Carta straccia, dietro le quinte di un desiderio. Lo scrittore, l’editore e i libri che nessuno legge
Un libro sui libri (ma non il libro dei libri, che è altra cosa) è il sogno nascosto di ogni editore di provincia. Infatti il piccolo editore che spesso ha a che fare con scrittori da poche copie, perché altrettanto pochi intimi ne acquistano le presunte opere, vorrebbe alla fine fare i conti con il suo mestiere, e dedicarsi a uno sfogo letterario. Parlando magari degli stessi libri che ha pubblicato. Quale titolo migliore allora di “Carta straccia?”. Due parole, appena due parole, per descrivere la caducità dell’illusione di aver scritto un capolavoro. Un libro rivelatore, questo libro sui libri, perché forse da quel momento in poi gli autori del nostro piccolo editore capiranno di non avergli fatto un favore a proporgli i loro elaborati, la cui irrilevanza veniva attribuita alla diffusa disaffezione alla lettura. Ma anche questo libro liberatorio corre un rischio, ed è lo stesso che ha mortificato le “opere” degli autori incompresi. Il micidiale rischio di non essere letto
Lo sberleffo di ARTURO GUASTELLA
IL SOGNO PROIBITO di un editore di provincia? Scrivere un libro sui libri (anche di tanti fra quelli da lui pubblicati) e intitolarlo “Carta straccia”. Ma, per far questo, dovrebbe essere pronto a scendere a duello (a fil di penna, si spera) con la gran parte dei suoi scrittori, che, fino a questo suo sfogo letterario, erano convinti di avergli fatto un favore, permettendogli di pubblicare il prodotto della propria cultura, della propria intelligenza, del proprio intuito o della sintesi di una vita assolutamente straordinaria, che andava, perciò, assolutamente raccontata. Il nostro Editore, che è di ottima cultura, e che ha spiccato il senso dello humor (da non confondere con l’umorismo), dopo la pubblicazione di questo “masterpiece”, di questo capolavoro, insomma, che hanno comprato solo parenti e amici, qualche coinquilino del condominio e, perfino, qualche Ente, dove lavora la cognata o lo zio materno dell’autore, spende qualche parola di consolazione per quest’ultimo, dicendo che non è colpa della cifra letteraria del suo elaborato (davvero notevole), se non c’è la fila nelle librerie per acquistarlo, quanto per la disaffezione della gente alla lettura. E gli cita, a conforto, il Daniel Pennac, dello «scrivere un tuo libro, ti salva da qualsiasi cosa, perfino da te stesso».
Poi, congedato lo scrittore così consolato, guarda sugli scaffali della sua casa editrice i libri pubblicati (specie quelli degli ultimi anni), e, da solo, si cita il Paul Valéry de «i libri hanno gli stessi nemici dell’uomo: il fuoco, l’umidità, il tempo e il loro contenuto». E, per la prima volta, si lascia andare ad un sorriso. E gli sorride anche l’idea di poter scrivere finalmente un libro, uno sfogo, un «quousque tandem (vos Catilinae) abutere patientia nostra?». Chiedendo, naturalmente, scusa al grande avvocato arpinate, di avergli disseminato di cloni, lo stavolta incolpevole, Lucio Sergio Catilina. Che goduria, pensa l’Editore, poter scrivere della fatica che ha fatto a leggere per l’ennesima volta dell’Ilva e dei suoi veleni, dei luoghi comuni sull’argomento, di architetti che si credono Ippodamo e Vitruvio messi insiemi, di poeti che conoscono la metrica per sentito dire, di giornalisti che hanno la pretesa di raccogliere in un libro, le loro storie dozzinali, che avevano già annoiato i lettori del giornale dove erano stati pubblicati. A questo punto, mi coglie, malandrino, il sospetto che in quest’ultimo mazzo di autori possa esserci anche io. Pazienza, mi consolo, e all’Editore, che ha qualche esitazione nel dare alle stampe questo suo libro, mi sentirei di consigliare, citazione per citazione, quel che ebbe a scrivere a questo proposito Aldous Leonard Huxley, e, cioè, che è «con i cattivi sentimenti che si può scrivere un bel libro».
Scrivere un bel libro. Questo è il problema, si interroga il nostro Editore. Ma di cattivi, bonari sentimenti in questi ultimi anni ne ha accumulati. E parecchi. Anche se l’ossimoro gli sembra faccia, purtroppo, prevalere ancora la bonarietà sulla cattiveria e, quindi, magari questo suo “Carta straccia” potrebbe, a sua volta, rivelarsi un pessimo libro, con il bel risultato di far lievitare rancori e malanimo. Ma caro Editore, se davvero il tuo libro sui libri, può scatenare una congerie di malumori e di rancori e, perfino, qualche piccola scintilla di odio, vuoi vedere che essi, i rancori, malumori, il malanimo, possano finalmente suggerire la scrittura di un libro che valga la pena di pubblicare? Ora, molti di voi staranno chiedendosi se sia proprio il vostro questo editore che, domani, inopinatamente, possa abbattere la scure di una critica al vetriolo al vostro “capolavoro”. Tranquilli. Il capufficio che si è congratulato con voi, era davvero sincero e anche vostra moglie, la vostra fidanzata, i vostri amici, la vostra donna segreta (che avrebbe voluto gridare al mondo che era lei la compagna di una simile penna), hanno apprezzato per davvero il vostro sforzo letterario.
E, non dico un Platone o un Aristotele, ma un Louis Althusser sì, che poi è del mestiere, ha sinceramente apprezzato il tuo elaborato filosofico-antropologico, strutturalista e post-strutturalista, dove ha trovato soluzioni davvero originali, ripromettendosi di parlarne ai suoi amici, Gilles Deleuze e Roland Barthes: quindi cosa mai può importarti dei deliri del tuo piccolo editore, che vorrebbe incartare il tuo libro, a mò di un rotolo di carta igienica? Il nostro Editore, però, che è di buonissime letture e di studi superiori, prima di mettere mano alla penna, viene proditoriamente assillato da una frase del poeta latino, Aulo Persio Flacco, «quis leget haec? Min tu istud ais? Nemo. Hercule. Nemo». «Chi leggerà questa roba? Lo chiedi a me? Nessuno, per Ercole! Nessuno». Io, però, prometto all’Editore di leggerlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA