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Il paesaggio emiliano-romagnolo? Fatto a fette come un bel prosciutto …di Langhirano

di Italia Libera   
Il paesaggio emiliano-romagnolo? Fatto a fette come un bel prosciutto …di Langhirano

Il prosciuttificio vista castello di Torrechiara, in provincia di Parma, non è l’unico esempio di “inquinamento edilizio” dell’Emilia Romagna. Grazie all’art. 53 della legge regionale n. 24 del 2017, in quattro anni sono stati consumati 1.357.413 metri quadrati di suolo (cioè 135 ettari, pari a 226 campi di calcio da serie A), al di fuori di qualsivoglia pianificazione. La maggior parte di questi terreni, il 61,5% per l’esattezza (835.857 mq), sono stati cementificati per insediamenti produttivi, impermeabilizzando una superficie pari a 139 campi di calcio. Eppure la legge urbanistica fu annunciata come un pilastro per contenere il consumo di suolo. Avviene il contrario. Non è venuto il momento di fare un bel pit stop alla sua concreta applicazione?

L’analisi di SAURO TURRONI
All’onore delle cronache è giunto nei giorni scorsi [leggi qui]l’ennesimo sfregio al paesaggio e al patrimonio storico artistico del Paese: questa volta il cemento minaccia il quattrocentesco castello di Torrechiara, in comune di Langhirano, noto in tutto il mondo per la sua straordinaria architettura, giunta a noi intatta. Si intende sacrificare il profilo paesaggistico di un luogo simile con la costruzione di un enorme prosciuttificio. Associazioni, cittadini, esponenti politici si stanno battendo perché quel luogo e quel bene culturale vengano rispettati. Non è un caso isolato, il procedimento con cui si intende operare sta dilagando in Emilia Romagna. 

È interessante analizzare come tutto ciò possa accadere in una Regione che mena vanto delle sue leggi di tutela del territorio. Proviamo ad entrare nel merito. La legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna n. 24/2017 venne motivata, nonostante una forte opposizione di urbanisti, studiosi e associazioni ambientaliste, come un pilastro per contenere il consumo del suolo. Una legge dalla pianificazione innovativa per l’uso corretto del territorio, fu detto. Alla luce dei dati recentemente pubblicati da Ispra sul consumo di suolo in Italia è necessaria una sua valutazione accurata.

Non ci si vuole qui occupare delle infinite varianti che i Comuni mettono in atto senza alcuna remora per rendere edificabili terreni agricoli, prevalentemente per centri commerciali, supermercati, depositi e attività logistiche: essi sono un tema a parte, qui si vogliono mettere in evidenza le distorsioni pro cementificazioni contenute perfino in un articolo apparentemente utile. L’articolo 53 (Procedimento unico) della Legge disciplina un procedimento semplificato utilizzabile per l’approvazione di progetti relativi ad opere pubbliche o di interesse pubblico di rilievo regionale o locale, o relativi alla trasformazione di insediamenti imprenditoriali, comportanti la localizzazione di opere non previste dal Pug (Piano urbanistico generale), o da accordi operativi, o in variante a tali strumenti o alla pianificazione territoriale.

Questo solo articolo, in quattro anni, ha consentito il consumo di 1.357.413 metri quadrati di suolo (cioè 135 ettari, pari a 226 campi di calcio da serie A), al di fuori di qualsivoglia pianificazione. La maggior parte di questi terreni, il 61,5 % per l’esattezza (835.857 mq) sono stati cementificati e impermeabilizzati per insediamenti produttivi, occupando una superficie pari a 139 campi di calcio. Se a una prima lettura questo articolo appare utile per superare talune carenze nelle previsioni della pianificazione, in particolare quelle relativa ad opere pubbliche, la sua formulazione e ancor più la sua larghissima interpretazione lo hanno tramutato in un grimaldello per utilizzare, a piacimento dell’industria, terreni agricoli, posti indifferentemente nel territorio, anche a chilometri di distanza dall’insediamento madre che si intenderebbe ampliare. In altre parole: ogni terreno, anche molto distante da un altro edificio industriale, viene reso edificabile, a quel che pare a semplice richiesta, per un supposto ampliamento.

La Regione ha pubblicato un report relativo alle procedure semplificate dell’art.53 della Legge regionale n. 24/2017, dal 2018 al 2021. Ogni anno è un crescendo di interventi e di superfici cementificate e impermeabilizzate. Nell’arco temporale esaminato sono state attivate in tutta la regione 138 procedure ai sensi dell’art. 53. La provincia di Parma guida la classifica: ben 42 procedure, il 30,4% del totale regionale. Qui le amministrazioni comunali appaiono particolarmente attive nell’utilizzare tali procedure semplificate, tanto da risultare oramai il metodo ordinario di intervento per i titolari di attività produttive che comprano a poco prezzo i terreni agricoli dove meglio gli aggrada per poi farseli graziosamente trasformare in edificabili dalle amministrazioni locali. A seguire, seppure a distanza, c’è Modena con 23 provvedimenti.

Un metodo esemplarmente rappresentato dal progetto del nuovo prosciuttificio a Langhirano, vicino al castello di Torrechiara, citato in premessa. La ditta — chiamata “proponente”, perché ai privati è affidato oramai il governo del territorio, che da azione eminentemente pubblica è stata quindi privatizzata — si è comprata un bel terreno agricolo vista castello di venti ettari, ci insedierà prosciuttificio e sala degustazione, potrà mettere la sua immagine nell’etichetta dei prosciutti stagionati, e la conferenza dei servizi è chiamata a ratificare tutta l’operazione. Il presidente della Giunta regionale Stefano Bonaccini a Langhirano c’è andato a metà giugno, ha incontrato il “proponente” davanti a una bella fetta di prosciutto tagliata dalle stesse mani dell’imprenditore. Sarà stato sicuramente informato dell’operazione di “inquinamento edilizio” (citazione di Antonio Cederna). Avrà dato anche la sua benedizione?

Con queste procedure furbesche, i cittadini pagheranno costi maggiori per i servizi che dovranno essere assicurati a insediamenti così disordinatamente sorti. E non si riesce a comprendere come si possa ancora oggi definire questa la n. 24/2017 una legge regionale per contrastare il consumo del suolo. È, invece, palese il suo fallimento di cui gli oppositori erano stati facili profeti. Non a caso l’Emilia Romagna è in testa nelle classifiche del consumo di suolo che — dati Ispra — procede ormai al ritmo di 2 mq al secondo (media nazionale). Se così stanno le cose — e le cose stanno proprio così — è giunta l’ora di modificare profondamente la legge, nella consapevolezza, si spera ormai acquisita, che il consumo di suolo è una componente rilevante anche dei fenomeni responsabili del riscaldamento globale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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