Il 25 aprile visto dal governo: retorica alla camomilla e idea antistorica di pacificazione nazionale

Il 25 aprile visto dal governo: retorica alla camomilla e idea antistorica di pacificazione nazionale

Se ne è parlato tanto, e ora siamo al dunque: come si comporterà il governo – questo governo di destra – il giorno del 25 aprile, anniversario della Liberazione? Cosa ci si può aspettare dalla premier, Giorgia Meloni? Si può immaginare un’atteggiamento alla camomilla; parole di circostanza nel segno del ricordo e della memoria, dove la condanna del fascismo è stemperata, e magari equiparata ad altre ferite di altro colore politico. Ma Tutti sanno che violenza e terrorismo, dal 1969 in poi, in Italia non sono stati solo rossi, ma anche fascisti, neonazisti e, non di rado, polizieschi e di Stato, soprattutto quando c’erano stragi e complotti da fare. Equiparare tutto non è un servizio né alla Storia né alla tanto invocata “pacificazione nazionale”

L’articolo di ALFREDO ANTONAROS

SARANNO PAROLE FELPATE quelle che il governo userà per l’anniversario della Liberazione. Punteranno a ribadire morbidamente che va preservato il ricordo, non cancellata la memoria di quanto di sgradevole è accaduto in quegli anni bellici così imprevedibili e burrascosi, ma, per carità, senza esagerare. Del resto, signora mia, si sa come sono le guerre, lei non la vede la tivù? E che serve piuttosto condurre l’Italia verso una vera pacificazione nazionale, ovviamente nell’ambito della Nato, dell’Europa, dell’Occidente, della nostra razza italica che, porcaccia la miseria, rischia la sostituzione etnica, eccetera.

L’abilità della signora Meloni si esibirà nell’uso di una retorica di maniera con lo scopo di evitare che ci si ricordi di cosa sia stato effettivamente il fascismo e cosa s’è dovuto fare per conquistare la libertà e i diritti costituzionali, visto che, in quegli anni così incasinati, dio mio, avevamo in casa pure i nazisti, i marines, gente di colore, di tutto c’era. La retorica di cashmere e camomilla che adotterà la premier dovrà servire per far passare completamente in secondo piano il significato che ha invece, da quasi ottant’anni, quella data, che è solo questo: il 25 aprile ricorda che, tra i frutti della Liberazione, ci sono ancora oggi, per il nostro Paese, la Repubblica e la Costituzione. E che quel giorno del 1945 l’Italia ha riconquistato la libertà perduta sotto il regime di Mussolini e con l’occupazione di Hitler. Punto. Senza altro da aggiungere.

Qualche giorno fa, nel cinquantesimo del rogo di Primavalle, la signora Meloni ha messo le mani avanti. Ha parlato di una delle pagine più buie della storia nazionale, che in verità è un grosso libro che di pagine cruente del genere ne ha fin troppe. Luigi Manconi le ha voluto rammentare che, in quel buio, frutto della stessa violenza, c’è anche la fine riservata ai fratelli Cervi. Altri avrebbero potuto ricordare quel 30 settembre 1975 – due anni dopo il rogo di Primavalle – quando in via Pola, nel quartiere Trieste di Roma, i carabinieri trovarono nel bagagliaio di un’auto una ragazza insanguinata e il corpo di un’altra giovane donna morta. Un massacro, con buona pace del ministro Sangiuliano, non compiuto da comunisti, ma da ragazzi della “Roma bene”. Si chiamavano Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira, erano di destra e avevano seviziate, torturate, abusate e ucciso quelle ragazze.

Tutti sanno che violenza e terrorismo, dal 1969 in poi, in Italia non sono stati solo rossi, ma anche fascisti, neonazisti e, non di rado, polizieschi e di Stato, soprattutto quando c’erano stragi e complotti da fare. Ma alla Meloni sembra invece interessare piuttosto altro: chiudere le lacerazioni del Novecento per arrivare ad una “pacificazione nazionale”. E che cosa dovrebbe essere? Una ammissione che fascismo e terrorismo rosso sono stati la stessa cosa? Che ormai, messo su un piatto della bilancia Primavalle e le Br, e, sull’altro, vent’anni di fascismo, le leggi razziali e i fratelli Cervi, gli “errori” si equivalgono? Che la memoria si è sbiadita troppo per ricordare ancora? Quella ricorrenza, dai tempi di Almirante, è per la destra la più inaccettabile lacerazione della Patria, della sovranità culturale italiana, della coscienza Nazionale e tricolore. Il prossimo 25 aprile si suonerà nelle piazze Bella Ciao. Le parole «una mattina mi son svegliato, e ho trovato l’invasor” forse, presto, avranno un nuovo significato. © RIPRODUZIONE RISERVATA