Appalti pubblici, il rischio dello scempio. Cent’anni di speculazioni dal fascismo ad oggi

Poche righe, sommerse dalle comunicazioni del Consiglio dei ministri del 28 marzo, e inserite subito dopo la ratifica di uno dei tanti accordi di reciprocità con la Repubblica di San Marino. È il Codice degli appalti. Il Cdm ha infatti approvato, in esame definitivo, tenendo conto dei pareri previsti, il decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78. È questo campo, quello degli appalti, il grande luogo delle tentazioni degli speculatori, delle grandi società immobiliari. È qui il banco di prova tra una società virtuosa e una corrotta
L’articolo di VITTORIO EMILIANI
RITORNA IN CAMPO una nuova normativa (per ora ce ne sono i titoli soltanto) sugli appalti delle opere pubbliche, sia a carattere nazionale, sia a carattere regionale o locale. È il settore, amplissimo, nel quale si è maggiormente concentrato l’interesse degli speculatori, degli affaristi. In tanti Paesi sviluppati questo è il campo nel quale si esercitano i ponderosi, lucrosi interessi delle grandi società immobiliari. In Italia la storia ha sviluppi di grande portata già nel ventennio fascista quando il ministro dei Lavori pubblici, sui quali il regime punta le sue carte maggiori con un ministro come Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, chiamato ironicamente “Ganassa”. E non aggiungo altro.
La ricostruzione dopo le imponenti macerie dei cinque anni di guerra avviene con una serie di garanzie che in molti casi vengono utilizzate. Ma ben presto il rinvio a lungo termine di una moderna e incisiva legge urbanistica (per anni e anni rimarrà in vigore quella del 1942, in vigore non perché sia applicata). Le indagini e le denunce giornalistiche soprattutto di Antonio Cederna sul “Mondo” poi su altre testate in cui per l’orrenda Via della Conciliazione a proposito dei lampioni si parlò (ma forse era il sarcastico Mino Maccari) delle “supposte dell’ Ano Santo”. Nel momento in cui la Società Generale Immobiliare di matrice vaticana era fra i maggiori protagonisti del nuovo “sacco di Roma” che sarebbe durato incessante per decenni. Anche per la debolezza e peggio della Magistratura romana. Per cui l’Espresso uscì con lo slogan “Capitale corrotta, Nazione infetta” .
Infiniti sono stati poi i tentativi di darsi norme urbanistiche efficaci e certamente molto si è fatto sul terreno dell’edilizia economica e popolare. Ma per il nodo centrale della legge urbanistica non si è mai giunti a risultati soddisfacenti. Finché le Regioni non hanno provveduto ad emanare leggi urbanistiche con esiti che hanno soddisfatto più gli interessi privati che non quelli pubblici. In tutte le Regioni la situazione è degenerata o è risultata opaca anche se l’Emilia-Romagna negli anni dello stesso Dozza, di Sarti, di Fanti, di Cervellati ha espresso, specie a livello comunale, piani ed esperienze di alto livello, apprezzati pure nella dimensione europea.
Ma non vanno dimenticati i tentativi di pianificazione urbanistica a Venezia con la legge speciale (segretario Vezio De Lucia) o a Urbino con Giancarlo De Carlo oppure a Ravenna con Marcello Vittorini o a Taranto con una équipe di urbanisti della Tekne e di altre società che invano purtroppo tentarono di salvare l’area da un inquinamento disastroso.
La politica dei trasporti, privilegiando per il peso enorme della Fiat la gomma rispetto alla ferrrovia e alla tramvia, seppellì tanta parte d’Italia sotto una spessa coltre di asfalto e di cemento. Dicendo addio al Bel Paese ammirato da Goethe, da Stendhal, da Gogol e da tanti altri. © RIPRODUZIONE RISERVATA