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Inerzia, burocrazia e cattiva informazione. Tutti gli ostacoli all’energia pulita. Parla Gianni Girotto

di Italia Libera   
Inerzia, burocrazia e cattiva informazione. Tutti gli ostacoli all’energia pulita. Parla Gianni...

In un appello pubblicato da Italia Libera Massimo Scalia e Aurelio Angelini hanno chiesto ai sindaci  italiani di installare, laddove fosse possibile e agevole, impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici, in modo da produrre energia pulita in luogo di quella inquinante prodotta dalle fonti fossili. Ma anche questo intervento, così economico e semplice, trova delle difficoltà. Burocrazia, inerzia, obiezioni infondate cercano di bloccare la transizione energetica. In questa intervista ne parla Gianni Girotto, che nella passata legislatura da presidente della Commissione Industria e Attività produttive del Senato si è speso in particolare per l’innovativa legge sulle Comunità energetiche. Attualmente è coordinatore del “Comitato per la Transizione ecologica” del Movimento 5 Stelle, nominato nel 2021 dal presidente Giuseppe Conte

L’intervista di IGOR STAGLIANÒ con GIANNI GIROTTO

— LE AMMINISTRAZIONI COMUNALI dispongono in ogni angolo d’Italia di edifici e strutture pubbliche grandi e piccole che possono essere utilizzati per produrre energia fotovoltaica sulle loro superfici. Negli ultimi anni, passi avanti se ne sono fatti parecchi ma troppo pochi rispetto alle necessità. Cos’è che rallenta il loro passo?

«Vi sono più motivi: innanzitutto sino al 2021 il prezzo dell’energia non era poi così brutalmente elevato e quindi si riteneva, ovviamente a torto, che non fosse prioritario investire in impianti di autoproduzione rinnovabile; poi vi è il problema generale della scarsità di risorse umane nella pubblica amministrazione e nella (relativa) scarsa preparazione su questo specifico argomento. Ma il motivo principale rimane la mancanza netta di una reale volontà politica, da parte della maggioranza dei Partiti politici (non il M5S) ad effettuare la transizione energetica, semplicemente perché gli interessi economici in gioco sono elevatissimi. Ecco perché non sono stati posti degli obiettivi vincolanti alle Pubbliche Amministrazioni, e per vincolanti significa associare delle sanzioni a chi non ottempera: senza sanzioni, un obiettivo perde tantissimo la sua forza».

— Eppure, il beneficio per il fabbisogno delle comunità locali è immediato e tangibile. E i costi per realizzare gli impianti sono sempre più contenuti. Perché i sindaci non si muovono?

«Sostanzialmente perché l’iter autorizzativo rimane maledettamente lungo, complicato, e ad alta probabilità di essere bocciato. Sappiamo tutti che vi sono domande per installare più di 150 Gw di impianti a fonti rinnovabili, ma vengono processate col contagocce e continuano ad essere sottoposte ad una miriade di limiti spesso illogici e posti ad arte per bloccare questa transizione energetica. In buona sostanza, la politica dice sì a parole e poi piazza i classici “granellini di sabbia” che bloccano gli ingranaggi».

— Operando in casa attraverso i propri uffici, gli enti locali non devono combattere neanche con la burocrazia per perseguire un obiettivo qualificante ed economicamente rilevante. Cos’è che non sta funzionando?

«Vale quanto detto in precedenza. Per realizzare impianti fotovoltaici sugli edifici non vincolati non serve l’autorizzazione; inoltre, per velocizzare la gestione del Pnrr dei Comuni sotto i 5.000 abitanti, nella legge abbiamo semplificato le procedure per affidare in tempi brevi le aree pubbliche. Gli Enti pubblici hanno anche la possibilità di impiegare molti più incentivi rispetto ai privati; ad esempio, per le Comunità Energetiche possono cumulare l’incentivo per l’energia condivisa con altri incentivi».

—  Sui centri storici l’intervento può essere più problematico a causa dei vincoli paesaggistici, ma esistono oramai anche soluzioni tecniche, come le tegole fotovoltaiche, che potrebbero superare questi ostacoli. Perché soluzioni tardano a diffondersi?

«Per correttezza dobbiamo dire che le “tegole fotovoltaiche” sono esteticamente molto belle ma anche piuttosto costose. La vera domanda è però un’altra: perché nei tetti dei centri storici si vedono tante antenne paraboliche satellitari, impianti di condizionamento aria, altri impianti e brutture varie, ed invece si adotta il “pugno di ferro” contro le energie rinnovabili? La risposta è sempre la stessa: perché non si vuole che queste, ove il “combustibile” non si paga, prendano il posto dell’energia fossile, ove il combustibile si paga e c’è qualcuno che ci guadagna da decenni».

— Fra le amministrazioni locali più virtuose oggi si distingue il Comune di Prato: gli edifici pubblici solarizzati sono 36: scuole, palestre, biblioteche e uffici. Perché in Italia non si fa come a Prato?

«Questo andrebbe chiesto ai diretti interessati, agli amministratori pubblici da Nord a Sud. Personalmente quanto avevo da dire l’ho già detto, e quanto potevo fare l’ho fatto in Parlamento nella precedente legislatura per dare una mano ai Comuni a muoversi se vogliono andare in questa direzione. Ce l’hanno la volontà di farlo?».

— Due anni fa, da presidente della Commissione Industria Commercio e Turismo del Senato inaugurò a Magliano Alpi in provincia di Cuneo la prima Comunità energetica costituita da una amministrazione comunale. Quali risultati sta dando quell’esperienza e quanti altri comuni ne hanno seguito l’esempio?

«Magliano Alpi e una decina di altri comuni dimostrano che, volendo, le cose si possono fare, anche piuttosto rapidamente. Purtroppo a livello nazionale la diffusione è stata estremamente limitata per le ragioni su cui ci stiamo soffermando».

— Da padre istituzionale della legge sulle Comunità energetiche, che richiese un lungo lavoro parlamentare durato quasi due legislature, cos’è che ne sta rallentando nel concreto l’applicazione, a suo giudizio?

«Mi rendo conto che c’è il rischio di sembrare noioso e ripetitivo, ma il motivo principale è che sono in troppi a lavorare per bloccare la transizione energetica, o perlomeno per rallentarla quanto più è possibile. E questi soggetti non operano solo a livello politico, ma anche a livello mediatico, facendo scrivere ripetutamente ai giornali (che posseggono) che “non si può fare nulla perché manca il decreto attuativo”. In realtà non sempre è vero; si possono fare eccome le piccole Comunità, ma questo non viene quasi mai chiarito (perlomeno non nel titolo e sottotitolo) e quindi c’è tanta gente che in buona fede è convinta che non si possa fare nulla».

— La rete dei sindaci in passato ha svolto ruoli molto incisivi su vari temi sociali. Sulla carta, l’obiettivo di contribuire all’alleggerimento dei costi delle bollette dei propri cittadini dovrebbe far correre tutti nella stessa direzione. Cosa serve per mettere in moto una sana competizione sul terreno della transizione energetica?

«Mi verrebbe da rispondere come quel testo della canzone di Bob Dylan “the answer is blowing in the wind” ma la realtà è molto più terra terra, e l’ho già spiegata prima. Ripeto e sintetizzo ancora una volta: la classe politica non si è resa conto dell’urgenza del problema, o si è fatta addirittura ingannare o corrompere dai grandi interessi economici del settore».

— Il paradosso verso cui l’Italia si sta incamminando è di non usare tutti i fondi disponibili del Pnrr, o di dirottarli verso settori ed obiettivi energivori. È un rischio reale? e come si può scongiurare?

«I rischi di fare male, in politica così come in qualsiasi altro settore della vita, sono implicitamente sempre presenti, l’uomo non è un soggetto che si comporta sempre in maniera razionale, o meglio non è un soggetto capace sempre di perseguire il bene collettivo. Vediamo ad esempio come i 2,2 miliardi del Pnrr destinati alle Comunità energetiche non sono ancora disponibili. E poiché, come ho spiegato, siamo in una vera e propria situazione di “guerra economica”, questa si può vincere solo “chiamando alle armi, intese sempre nell’accezione politica, tutti i cittadini. Sono loro che devono rendersi conto che rimanere nelle retrovie senza “imbracciare le armi”, sperando che chi è in “prima linea” riesca a vincere da solo, aumenta il rischio di perderla la guerra».

— Il 40% degli obiettivi energia-clima al 2030 dovrebbero essere realizzati entro il 2025, hanno ricordato Massimo Scalia e Aurelio Angelini in un appello ai sindaci italiani pubblicato su “Italia Libera”. Ce la possiamo fare?

«Non è una passeggiata, ma sì, se c’è una reale volontà politica e sociale, sì; la tecnologia i relativi costi e tempi di costruzione sono tali per cui “si può fare!”».

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