3 / Il gas e la guerra. I nostri tre rigassificatori non ci proteggeranno dal freddo del prossimo inverno

I tre impianti italiani per trasformare il Gnl (Gas naturale liquefatto) in metano da immettere nella rete partecipano ai giochi al rialzo: il prezzo rimbalza tra la Borsa di New York e quella di Amsterdam, vola e alimenta la speculazione che uccide la ripresa economica post-pandemia. La guerra in Ucraina non c’entra con i prezzi stratosferici in corso. La Snam risponde a “Italia Libera” e si tira fuori dai giochi speculativi: «Siamo un gestore di infrastrutture che non si occupa di vendita di gas». Le due navi gasiere annunciate questa estate dalla società a capitale pubblico entreranno in esercizio tra il 2023 e il 2024. Nel frattempo, con aiuti e aiutini rischiamo di consumare fino all’ultimo centesimo i 210 miliardi di RePowerEu stanziati dall’Europa per liberarci dalla dipendenza fossile. Questo ci impedirà di investire in soluzioni per utilizzare sole e vento, che non hanno padroni, né russi, né arabi, né americani…
L’inchiesta di LAURA CALOSSO, dalla Fiera GasTech di Milano
AI MANAGER DEL gas che, a inizio settembre, abbiamo intervistato alla Fiera GasTech di Milano, è chiaro un dato: il gas russo che non arriverà più verrà sostituito da gas naturale americano proveniente dalle piattaforme in Norvegia, e da gas liquefatto, in arrivo via nave dagli Usa. I quantitativi, a quanto è dato sapere sin qui, non saranno comunque sufficienti a coprire il fabbisogno nazionale, ancorché pagati a prezzi esorbitanti. Si apre per l’Italia un problema infrastrutturale quasi irrisolvibile. Il nostro Paese non ha impianti di rigassificazione sufficienti. E poiché il Gnl (Gas Naturale Liquefatto), se arriva, dovrà essere rigassificato, la nostra situazione «è a dir poco imbarazzante», ci viene detto a più riprese da manager e analisti che incontriamo alla Fiera di Milano.
Cominciamo a chiarire cosa significa rigassificare. In pratica, il gas, per essere trasportato sulle navi gasiere, viene liquefatto, come spiegavamo nella seconda parte di questa nostra inchiesta pubblicata ieri. Per essere immesso nelle tubazioni che lo portano dove deve essere utilizzato, case e aziende, deve tornare gassoso attraverso impianti appositi: in sostanza, il metano allo stato liquido si immette in uno scambiatore di calore in cui scorre un liquido più caldo, normalmente acqua di mare, riportando il gas allo stato gassoso. Perché l’Italia potrebbe incorrere in problemi? «I problemi li avremo a partire dalla questione amministrativa», ci viene spiegato: «un rigassificatore ricade contemporaneamente sotto la giurisdizione del Mise, ministero della Transizione Ecologica (Cingolani), in quanto è considerata “struttura strategica” per l’interesse del Paese, e deve essere sottoposto anche all’esame dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera), autorità amministrativa indipendente che ne coordina e regola rigidamente le attività. Si intuisce immediatamente in quale ginepraio di norme, spesso in cortocircuito tra loro, rischiamo di andare a finire. Al contempo, bypassare le regole vorrebbe dire, o scardinare le regole dell’iter autorizzativo (con la burocrazia italiana tanti auguri) oppure lavorare a rotta di collo in nome dell’emergenza, ma con il rischio di essere seppelliti da chi farà ricorso, perché contrario a queste infrastrutture».
In Italia i rigassifcatori sono ad oggi solo tre, nel seguente ordine di rilevanza: rigassificatore Adriatic Lng di Cavarzere (Rovigo), con capacità di 24,94 milioni di metri cubi (10 Mld di mc/anno), segue Olt (Off-shore Lng Toscana) di Livorno con capacità di 11,91 milioni di metri cubi (4,5 Mld di mc/anno). Per finire, il rigassificatore di Panigaglia (La Spezia) la cui capacità è pari a 6,77 milioni di metri cubi (2.3 Mld di mc/anno). La proprietà del rigassificatore Adriatic Lng è di Exxon-Mobil (71%) Qatar Energy (23%) Snam (7%). «È una piattaforma off-shore costruita molti anni fa (2007), ed è l’unico rigassificatore che gode di alcune “deroghe di comportamento” concesse dai ministeri, proprio perché costruita in tempi, “ministerialmente parlando”, più liberisti. L’80% della sua capacità di rigassificazione è comprata da Edison, colosso del Gas Francese. Grazie al “mercato libero dell’energia” istituito in Italia un po’ di anni fa, Edison ha una sua rete di distribuzione. Compra il gas liquido (soprattutto americano e arabo) sul mercato internazionale delle commodities a prezzi stabiliti dalla borsa del Nymex di New York (prezzo basso), lo fa rigassificare da Adriatic Lng, e lo rivende ai consumatori finali italiani usando però il prezzo della borsa del gas di Amsterdam (prezzo altissimo). È dunque evidente — sottolineano gli analisti con cui parliamo — che la guerra in Ucraina non c’entra con i prezzi stratosferici in corso…».
Più o meno, ci viene spiegato, questo è ciò che accade anche per gli altri rigassificatori. Cambiano i nomi degli operatori ma il meccanismo è lo stesso: «Comprano gas a prezzi Nymex, New York, e lo rivendono rigassificato a prezzi Amsterdam. Succede anche su Olt a Livorno dove Snam, azienda di Stato (monopolista per legge della rete gas italiana a tutela della trasparenza), possiede la maggioranza delle quote proprietarie (Snam 49,07%, First State fondo di investimento australiano 48,24%, Golar Lng 2,6%). Cosa ha da dire Snam su questo meccanismo: ne è a conoscenza? e cosa suggerisce per evitare speculazioni? Chi utilizza la rete — questo va emergendo dai nostri approfondimenti — compra Gnl a prezzi Nymex e lo rivende rigassificato agli utenti finali ai prezzi della Borsa di Amsterdam. La risposta che data a “Italia Libera” è la seguente: «Come giustamente da lei premesso, Snam è un gestore di infrastrutture che opera in regime regolato e non si occupa pertanto di vendita di gas». Olt (Off-shore Lng Toscana) è infatti solo un Pvs (Punto virtuale di scambio) tra domanda e offerta, ci spiegano anche in GasTech: «Olt rigassifica in trasparenza il gas di altri ed è il mercato a decidere il prezzo».
Un manager ci invita a prendere un caffè e ci racconta la storia di Olt che è utile ricapitolare qui, per coglierne tutti i risvolti: «Olt è stato ancorato nelle acque di Livorno 7 anni fa, (quando la proprietà era quasi paritaria tra Iren (Società per azioni italiana di multiservizi) ed Uniper (Società europea con sede a Düsseldorf, in Germania). Per 5 anni è stato fermo perché, fino a due anni fa, in Italia il Gnl era “questo sconosciuto”. Lo Stato Italiano, per 5 anni, ha comunque pagato a Olt una rigassificazione virtuale pari al 60% della sua massima capacità di rigassificazione (ed a me risulta una somma cospicua, milioni di euro all’anno). Questo perché trattasi di “impianto strategico”. Se non fosse strategico, lo Stato non avrebbe mai potuto erogare somme di quella entità» [leggi qui]. A settembre 2019, Iren aveva ceduto a Snam il 49% dell’impianto [leggi qui].
Panigaglia è il terzo rigassificatore e ha una storia a sé stante. Costruito on-shore (terra ferma) alla fine degli anni ’60, è un piccolissimo rigassificatore che «nonostante i tentativi, anche relativamente recenti di ammodernamento, è piuttosto obsoleto. La proprietà risulta essere di Gnl Italia, 100% controllata da Snam. È un impianto con 2 serbatoi di stoccaggio, incastrato in una piccola baia a sud del golfo di La Spezia e non è raggiungibile via terra. Non ha nessuna possibilità di ampliamento per mancanza di spazio circostante, e la sua unica banchina consente l’attracco a metaniere di piccole dimensioni (30.000 mc). Negli anni ‘60 erano navi gasiere standard, che misuravano 130-140 mt, oggi la metaniera standard trasporta 260.000 mc di Gnl, è lunga 450 mt, larga 60, e ha un pescaggio di 10 metri. Nel mondo attuale sarebbe impensabile immaginare di trasportare via nave, per singola volta, solo 30.000 mc di gas. I costi di shipping sarebbero immensamente più alti del valore del carico trasportato».
Panigaglia oggi rigassifica piccole quantità di gas che riceve dal deposito costiero di Marsiglia, «pagandolo già al costo ‘Amsterdam’» precisa il nostro interlocutore. «Praticamente lavora quasi a pareggio. Inoltre, essendo su terra ferma l’impianto è sottoposto alla normativa Seveso, un collo di bottiglia burocratico. La conseguenza è che, ricadendo nella Seveso, se si vuole piantare un chiodo nel muro di un ufficio di Panigaglia, fosse anche per appendere un quadro, l’iter amministrativo Ispra non sarebbe inferiore ai 3 anni. Ovviamente si scherza, ma è per far capire la difficoltà nell’apportare modifiche all’impianto. Il risultato è che, nonostante le rassicurazioni, sia per questioni morfologiche, sia per quelle normative, ogni euro speso su Panigaglia potrebbe non sortire risultati apprezzabili».
E il rigassificatore di Piombino esiste o non esiste, considerato che, al momento, a Piombino la nave non c’è? «Snam dice di aver comprato 2 rigassificatori, navi metaniere in grado di rigassificare una volta giunte a destino», è stata la risposta: «ci sono poche navi di questo tipo, in navigazione attiva (sono 25 unità in tutto il mondo), e molte sono già state opzionate o charterizzate da altri Paesi, tra cui Germania e Olanda. Resta il fatto che 750 milioni di euro per due navi (è la cifra dichiarata) non sembra attendibile; al massimo ne compri 2/3 di una. Oggi il costo di una singola nave è intorno a 900 milioni e se la vuoi nuova aspetti 5 anni. Può darsi che Snam, invece di comprarle, le abbia solo noleggiate, o partecipato all’azionariato delle Compagnie che le possiedono. Le cifre potrebbero, a questo punto, essere più congrue. Resta il fatto che se Snam dichiarasse di averle noleggiate, qualcuno potrebbe chiedere per quanto tempo, e sarebbe una domanda imbarazzante a cui rispondere».
Anche su questo aspetto abbiamo rivolto a Snam, per iscritto, le seguenti domande: a quale cifra Snam ha comprato le navi in questione? dove sono al momento? dove verranno collocate e in che data? quale sarà la capacità di rigassificazione in standard metri cubi? L’Ufficio Comunicazione di Snam ci ha inviato due comunicati stampa pubblicati a giugno-luglio [leggi qui]. E da quanto ci viene fornito si evince che la nave comprata alla cifra dichiarata di 350 mila euro «ha una capacità di stoccaggio di circa 170.000 metri cubi di gas naturale liquefatto e una capacità di rigassificazione continua di 5 miliardi di metri cubi l’anno», e potrà contribuire a circa il 6,5% del fabbisogno nazionale. Emerge, soprattutto, che Snam avvierà le attività per la contrattualizzazione della capacità di rigassificazione nei prossimi mesi man mano «che si renderà progressivamente disponibile Lng con l’avvio di Golar Tundra come Fsru (Floating Storage and Regasification Units), atteso durante la primavera del 2023». È evidente che, per l’inverno alle porte, non si potrà contare su questa soluzione.
Della seconda nave acquisita, Bw Singapore, Snam ci spiega che «ha una capacità nominale di rigassificazione continua di circa 5 miliardi di metri cubi l’anno. Si prevede che la Fsru, attualmente vincolata da un contratto di charter con terze parti fino a novembre 2023, possa essere ubicata nell’Alto Adriatico, in prossimità della costa di Ravenna, e iniziare la propria attività nel terzo trimestre del 2024, a valle della conclusione dell’iter autorizzativo e regolatorio e della realizzazione delle opere necessarie all’ormeggio e al collegamento alla rete di trasporto [leggi qui]. Quindi, 2023 e 2024…Per l’inverno alle porte, i rigassificatori non ci saranno. Cosa faremo l’inverno prossimo? Piombino, dove al momento non esiste l’infrastruttura, è stata sbandierata come una soluzione ma si tratta di un progetto del futuro, non certo utile a risolvere i problemi dell’inverno 2022.
In sostanza, e tirando tutte le somme, abbiamo bisogno o no di rigassificatori? «Sì, è vero: ne abbiamo bisogno. Se vogliamo scaldarci nei prossimi anni con il gas che gli americani intendono venderci, abbiamo bisogno di rigassificatori. Il gas russo arrivava direttamente nei tubi, ma adesso è diverso. Nel frattempo, per almeno i prossimi due inverni, prepariamoci a sopravvivere con qualche stufetta a legna e parecchi maglioni di lana. Non si può pensare che in una situazione simile si vada incontro a un periodo facile. Per non dire delle imprese costrette forse a chiudere…». Ed ora c’è chi dice che siamo dentro una tempesta perfetta, il GasTech di quest’anno ha dimostrato che stiamo solo “entrando” nella tempesta, il peggio — sottolineano con enfasi gli analisti e manager incontrati alla Fiera di Milano — deve ancora venire.
La tempesta perfetta, questa la preoccupazione, potrebbe prevedere nuovi lock-down energetici, forse mancheranno generi di consumo, le strade saranno buie, i locali entreranno in modalità coprifuoco, costretti a risparmiare sui consumi. Gli ospedali opereranno solo in giorni prestabiliti, e i treni viaggeranno qualche ora al giorno. Questo è ciò che potrebbe accadere. Per ora un’ipotesi, ma dannatamente possibile. A forza di aiuti e aiutini, senza soluzioni strutturali rischiamo nel frattempo di consumare fino all’ultimo centesimo il denaro destinato a suo tempo per liberarci dalla dipendenza energetica (i 210 miliardi di RePowerEu). Questo ci impedirà di investire in soluzioni per trarre vantaggi dal sole e dal vento, che notoriamente non hanno padroni, né russi, né arabi, né americani… (3 — fine) © RIPRODUZIONE RISERVATA