«La mia arte per un buon vino»: la Cappella del Barolo ed altre storie di Langhe e Monferrato

«La mia arte per un buon vino»: la Cappella del Barolo ed altre storie di Langhe e Monferrato

«Stai calpestando una pepita d’oro», mi dice ammiccante Fabio mentre muoviamo qualche passo nel primo vigneto sotto il belvedere di La Morra. E mi spiega che siamo sui terreni agricoli più costosi del mondo: valgono fino a un milione e mezzo di euro a ettaro. Sbalordisco e cerco subito conferma su internet nel sito del Crea, il Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia. E ha ragione lui. Ma i paesaggi dichiarati dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità sono anche “casa del Buon Vivere”; lungo la strada romantica delle Langhe e del Roero, risuonano i brani di Cesare Pavese; al piano nobile del Castello di Barolo aleggia lo spirito di Silvio Pellico e riecheggia la voce di Camillo Benso conte di Cavour

Il diario di viaggio di CESARE PROTETTÌ
NARRA LA LEGGENDA che quando, nel 1999, Sol LeWitt e David Tremlett accettarono la commessa della famiglia Ceretto di trasformare un vecchio magazzino per gli attrezzi agricoli in quella che oggi è nota nel mondo dell’arte contemporanea come la stupefacente e coloratissima Cappella del Barolo non vollero soldi, ma una fornitura a vita di Barolo. Sol Lewitt ne avrebbe approfittato solo fino al 2007, quando se lo portò via la Regina (la morte, come la chiamava Eugenio Scalfari), mentre Tremlett, frequentatore assiduo di questi luoghi, ne goderebbe tuttora. 

Fabio ed io — mentre le nostre mogli, Caterina e Carla, sorseggiano un caffè sotto i portici di quella bomboniera che è piazza Risorgimento — cerchiamo conferma di questa leggenda all’Ufficio turistico di Alba, uno dei tre imprescindibili punti (gli altri sono gli omologhi di Asti e Bra) da cui prendere le mosse per una piena immersione nella “casa del Buon Vivere”  e cioè nelle terre in cui i paesaggi sono Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco e “regalano scorci di poetica armonia. Valli e crinali, castelli e torri, arte e storia, grandi vini e prodotti di eccellenza”, come dice il sito www.visitlmr.it  Lmr sta per Langhe, Monferrato e Roero e la sua consultazione fa parte del lavoro preparatorio, da fare a casa, prima del viaggio. 

Nell’ufficio turistico di Alba non troviamo conferma della leggenda, ma ci dicono che Sol LeWitt si occupò delle decorazioni esterne e David Tremlett curò gli interni. Ci dicono anche che nel 2015 David Tremlett, frequentatore non episodico di questi luoghi, è stato nominato “cittadino onorario di La Morra” e si può considerare la scintilla che diede l’avvio alle attività di mecenatismo culturale della famiglia Ceretto. E proprio da La Morra — come ci consigliano le ragazze dell’Ufficio — comincerà di lì a poco in nostro viaggio nelle Langhe, ottimamente predisposti a quel “BuonVivere”, che il sito descrive come una “performance polifonica”. “E tu ne sarai parte integrante.  Immergiti — ci dice — nella nostra storia, scopri le nostre tradizioni, assapora le eccellenze, vivi il ritmo del nostro quotidiano e fallo tuo impreziosendolo con le tue note e i tuoi contrappunti”.

A La Morra, punto ideale per godere dall’alto la vista delle colline delle Langhe inanellate dai vigneti, ci pensa Fabio a farmi scendere dalle nuvole della poesia alla prosa della realtà economica di queste terre: «Stai calpestando una pepita d’oro», mi dice ammiccante mentre muoviamo qualche passo nel primo vigneto sotto il belvedere. E mi spiega che siamo sui terreni agricoli più costosi del mondo: valgono fino a un milione e mezzo di euro a ettaro. Sbalordisco e da buon giornalista cerco subito conferma su internet nel sito del Crea, il Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia. Ha ragione Fabio: stando alle ultime rilevazioni, i vigneti più quotati sono quelli del Barolo Docg, con una forbice che può andare da 200.000 euro a 1,5 milioni di euro a ettaro, davanti a quelli del Brunello di Montalcino, che oscillano tra i 250.000 ed i 700.000 euro per ettaro. Quotazioni sostenute anche quelle dei vigneti del Prosecco Docg, sulle Colline patrimonio Unesco di Conegliano e Valdobbiadene, dove stiamo tra i 350.000 ed i 500.000 euro ad ettaro. Ma contro i terreni del Barolo non c’è storia.

Sono io a questo punto a riportare Fabio, Caterina e Carla, sulle scelte da fare per questo breve viaggio in Piemonte. All’Ufficio turistico di Alba ci hanno dato una bellissima e dettagliata mappa di Langhe, Monferrato e Roero. Sul retro una serie di itinerari suggeriti, non solo sulle tracce del buon vino: c’è infatti anche un itinerario nel Romanico, stile architettonico molto diffuso da queste parti e uno nei paesaggi fluviali del Tanaro e del Belbo. Inoltre, nell’Ufficio di Alba, ragazze molto gentili e preparate offrono servizi di prenotazione per Piemonte on Wine e Piemonte on Food. Si tratta di visite e degustazioni (a pagamento) nelle cantine dei vigneti, grandi e piccoli e nelle aziende che producono le altre eccellenze locali: i formaggi, i tartufi, le nocciole (materia prima per famose cioccolaterie). Noi ci concentriamo sulle quattro Langhe del Vino: Barbaresco (39 km di itinerario complessivo), Moscato (103 km), Dolcetto (93 km) e Barolo (104 km). E puntiamo direttamente sulla Langa del Barolo. Mi dispiace un po’ dover rinunciare alla “Strada romantica delle Langhe e del Roero”: 11 tappe, 130 km di strade panoramiche, 300 spunti letterari. “Luoghi di sosta e osservazione — dice la guida — invitano i visitatori a regalare un po’ di tempo a se stessi”: ecco allora la “panca romantica”, ecco la discreta presenza dell’albero parlante che affida alle sue foglie il racconto del territorio attraverso brani letterari.  (Associazione Strada Romantica delle Langhe e del Roero: tel. 0173364030, info@stradaromantica.it). 

Scegliamo di andare per cantine: sono 47 quelle che si possono visitare nel solo territorio di La Morra. Tra queste spicca, per il nome, la Cordero di Montezemolo, che produce ben 14 etichette, tra le quali quattro tipologie di Barolo, un Barolo Chinato e una grappa di Barolo. I Cordero di Montezemolo sono proprietari dal 1920 della tenuta Monfalletto, appartenuta ai Falletti sin dal medioevo. 

La visita turistica guidata è un altro business di queste parti. Le fanno in otto lingue: inglese, francese, spagnolo, russo, tedesco, olandese, fiammingo, oltre che italiano (per informazioni e prenotazioni: info@lamorraturismo.it). Noi puntiamo direttamente sul Castello di Barolo dalle quattro vite: prima baluardo militare della valle Talloria contro Ungari e Saraceni (X secolo), poi residenza nobiliare, poi collegio (attivo tra il 1875 e il 1958) e infine museo (WiMu, Tel. 0173 386697;  info@wimubarolo.it). Il piano nobile del Castello conserva ancora gli arredi degli ultimi marchesi Falletti di Barolo, Carlo Tancredi e sua moglie Juliette, più nota come Giulia di Barolo, figure fondamentali nella creazione del nobile vino che dà il nome al castello. Fra queste stanze aleggia lo spirito di Silvio Pellico, amico dei marchesi e responsabile della biblioteca di famiglia. Risuona il ricordo del conte di Cavour, di Carlo Alberto e di quei personaggi che furono protagonisti dell’epopea risorgimentale e della nascita del Barolo. E risuonano anche le parole di uno scrittore di queste parti, Cesare Pavese: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. (La luna e i falò). © RIPRODUZIONE RISERVATA