3/ C’è spazio a sinistra. Serve un programma unitario che riconosca il conflitto sociale

Le tante voci della sinistra dovrebbero lavorare insieme per realizzare un partito unitario con un chiaro programma di riferimento, basato sul riconoscimento dell’esistenza del conflitto sociale. Il contesto in cui dovrebbe nascere questo progetto: il ruolo di quelli che chiamavamo gli intellettuali, la capacità di una sintesi, la necessità di proposte praticabili, l’insegnamento del Manifesto del Partito comunista
L’analisi di GUIDO ORTONA, economista
COME SI ESCE DALL’IMPASSE? Tutti e tre i soggetti tipici di cui ho parlato nella seconda parte di questo articolo — e cioè: militanti di base, rappresentanti istituzionali e/o sindacali, dirigenti — vengono meno, per valide ragioni, al compito fondamentale della creazione di un partito e di un programma. C’è un quarto soggetto che viene meno a questo compito, ed è colui che una volta veniva chiamato l’intellettuale, oggi diremmo meglio lo scienziato sociale. Proseguo con un ragionamento per assurdo. Immaginiamo che Marx, Di Vittorio e Gramsci rivivano, con tutto il loro prestigio intatto, e che elaborino un programma di sinistra basato su pochi punti che partano dal riconoscimento della realtà del conflitto sociale e dalla necessità di prendere posizione in quel conflitto (Marx), dall’elaborazione di proposte chiare, praticabili e in cui la base possa riconoscersi (di Vittorio), e dal suggerimento di forme di lotta che possano acquisire un forte consenso al di là del “nucleo forte” dei lavoratori (Gramsci). Questo loro programma verrebbe probabilmente accettato a tutti i livelli della militanza; chi lottasse contro la cementificazione del parco X saprebbe allora che sta lottando anche per la redistribuzione della ricchezza, al consigliere comunale Y nessuno si sognerebbe di chiedere di rinnegare quel programma in nome di un compromesso locale, e al dirigente nazionale Z sarebbe chiesto di difendere quel programma in sede politica, e di acquisire le competenze necessarie per farlo. È utile ricordare che quando il Pci era una cosa seria (e senza volerlo mitizzare, aveva non pochi difetti, tanto è vero che è crollato), all’interno di esso i tre livelli convivevano: i militanti di base sapevano di avere alle spalle una proposta complessiva, e chi era obbligato a trattare con i comunisti sapeva con chi aveva a che fare, e non si sarebbe sognato di chiedere loro di non essere tali. Chiedo di nuovo che mi venga perdonata la necessaria semplificazione.
Oggi in Italia non esiste nessuno cui possa essere riconosciuta la capacità di analisi di un Marx, il prestigio di dirigente di un Di Vittorio e le capacità di elaborazione di un Gramsci. Ma possiamo pensare a un “moderno maestro”, per analogia con il moderno principe di Gramsci. Gramsci pensava che il partito politico dei lavoratori avrebbe potuto svolgere il ruolo di unificazione e di leadership che Machiavelli attribuiva al principe; per analogia, è possibile che un gruppo di intellettuali possa avere il prestigio e l’autorità morale che i singoli membri del gruppo non possono aspirare ad avere individualmente. Non si tratta di elaborare un appello di massa, in cui le singole firme annegano, così come i punti programmatici veramente importanti annegano nei programmi che ne contengono decine. Deve essere un gruppo abbastanza limitato da consentire che ciascun membro di esso possa essere chiamato e esporne il programma, e al tempo stesso composto da persone abbastanza note e qualificate da far sì che i media non possano ignorare il loro parere. E questo gruppo deve porsi come compito di proporre un programma chiaro, semplice e praticabile in cui i diversi gruppi di sinistra possano riconoscersi mantenendo la loro specificità sulle questioni che di quel programma non fanno parte. Vale la pena ricordare che la stesura del Manifesto del Partito Comunista venne affidata nel 1847 dalla Lega dei Comunisti a un gruppo di due soli scienziati sociali, e che in esso comparivano solo dieci richieste.
In conclusione. Mi pare che oggi i vari gruppi della sinistra debbano lavorare alla creazione di un partito unitario di sinistra che proponga un programma chiaro, praticabile, basato sul riconoscimento dell’esistenza del conflitto sociale e quindi su quello che è sempre stato il punto centrale dei programmi della sinistra, e cioè la redistribuzione delle risorse; e devono rendersi conto che questo è oggi il loro compito fondamentale. Mi pare anche che difficilmente questi soggetti riusciranno a farlo senza un contributo per così dire esterno. Questo contributo esterno deve provenire dagli scienziati sociali di sinistra. I quali a loro volta devono riconoscere che questo è il loro compito fondamentale. — (3. fine; la prima e la seconda parte sono state pubblicate mercoledì 13 settembre e venerdì 15 settembre 2023)
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Questo articolo è pubblicato anche su “Volere la luna”