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Acqua e crisi climatica: siccità e inondazioni travolgono gli ecosistemi e la stabilità sociale

di Italia Libera   
Acqua e crisi climatica: siccità e inondazioni travolgono gli ecosistemi e la stabilità sociale

Il sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), che riassume le ultime ricerche scientifiche sugli impatti dei cambiamenti climatici, dipinge un quadro preoccupante sui rischi in rapida crescita. Già oggi si fanno sentire in tutto il mondo, e riguardano i danni diffusi alla salute umana e all’equilibrio ecologico: insicurezza alimentare e idrica e disastri meteorologici estremi. Quasi la metà della popolazione mondiale vive “in contesti altamente vulnerabili al cambiamento climatico”. Urgono politiche efficaci di adattamento di pari passo con l’abbattimento delle emissioni

 L’analisi di MARIA GRAZIA MIDULLA, responsabile clima ed energia del Wwf Italia

STIAMO GIÀ PAGANDO conseguenze molto pesanti per la crisi climatica provocata dalle attività umane: è una nuova realtà e al contempo un terribile avvertimento. Occorre agire rapidamente per abbandonare tutti i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) e tagliare le emissioni che riscaldano il pianeta, altrimenti non saremo in grado di gestirne le conseguenze: questo l’allarme degli scienziati sulla crisi climatica, divenuto sempre più pressante. La seconda parte del sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), che riassume le ultime ricerche scientifiche sugli impatti dei cambiamenti climatici, l’adattamento e le vulnerabilità, e segue quello sulla scienza del clima pubblicato nell’agosto scorso, dipinge un quadro preoccupante sui rischi in rapida crescita che già oggi si fanno sentire in tutto il mondo, compresi danni diffusi alla salute umana ed ecologica. Quasi la metà della popolazione mondiale vive “in contesti che sono altamente vulnerabili al cambiamento climatico”. La crisi climatica ha esacerbato l’insicurezza alimentare e idrica, i disastri meteorologici estremi, il declino della salute fisica e mentale delle persone, le morti premature, la perdita e l’estinzione delle specie, e le malattie trasmesse da vettori in tutte le regioni del mondo. L’obiettivo dell’Accordo sul clima di Parigi (limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius al di sopra delle temperature preindustriali) diventa dunque il limite massimo perché ogni ulteriore incremento del riscaldamento globale al di sopra di quella soglia porterà maggiori rischi di nuovi e peggiori danni climatici.

Ogni frazione di grado in più rischia di avere un grandissimo peso e pessime conseguenze. Le minacce alla salute, ai mezzi di sussistenza e alla vita delle persone colpiscono in modo sproporzionato coloro che non hanno risorse per farvi fronte. Nel perseguire soluzioni climatiche, dicono gli autori del rapporto, ci dovrebbe essere un focus sull’equità e la giustizia, perché gli effetti stanno esacerbando la disuguaglianza e colpendo in modo particolarmente duro le persone a basso reddito, le comunità emarginate e i paesi in via di sviluppo. Gli scienziati avvertono anche che il mondo naturale, dalle barriere coralline alle foreste di montagna, affronta gravi minacce, ma che la natura può aiutare in vari modi. Il rapporto va oltre le valutazioni passate, non solo descrivendo in dettaglio la scienza più recente, ma anche concentrandosi su come il mondo, mentre riduce le emissioni, può adattarsi meglio agli effetti accelerati del cambiamento climatico per ridurre i rischi e proteggere le persone più vulnerabili. Si badi però che non possiamo certo cavarcela solo adattandoci — e dobbiamo cominciare a farlo davvero seriamente, non come un’attività accessoria —perché se non abbatteremo le emissioni in modo drastico e rapido rischiamo di far chiudere la finestra di opportunità che ancora abbiamo per assicurare un futuro vivibile e sostenibile per tutti.

Per trovare un filo conduttore che ci aiuti a capire le drammatiche e pervasive conseguenze del cambiamento climatico, dobbiamo parlare dell’acqua. Si stima che circa 4 miliardi di persone (su 7,8 miliardi di abitanti della Terra) sperimentino già una grave carenza d’acqua per almeno un mese all’anno. Dagli anni Settanta, il 44% di tutti i disastri sono stati legati alle alluvioni. Sempre più persone (circa 700 milioni) sperimentano periodi di siccità sempre più lunghi. La popolazione globale esposta a siccità estrema-eccezionale aumenterà dal 3% all’8% nel Ventunesimo secolo. Tra 1970 e il 2019, il 7% di tutti gli eventi catastrofici nel mondo sono stati legati alla siccità, ma hanno contribuito a ben il 34% delle morti legate ai disastri. Tra il 1970 e il 2019, il 31% di tutte le perdite economiche sono state legate alle inondazioni. Quando non è gestita e prevista adeguatamente, la siccità è uno dei motori della desertificazione e del degrado del territorio, nonché tra le cause di aumento di fragilità degli ecosistemi e di instabilità sociale. La dimensione degli impatti connessi alla siccità dipende anche dalla vulnerabilità dei settori economici più esposti, tra cui l’agricoltura, la produzione di energia e l’industria, l’approvvigionamento idrico per le abitazioni, gli ecosistemi.

La regione Mediterranea si è riscaldata e continuerà a riscaldarsi in misura maggiore della media globale, particolarmente in estate e diventerà più arida per effetto combinato della diminuzione della precipitazione e dell’aumento dell’evapotraspirazione. Allo stesso tempo, in alcune aree le precipitazioni estreme aumenteranno. Tra i rischi associati al cambiamento climatico nell’area del Mediterraneo c’è una grave e crescente carenza idrica che già oggi affligge paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, con una crescente domanda di acqua da parte dell’agricoltura per l’irrigazione. Tra gli ecosistemi a rischio, anche quelli dei fiumi. Nell’Europa meridionale, in caso di un aumento della temperatura globale di 1,5°C e 2°C, la scarsità idricariguarderebbe, rispettivamente, il 18% e il 54% della popolazione. Anche l’aridità del suolo aumenta con l’aumentare del riscaldamento globale: con un aumento della temperatura di 3°C l’aridità del suolo risulta del 40% superiore rispetto a uno scenario con innalzamento della temperatura a 1,5°C. Dai dati generali e ancor di più da quelli riguardanti il Mediterraneo, emerge l’urgenza di una serie di politiche efficaci di adattamento che vadano di pari passo con quelle tese ad abbattere le emissioni ed evitare, quindi, gli scenari peggiori.Al di là dei provvedimenti legislativi, sarebbe necessario coinvolgere la comunità e i singoli cittadini. La crisi climatica non è più solo un problema scientifico, e le soluzioni non sono solo legate ai negoziati internazionali. Ormai la crisi climatica è un problema di decisioni quotidiane, di investimenti, di acqua, di città. Tante persone devono mettersi insieme per risolvere i problemi: e dobbiamo augurarci sappiano farlo, anche in nome della pace. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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