Il «destino» di maternità della donna: un lapsus rivelatore della Meloni, come un “fascio” di luce
Agli Stati Generali della Natalità a Roma, all’Auditorium di via della Conciliazione, e presente Papa Francesco, Giorgia Meloni nel suo intervento racconta un’ideologia della famiglia che vuole essere la cifra distintiva del suo governo. Ma a un certo punto incespica in una parola, «destino» che corregge immediatamente, perché altrimenti sarebbe stata associata al concetto di maternità. E il testo che stava leggendo parla infatti di «desiderio di maternità». Un lapsus rivelatore su come intendere il mettere al mondo i figli: un dovere e non un diritto. Sotto lo sguardo atterrito degli altri paesi europei che — come la Francia, la Spagna, il Belgio e la Germania — temono il contagio, la nostra destra al potere minaccia davvero di fare di questo paese, ormai «sordo e grigio», «un bivacco di manipoli», come disse Benito, parlando, peraltro più modestamente, del Parlamento
Il commento di MAURIZIO MENICUCCI
A GIORGIA MELONI, romanamente e romanescamente impegnata sul palco degli Stati Maggiori della Natalità, sono sfuggite di bocca e di senno tre parole chiave, che lei, è vero, ha subito corretto — e, scommettiamo, nessun giornalista della Rai rileverà — ma che rivelano con terrificante chiarezza il suo pensiero e la sbornia fascistoide che agita questo governo. Ha parlato, dunque, la Presidente del Consiglio, di “Destino di Maternità della Donna…”. La frase esatta, per intenderci, è questa: «Se le donne non avranno una possibilità di realizzare il proprio destino, chiedo scusa, desiderio di maternità…». Basta andare a sentirsi la registrazione per verificarlo. Ed è inutile stupirsi, a meno di non voler passare per scemi, o ipocriti. Perché, nonostante i patetici esorcismi con cui fingono il contrario — però sempre strizzando l’occhio per dire ai camerati “ma guarda che me tocca de fa’ ”—, il punto è proprio questo: mettere al mondo dei figli non è un diritto individuale, per questi avanzi pettoruti, ignoranti e rabbiosi del peggior ‘900. Nossignori, è un dovere civico.
Mica per niente uno degli slogan della tronfia kermesse meloniana è: «I figli sono la prima pietra per costruire il futuro di una nazione». Una fanfaronata autarchica e cubitale che pare appena scrostata, dopo 70 anni di pudore, dall’intonaco di un municipio di campagna. Ecco, non cercano nemmeno più di dissimulare: siamo ritornati, alla lettera, al vergognoso e già nel Ventennio sbeffeggiato appello mussoliniano ‘date figli alla Patria’. La realtà — e le loro parole non solo non possono, ma non vogliono più nasconderlo — è che, sotto lo sguardo atterrito degli altri paesi europei che, come la Francia, la Spagna, il Belgio e la Germania, temono il contagio, la nostra destra al potere minaccia davvero di fare di questo paese, ormai «sordo e grigio», «un bivacco di manipoli», come disse Benito, parlando, peraltro più modestamente, del Parlamento.
Mai come nel loro caso, la forma di questi nostalgici della pagliacciata è sostanza, e il loro linguaggio contenuto e progetto. Inaugurano il ministero del Made in Italy, che nell’ossimoro è già una dichiarazione di grottesca impotenza logica. E poi, man mano che prendono confidenza con le stanze dove si sono accampati, abbandonano le ridicole moine da burini al ballo del mondo che conta e riprendono a ululare, con orbite dilatate e pizzetti stile X Mas, di ‘uderi in affiddo’, ‘padriodi’ ed ‘Euroba’: dal che si vede bene che il loro dizionario tricolore, appreso a tappe forzate durante la nuova marcetta su Roma, è già esaurito. E in ogni caso, come il ministro cognato Lollobrigida si affanna a dimostrare ogni volta che apre bocca, il messaggio è inequivocabile: è scoccata l’ora di chiamare le cose come una volta e ‘come se magna’: razza, uomo, donna, orgoglio, onore, Storia, Destino e, a minuti, vedrete, anche finocchio e negro. E ovviamente ‘chi non lo ripete con me, comunista è’.
Quanto agli altri, i fratelli d’Italia adottivi, come tutti gli ospiti precari, si accontentano delle briciole. Lasciamo stare Salvini, che costretto a criticare le parole suprematiste di Lollobrigida per mantenere un fotone di visibilità, prende più che altro le distanze da se stesso. Ma che dire di quelli di Forza ltalia? Sordi a ogni senso del limite, mandano in tv un novantenne comico e nosocomico. Il quale, parliamo dell’ex cavalier e papi della patria Silvio Berlusconi, espone come fosse l’ultima puntata di Star Trek la propria malattia, fissata in una maschera di cerone e lucido da scarpe, alla pietà elettorale, sperando, così, di aprire la strada alla riforma presidenzialista e diventare il primo santo acclamato direttamente dal popolo.
Una buona parola, infine, anche per noi italiani. Siamo diventati talmente armocretini, o ci fa comodo sembrarlo, che mentre festeggiamo la nuova crociata della camera da letto, ‘perimetro naturale della donna italiana’, lasciamo che le nostre penne più affilate si esercitino uggiolando sull’indebito colore bianco sfoggiato dalla Papessa nera: come se fosse quello il vero scempio, e non il fatto che ci stanno distraendo con la sostituzione etnica, per poterci fregare con la sostituzione etica. E spiace che Papa Francesco, pur visibilmente corrucciato e imbarazzato dalla compagnia, venga tirato dentro questo vuoto gonfio di retorica della demografia coatta, che fa violenza a ogni complessità della Storia, del pensiero. E della fede. © RIPRODUZIONE RISERVATA