Un graduale cambiamento della politica è cominciato con l’avvento alla guida dei due principali partiti (nel caso di Giorgia Meloni, anche alla guida del governo) di due donne. Elly Schlein può avere beneficiato da un effetto-traino, ma il fatto è che ora ci sono due donne dove prima in Italia c’erano stati solo leader maschili. E poi la Schlein, che è la candidata più anticonformista che si potesse immaginare in un Partito che è l’erede della Democrazia cristiana e del Partito comunista, è stata scelta come leader nel modo più antico e romantico, nelle tende issate nelle città, in una giornata quasi ovunque di pioggia
Il pensierino di GIANLUCA VERONESI
LA PAROLA USATA unanimemente è: sorpresa. Il risultato di Elly Schlein (d’ora in poi: ES) ha spiazzato tutti. Ma nel nostro paese la sorpresa, in politica, è all’ordine del giorno. Tutti hanno sottolineato le somiglianze tra il caso Meloni e quello Schlein e finanche tra le loro personalità. Molti pensano insomma che ES abbia goduto di una sorta di traino (certamente involontario) da parte del fenomeno Meloni. Uno specchiamento per cui alla “passionaria” di destra si risponde con la passionaria opposta.
Donne giovani, determinate e radicali. Come tutti i veri ambiziosi, poco interessate al piccolo cabotaggio. A questa Italia, che fu orgogliosamente patriarcale e vetero maschilista, la parità di genere ormai fa un baffo. Assisteremo, gradualmente, ad una modifica nella gerarchia dei valori della politica. Fatte salve le caratteristiche tipiche dell’esercizio del potere che nessun capo può trascurare (forza, arroganza, egoismo), le nuove protagoniste renderanno più centrali sentimenti “deboli” quali l’affettività, la fragilità, la delicatezza.
Credo che ES debba molta riconoscenza a Enrico Letta che, invece di dimettersi immediatamente dopo i deprimenti risultati di settembre, ha condotto trattative estenuanti con l’obiettivo di raggiungere candidature alla segreteria sufficientemente prestigiose ed unitarie. Il ritardo — dovuto alle logiche di corrente e di distribuzione di un potere ormai dimezzato — ha ottenuto il risultato di esasperare l’elettorato delle primarie e di spingerlo, disperato, alla reazione più antisistema possibile. Ad un gesto clamoroso di sfiducia verso l’apparato.
Il Pd è stato totalmente assente dalla vita di questo paese per quattro mesi, decisivi per l’insediamento del “nuovissimo” governo e per le elezioni delle due regioni più importanti. I Democratici erano impegnati nell’aggiornamento dei loro valori fondativi. Iniziativa che doveva servire da un lato a meglio sintetizzare le due anime del partito e dall’altro a legittimare il ritorno di Bersani, D’Alema e compagni. Il documento finale di tale elaborazione non è mai stato reso pubblico.In compenso potete immaginare quanti danni questa inesistenza ha prodotto nella stima di chi persegue la logica del voto “utile”.
Quello che è certo è che la nuova leader del partito “erede” della democrazia cristiana e del partito comunista -ovvero quanto di più tradizionale possa esistere- porta con sé una serie di novità. Un nome straniero, tre passaporti e tre nazionalità, una famiglia piena di professori universitari delle più svariate discipline (molte scientifiche), una sorella diplomatica ad Atene “bombardata” dagli anarchici (veramente ingrati considerando le visite in carcere). Alcuni temono che essendo anche Svizzera sarà pacifista e neutrale verso l’Ucraina.
La candidata più anticonformista è stata trionfalmente eletta nel modo più antico, romantico e fiabesco: una tenda al freddo e sotto la pioggia, la sua base (oggi si dice popolo) felicemente in coda, in un rito di nostalgia predigitale, di condivisione umana e di democrazia diretta. Un politico giovane di solito nel curriculum precisa di avere contribuito alla campagna elettorale di questo e quell’altro consigliere comunale o regionale (a condizione che sia stato eletto). Lei ha fatto parte per due volte dello staff di Obama. Che potrebbe aver votato, forse, chissà, per lei in forma telematica. © RIPRODUZIONE RISERVATA