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Fratelli coltelli, ovvero Renzi e Calenda. Quello che non è stato capito del loro ruolo di sponda

di Italia Libera   
Fratelli coltelli, ovvero Renzi e Calenda. Quello che non è stato capito del loro ruolo di sponda

Quello che è successo tra i due Bibi e Bibò della politica italiana era stato previsto praticamente da tutti. La profezia era facile: litigheranno, l’alleanza dell’auto-proclamatosi Terzo polo non durerà, finirà a sportellate. E quello tra Renzi e Calenda – perché ovviamente è di loro due che si parla – è stato un evidente matrimonio d’interesse. Quindi qualcosa è stato capito. Ma non tutto. Centrosinistra e centrodestra li hanno visti come concorrenti, e hanno sbagliato. C’è un ruolo di sponda che il Terzo polo era in grado di giocare. E se il Pd l’avesse appoggiato, Calenda sarebbe stato un sindaco di Roma migliore di quello attuale

Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

CHE DISASTRO! QUELLO che offende è il modo. Per la verità tutti lo avevano pronosticato fin dall’inizio. Potevano però resistere qualche tempo, se non altro per smentire le previsioni. Bibì e Bibò sono due polemisti di rara efficacia e se le sono suonate di santa ragione, senza per altro raggiungere quelle vette di ironia sprezzante che sanno mettere in campo quando sono in forma. D’altra parte quello tra Renzi e Calenda è stato, già dall’origine, un matrimonio d’interesse. L’improvvisa crisi del governo Draghi li aveva spiazzati entrambi. Il primo aveva difficoltà a raggiungere da solo il quorum per entrare in parlamento. Il secondo non essendo già presente in parlamento doveva, in fretta e furia, raccogliere le firme per presentare le liste.
Calenda era reduce da un breve fidanzamento con Letta. Avevano già spedito le partecipazioni. Ma si fece prendere dalla gelosia verso un giovane di belle speranze, tal Fratoianni, corteggiato dal medesimo Letta che amava le ammucchiate che chiamava “il campo largo”. Due dei più intelligenti, vanitosi, arroganti personaggi della politica italiana non potevano resistere insieme. Il vero problema era la leadership. Renzi aveva lasciato il comando a Calenda a condizione di fare quello che voleva, che fosse consulenza internazionale o la direzione di un giornale molto schierato. Non a caso tutto è scoppiato quando è stato il momento di dare vita al partito unico, con le sue regole, gerarchie, obblighi. Nella interpretazione generale il terzo polo avrebbe dovuto essere un classico partito di centro. Con questo ragionamento: finalmente la destra è pienamente legittimata (non si capisce a cosa sia servito “il ventennio” berlusconiano) e torna la sinistra dura e pura.
Per forza dovrà rinascere, al centro dello schieramento, quell’interclassismo moderato e dedito al compromesso, al neutralismo, alla concertazione, al debito pubblico che tanto piace alla maggioranza silenziosa.

Peccato che in epoca di populismo, sovranismo, internettismo nessuno stia più zitto. Peccato che all’egoismo di classe si sia man mano sostituito quello di corporazione, di tribù, familistico per tornare infine a quello primordiale, individuale e belluino. Peccato, infine, che i nostri eroi siano tutto il contrario: sono movimentisti e riformisti, con rara attenzione al futuro e nemici della demagogia (non fosse altro per scandalizzare). Due che puoi trovare, su questioni specifiche, più a destra di Meloni o più a sinistra di Schlein. Invece di viverli come concorrenti pericolosi, il centro del centrosinistra e del centrodestra avrebbero dovuto dialogare con i nostri “ragazzi”, usarli come sponda per evitare che il pensiero liberale, laico, riformista e socialista (che in questo paese continuano a esistere) si ritirassero nell’astensione, lasciando le “estreme” padroni del campo.
Vi cito solo un caso: se il Pd avesse scelto Calenda a candidato sindaco, oggi egli sarebbe stato più solido e credibile come leader e Roma avrebbe un sindaco più creativo e comunicativo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

di Italia Libera   
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