Il melo più vecchio d’Italia salvato dall’associazione Patriarchi della Natura: rinasce in Val di Non

Il melo più vecchio d’Italia salvato dall’associazione Patriarchi della Natura: rinasce in Val di Non

Il 22 aprile è la Giornata mondiale della Terra. Alla presenza dell’Amministrazione locale, dei cittadini della Val di Non e degli amanti della natura, viene messo a dimora il gemello del Melo di Fondo. È un patriarca arboreo di un’antica varietà locale che prende il nome dal comune di Fondo e produce ogni anno grandi quantità di frutti dalla buccia verde brillante e dalla faccia rossa esposta al sole

L’articolo di SERGIO GUIDI, presidente dell’associazione Patriarchi della Natura in Italia

LA STORIA CHE ci lega al melo di Fondo inizia nel 2011 quando una delegazione dell’associazione Patriarchi della Natura ha partecipato nel mese di ottobre a “Pomaria”, una manifestazione che si tiene ogni anno in Val di Non per celebrare uno tra i frutti più coltivati nel mondo: la mela. Abbiamo quindi avuto modo di ammirare una bella mostra pomologica che esponeva centinaia di vecchie varietà locali e conoscere le caratteristiche dei vari frutti. In quella occasione è stato inoltre presentato al pubblico il progetto denominato “Camminalberi”, che permetteva la visita ad alcuni patriarchi arborei più vecchi di tutta la valle, tra i quali appunto il melo di Fondo, il più vecchio d’Italia e che fino al 2013 cresceva nei campi destinati a foraggio al confine tra il comune di Fondo e Sarnonico. Già in quella occasione ci eravamo accorti che questo patriarca centenario era avviato verso la fine dei suoi giorni; infatti, presentava parte della chioma ormai disseccata e la vegetazione estiva era cresciuta di pochi centimetri. La maestosità di questo melo ci aveva colpito, soprattutto in ragione del fatto che questa specie non è molto longeva e difficilmente supera il secolo di vita. Inoltre, era anche un’antica varietà locale che prendeva il nome dal comune di Fondo: infatti, si chiamava ‘Rosa di Fondo’ di taglia più piccola delle solite mele rosa, ma di sapore eccezionale.

La pianta, dotata di grande rusticità non veniva mai trattata e, nonostante ciò, produceva ogni anno grandi quantità di frutti dalla buccia verde brillante con la faccia rossa esposta al sole. Il mese di ottobre non è certo ideale per raccogliere le marze destinate agli innesti (come dice il nome, il mese ideale è marzo) ma adottando tutte le attenzioni necessarie siamo riusciti a conservare i piccoli rametti fino alla primavera successiva, realizzando gli innesti (grazie a una tecnica peculiare) e ottenendo un risultato positivo. Abbiamo così ricavato alcuni gemelli che abbiamo conservato nella nostra banca genetica e uno di questi lo abbiamo messo a dimora presso il Giardino dei Patriarchi d’Italia a villa dei Quintili di Roma dove oggi produce già i frutti. Durante l’estate scorsa abbiamo avuto l’occasione di andare in Trentino per raccogliere materiale genetico di alcuni patriarchi a rischio di estinzione e abbiamo incontrato Alberto Larcher che, insieme al signor Rodolfo, aveva progettato l’itinerario “Camminalberi” e, parlando di patriarchi, abbiamo ipotizzato di mettere a dimora nello stesso punto il gemello del Melo di Fondo.

Non è stato difficile convincere il proprietario che ha subito accettato la nostra proposta e così abbiamo deciso la data: il 22 aprile, Giornata mondiale della Terra, alle ore 15:00, alla presenza di rappresentanti dell’Amministrazione locale, insieme ai tanti cittadini della Val di Non e amanti della natura coscienti che «la natura ama nascondersi, per ridonarsi ogni anno, per tutti gli anni». Un evento importante per ricordare a tutte le generazioni il rispetto per il nostro unico pianeta. Sono invitati anche i media della comunicazione, proprio per l’unicità dell’evento e per favorire la sensibilizzazione della comunità degli abitanti della ‘nostra’ terra. Questa esperienza particolare vuole essere la prova concreta di quanto l’umanità può fare per salvare e mantenere la biodiversità che è la prima fra le ricchezze del nostro pianeta. Questo esempio di salvataggio di un’antica varietà locale dovrebbe essere preso come modello anche da altri paesi che stanno perdendo la loro biodiversità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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