Il ministro Sangiuliano e i musei da far pagare caro. Perché rischiamo la “malattia olandese”

Il ministro Sangiuliano e i musei da far pagare caro. Perché rischiamo la “malattia olandese”

L’arte e la cultura sono il petrolio dell’Italia? Certamente sono una risorsa straordinaria, ma la decisione di produrre ricchezza aumentando i costi dei biglietti dei musei non è la strada giusta per valorizzare questo patrimonio. E si fa un torto – pensando di fare cassa con i “turisti ricchi” – agli italiani, che dovrebbero poter fruire facilmente dei propri beni culturali, anche perché frequentare l’arte è funzionale alla nostra crescita civile. Alcune dichiarazioni del ministro Gennaro Sangiuliano hanno suscitato polemiche, e potrebbero suggerire un’idea della cultura da monetizzare, piuttosto che da valorizzare

L’articolo di COSIMO GRAZIANI

TRA LE PROPOSTE CHE il neoministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha fatto nelle prime settimane di incarico c’è stata quella di aumentare il prezzo dei biglietti dei musei. L’idea del ministro, ribadita più di una volta in questi mesi al Collegio Romano, è che la cultura faccia da volano all’economia, visto lo status dell’Italia di “super potenza culturale”. Quando ai primi di gennaio fu annunciato l’aumento dei biglietti degli Uffizi del 25% – da 20 a 25 euro per il periodo da marzo a ottobre – Sangiuliano lo accolse favorevolmente, sostenendo che in media i musei in Europa costano di più: “Penso che l’aumento risponda anche a una questione per così dire morale – ha dichiarato il ministro -. Per una famiglia americana che spende 10-20 mila euro per venire in Italia, pagare venti euro un biglietto è una cosa che si può fare”. Queste dichiarazioni risalgono al 10 gennaio e hanno suscitato non poche polemiche, tanto che un paio di giorni dopo il ministro ritrattò sostenendo che l’aumento dei biglietti era una fake news e che riguardava solo i musei che mantengono l’autonomia riguardo la politica dei prezzi. Tra questi anche gli Uffizi.

Il fatto che nelle parole di Sangiuliano ci sia questa concezione dell’arte come fonte di introiti economici mi fa venire in mente che la cultura in Italia possa essere considerata alla stregua di una materia prima, in maniera analoga ad una fonte energetica o una terra rara, con tutti gli svantaggi derivanti dal suo sfruttamento. Nello studio delle fonti energetiche un fenomeno osservato è la cosiddetta “maledizione del petrolio” – “oil curse” in inglese – che può trasformarsi in quella che è nota come “Dutch Disease” – letteralmente la “malattia olandese” – tipica di quei Paesi che diventano troppo dipendenti dallo sfruttamento di una materia prima. Il fenomeno prende il nome dagli effetti negativi che lo sfruttamento dei giacimenti nel mare del Nord ebbe sull’economia olandese negli anni ’70, in particolare sull’industria, sull’agricoltura e l’occupazione – specialmente femminile.

L’idea di fondo è che lo sfruttamento incondizionato di una risorsa presente in abbondanza su un territorio porta a delle distorsioni economiche e nel lungo periodo a più problemi che benefici. Dalle dichiarazioni del ministro Sangiuliano si nota che la sua idea di gestione dei monumenti artistici è analoga a quella di chi basa l’economia su un solo settore produttivo come l’estrazione di petrolio. Si punta solo a massimizzare gli introiti derivanti dalla presenta della fortunata materia prima, che non è conseguenza di una pianificazione economica a monte. Chi la sfrutta non ha avuto costi di produzione ma l’ha ereditata dal passato. Le parole sull’aumento dei biglietti rientrano pienamente in questa casistica: la nostra eredità culturale non ce la siamo creata noi, ma è la sedimentazione di millenni di storia.

Nei paesi produttori di petrolio i proventi della vendita sono così alti che la necessità di sviluppare altri settori non è quasi mai stata percepita in passato, ma il giochino può essere mantenuto con i prezzi alti e ciò lascia il Paese in una sostanziale dipendenza – lo stesso principio può essere applicato ad altre materie prime, il petrolio è solo un esempio nel nostro caso. Il ragionamento del ministro Sangiuliano sull’aumento dei biglietti dei musei per scopi puramente economici cela in maniera piuttosto grossolana i suoi punti deboli. Il fatto che si sia fatto riferimento solo alla tipica famiglia di turisti americani in giro per il nostro Paese trascura i visitatori italiani. Loro più di altri dovrebbero avere la possibilità di visitare il proprio patrimonio culturale. L’aumento dei prezzi come descritto dal ministro lascia la fruizione dell’arte alle sole classi abbienti. In un periodo in cui la società italiana e quella mondiale sono caratterizzate da una profonda disuguaglianza, il dubbio è che un aumento dei prezzi possa ridurre il numero dei turisti, che magari sceglieranno di ridurre le visite, preferendo i monumenti principali e rinunciando alle realtà più piccole e nascoste, che pure fanno parte della ricchezza culturale del nostro Paese.

Non ha forse detto il ministro che la cultura deve aiutare la “crescita civile”? Ebbene, rendere la cultura accessibile a tutti è lo strumento necessario per questa crescita. La politica del ministro Sangiuliano va in direzione contraria alle sue stesse parole. Gli effetti di una tale politica rientrano negli effetti negativi della malattia olandese: il mancato investimento in altri settori economici, che nel nostro caso è la percezione della cultura come qualcosa di utile alla persona, che può e deve essere accessibile in qualsiasi momento a tutti, siano i visitatori stranieri o  i residenti. Essere una super potenza della Cultura non significa sfruttare questa risorsa e al contempo limitarne l’accesso. © RIPRODUZIONE RISERVATA