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Il Presidente Mattarella su Matteotti: «lo Stato fu asservito a un partito armato che si faceva regime»

di Italia Libera   
Il Presidente Mattarella su Matteotti: «lo Stato fu asservito a un partito armato che si faceva...

A cento anni dal rapimento da parte di una squadraccia fascista del segretario del Partito socialista unitario, l’omaggio del Capo dello Stato a un «martire della democrazia». «Con lucidità − scrive nel suo messaggio Mattarella − Matteotti vide la progressiva demolizione delle libertà garantite dallo Statuto Albertino da parte del fascismo e ne denunciò conseguenze e implicazioni, mentre nelle classi dirigenti italiane non si faceva strada analoga coscienza. Il testo integrale diffuso dal Quirinale

ROMA, 10 GUGNO 2024 (Red) — «Il rapimento, cento anni or sono, del deputato socialista Giacomo Matteotti, a cui fece seguito la sua crudele, barbara, uccisione, fu un attacco al Parlamento e alla libertà di tutti gli italiani e rappresentò uno spartiacque della storia nazionale. La violenza che, da subito, aveva caratterizzato le azioni del movimento fascista, dopo le aggressioni ai lavoratori organizzati nei sindacati e nelle cooperative, contro le Istituzioni, dai Comuni si rivolse al Parlamento. Quell’assassinio politico assunse una peculiare portata storica e simbolica. Lo Stato veniva asservito a un partito armato che si faceva regime, con la complicità della Monarchia.
Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, impegnato com’era per il riscatto dei ceti più poveri, apparteneva al gruppo di coloro che sapevano come le libertà dello Stato liberale dovevano sapersi tradurre in effettivi diritti per tutti gli italiani. Il suo antifascismo poggiava su questa visione, opponendosi alle violenze esercitate contro i lavoratori dalle azioni squadriste. Manifestazione di un impegno che avrebbe trovato poi eco nella lotta di Liberazione e nella scelta repubblicana da parte del popolo italiano.
Con lucidità Matteotti vide la progressiva demolizione delle libertà garantite dallo Statuto Albertino da parte del fascismo e ne denunciò conseguenze e implicazioni, mentre nelle classi dirigenti italiane non si faceva strada analoga coscienza. Il coraggio che animò la sua ultima, drammatica denuncia dai banchi di Montecitorio costituisce non soltanto un inno alla libertà e un testamento politico di perenne validità ma, altresì, un atto di fedeltà al Parlamento. Quel Parlamento che costituisce il cuore di ogni democrazia viva e che venne umiliato dal regime, sino alla sua soppressione.
La Repubblica si inchina alla memoria di Giacomo Matteotti, difensore dei ceti subordinati e martire della democrazia».

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