2/ Il verde a Milano. Altro che “bosco verticale”: c’è ancora il luogo della lucciole. Parla Andrea Debosio

Andrea Debosio rappresenta il Comitato la Goccia. Che cos’è? Si tratta di un gruppo di cittadini – qualificati dai loro studi o dalla loro professione – che difendono strenuamente un’area fortunata a Milano, l’area “La Goccia” – appunto -, dove ci sono 16mila preziosi alberi e dove vivono perfino animali selvatici, in armonia con le leggi della natura. Debosio ci racconta il verde a Milano- che non è confinato solo in questa area – e l’assedio costante che questo “polmone” della città deve subire
L’intervista di FABIO BALOCCO con ANDREA DEBOSIO
UN ACCENNO ALLA città metropolitana e all’area Expo. Un articolo di Lifegate del 2014 affermava: «L’intera area espositiva di Rho Pero diventerà una grande oasi urbana. Il paesaggio dell’Esposizione Universale si trasformerà in rete ecologica tra aree verdi, giardini e piazze. Si parte dai numeri: 12.000 alberi, 85.300 arbusti, 107.600 piante acquatiche e 151.700 erbacee. Un “esercito verde” che coprirà un’area di ben 200.000 metri quadrati. Una rete ecologica, un progetto paesaggistico unico in Europa». È andata davvero così? Secondo Altreconomia parrebbe di no.
«Ad esposizione conclusa e giochi fatti, fa “sorridere” (o forse piangere?) tornare indietro nel tempo e rileggere articoli dove si descrive l’area come un grosso polmone verde, una grande oasi urbana ed una rete ecologica di aree verdi. A conti fatti, credo si possa serenamente dire che l’aspettativa in tal senso sia stata sicuramente disattesa. L’unica certezza che ho (sono personalmente passato da quelle strade per qualche decennio) è che non vedrò più i campi e le vacche, che tanto mi piaceva vedere da bambino, allungando il collo oltre il finestrino. Ad oggi l’unico risultato certificabile è infatti l’eliminazione dell’area agricola preesistente, in favore di un urbanizzato ancora in via di definizione nei suoi spazi e nelle sue funzioni. L’”esercito verde” dei 12.000 alberi, spalmati sui 110 ettari di superficie coinvolti da Expo 2015, per un totale di 200.000 metri quadrati di aree a verde (che nella realtà dei fatti non sono assolutamente spalmati ma sapientemente posizionati in zone circoscritte in modo da non dare fastidio a successivi sviluppi, e nuova costruzioni) sono quasi difficili da trovare! Voglio dire, da un esercito di 12.000 alberi ci si aspetterebbe qualcosa di più che un individuo ogni 92 metri quadrati, no? Un po’ di ombra, il profumo delle fioritura, il cinguettio qualche uccello. Come sempre due pesi e due misure, ci si vanta facilmente di 12.000 alberi messi a dimora (come, con che destino, dove?) e passa in sordina, o peggio come necessario per lo sviluppo green della città, il taglio di una foresta urbana, come quella della Goccia, con 16.000 alberi ed ogni giorno in evoluzione! I grandi progetti paesaggistici, come insegnano i maestri della materia (dove il termine grandi non ne connota sicuramente le dimensioni ma il reale valore ambientale ed ecologico, perché di paesaggio si parla) sono quelli in grado di cogliere l’essenza dell’esistente e saperla valorizzare, metterla in mostra agli occhi meno esperti e renderla fruibile e godibile al maggior numero di forme di vita, animali e non. Cosa ne sarà ora dell’area? Qualcosa si sta già delineando in termini di funzioni e servizi, mentre per quanto riguarda l’implementazione del verde, si vedono, come spesso accade, delle retinature colorate – nemmeno a dirlo, in verde – sui masterplan e si leggono dei nomi bucolici di qualcosa che si vorrebbe lontanamente evocare, con un grande sforzo di fantasia e molta immaginazione».
— Qual è il vostro giudizio sul bosco verticale di Stefano Boeri?
«È l’archetipo del verde che non vorremmo e che non fa bene a nessuno, se non alla fama degli architetti, facendoli diventare “star”, alle imprese costruttrici ed a qualche turista che potrebbe trovare ben altri spunti ed interessi, sempre rimanendo nell’ambito del “green”. Un albero a dimora a parecchi metri dal suolo, suo contesto naturale, può avere lo stesso valore ambientale, svolgere la stessa funzione, ma soprattutto ha la stessa sostenibilità di un analogo individuo a dimora nel terreno, ad altezza uomo, mammifero ed insetto? Chi può realmente beneficiarne e fruirne? Si può considerare fondato il valore ecologico dell’edificio Bosco Verticale? Può un edificio avere un reale valore ecologico, più di un vero bosco o semplicemente di un incolto del quale la natura ha, spontaneamente e senza alcuna energia o risorsa se non le proprie, ripreso possesso? Il vanto dell’autosufficienza del bosco verticale, grazie al recupero dell’acqua piovana ai fini dell’irrigazione delle sue piante, la filtrazione delle polveri sottili, la produzione di ossigeno e via di seguito, non bastano a differenziare, valorizzandolo, questo intervento da una qualsiasi area a verde, alberata, degna di essere chiamata tale (nella quale sia quindi, quantomeno garantita la sopravvivenza degli individui che lo abitano, evitando di tagliarli in primis o riservandoli anche una minima parte delle cure destinate alle piante del Bosco Verticale). Proviamo con un’immagine evocativa: una sera d’inizio estate, passeggiando in un parco con la temperatura sensibilmente più fresca rispetto all’intorno cittadino, il rumore degli insetti e qualche lucciola (perché si, la foresta urbana della Goccia è popolata anche di lucciole). Possiamo forse dire di provare la stessa sensazione e beneficio passeggiando in strada, sotto ai grattacieli del Bosco Verticale? Il Bosco Verticale può essere considerato un edificio sostenibile, e tale rimane: un edificio nel quale grazie al sapiente utilizzo delle piante sono migliorate le performance climatiche degli appartamenti e dove qualche altro beneficio è riservato ai pochi che possono vivere all’interno dei suoi appartamenti. E mentre tutti, amministrazione comunale in testa, continuano a vantarsi degli 800 alberi a dimora sul grattacielo, una foresta urbana viene tagliata e nuovi progetti di cementificazione ed impermeabilizzazione del suolo sono fieramente venduti come simbolo di modernità e riqualificazione green della città». — (2. fine; leggi qui la prima parte dell’intervista)
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