cavallo”, preferita da chi sa usare con maestria il proprio obiettivo. Nel passaggio dal giorno alla notte e dalla notte al giorno, inforca il suo obiettivo come pochi e… click, click click! Prova e riprova può scapparci il capolavoro, l’istantanea che ti consacra alla storia politica di un paese. Nella transizione dal «partito a vocazione maggioritaria» di Veltroni all’«usato sicuro» di Bersani, così come dal segretario-cacciavite al segretario-big-ben — da Letta junior a Renzi il Magnifico, per capirci — Franceschini Dario da Ferrara ha saputo navigare, in effetti, in acque perigliose e rientrare comunque in porto. Fino all’ultimo spariglio emiliano-romagnolo tra l’ossuto Bonaccini e la fluida Schlein.
Da qui le domande, pressanti, delle ultime settimane. I centristi piddini vogliono dibattere, elaborare proposte, scegliere nuovi percorsi, uscire dalla zona d’ombra in cui si sono auto cacciati. E via agli incontri, alle assemblee e ai dibattiti dei moderati-questi-sconosciuti. I summit li vuole Delrio e Castagnetti e Ruffini. Li caldeggia per tutti Prodi. Eppure Franceschini non c’è. Che penserà mai di fare? Un’altra “luce a cavallo” è alle viste — tra Schlein e Gentiloni? vallo a capire — e lui non si vede ancora all’opera col suo teleobiettivo. Ci voleva il fiuto di Stefano Cappellini per scovarlo (e fotografarlo) nel quartiere Esquilino, Autofficina dei Fratelli Romeo. Intatta. Con compressore, bancone e il set completo di chiavi d’ogni foggia e misura dov’è sempre stato. La botola per ispezionare la coppa dell’olio al centro (del pavimento!) non c’è, ma pazienza. Al suo posto, un salotto alla buona con poltrona, divano e tavolino metallico, come si conviene.
Dicebamus hesterna die che la vocazione maggioritaria è andata, l’usato sicuro ha fatto il suo tempo, figurarsi la manutenzione col cacciavite e le bollicine seguite al big ben del centro sinistra: tutto evaporato. Prendiamone atto e rimettiamoci in cammino: beatamente divisi. Ci salverà la proporzionale con qualche aggiustatina della quota maggioritaria. Ecco spiegata la location da cui l’acutissimo Dario ha deciso di diffondere il suo nuovo menu politico, tra un romanzo e l’altro (peraltro, di meritato successo). Con tutti quegli attrezzi, vuoi che non ci sia la chiave giusta per mettere in marcia il nuovo convoglio alternativo alla Meloni, a Trump, a Musk, all’internazionale sovranista? Ho capito. I miei quattro lettori ancora sobri pensano che “internazionale sovranista” sia un ossimoro? Lo è, lo è, come lo era anche “Conservatori e riformisti” da cui la sorella d’Italia ha scalato il potere della Patria, tornata «al centro del mondo» Donzelli dixit. Alla fin fine, che male c’è? Serve ancora la logica?
La location è azzeccata, “buca il video”. A questo punto, un solo dubbio: con la luce al neon dell’officina non è che con tutti quei corpi contundenti (martelli e pinze, cacciavite e chiavi inglesi) a qualcuno scappi di tirarseli in testa l’un l’altro? Saggiamente, ad oggi Franceschini ha disposto solo quattro posti a sedere. Prosit! © RIPRODUZIONE RISERVATA