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2/ Fino all’ultimo stadio. La “guerra di Parma” per il nuovo Tardini che divide la città

di Italia Libera   
2/ Fino all’ultimo stadio. La “guerra di Parma” per il nuovo Tardini che divide la città

Ottomila firme di cittadini preoccupati e indignati per il progetto di rifare lo stadio di Parma, cercano di fermare un affare che si teme sia solo di qualcuno “contro” un’intera città. La presidente del Comitato che difende il vecchio Tardini, Anna Kauber, ha ricevuto minacce di morte. L’ingresso a Parma di Kyle Krause, imprenditore dello Iowa che qui sta investendo con larghezza di mezzi, sconvolge la quiete della provincia, tra attese e timori: sta portando ricchezza o sta comprando la città? Intanto ha acquistato il club di calcio, e presentato il progetto di demolizione e ricostruzione dello stadio Tardini. Un progetto che è la trincea tra cittadini e Unione industriali, tra residenti e amministrazione pubblica

L’inchiesta di FABIO MORABITO

UNO DEGLI ASPETTI più controversi della proposta americana per il nuovo Stadio di Parma (il vecchio Tardini, cent’anni dalla prima pietra, che si vuole buttato giù e rifatto ex novo) è la durata della concessione. La proposta dei nuovi padroni, anzi del nuovo padrone del Parma calcio — Kyle Krause, 60 anni, uomo d’affari originario dello Iowa, che ha comprato la società sportiva nel 2020 — è quella di una concessione per novant’anni. Si tratta di una richiesta-standard in questi casi (analoga a quella di altri imprenditori che propongono un’operazione-stadio). Quindi Krause è disposto ad accollarsi i costi per l’impianto, ma vuole gestirlo e metterlo a reddito — con tutte le attività connesse — fino a ben oltre l’inizio del prossimo secolo.

Lo stadio è di proprietà del Comune, che incassa d’affitto circa 110mila euro l’anno (che diventerebbero 150mila in caso di squadra promossa in serie A). Questa entrata in bilancio non ci sarebbe più fino alla fine della concessione. Ma, osservano dal Municipio, i costi di manutenzione straordinaria, che sarebbero a carico dell’amministrazione pubblica, superano questa cifra. Sarebbero a carico, perché  all’ultima grande spesa (tabellone e seggiolini, con un costo finale di circa 1,5 milioni) ci pensò il club. «Novant’anni sono troppi» dice Anna Kauber, presidente del “Comitato Tardini Sostenibile”, che fa una battagliera opposizione a questo progetto. «Il Comune dovrebbe accettare di non controllare più una risorsa come lo stadio, che vale oltre 50 milioni di euro, per un periodo troppo lungo. Un’operazione del genere non dovrebbe in ogni caso superare i trent’anni. Altrimenti c’è troppa alea». Per Marco Bosi, l’assessore allo Sport di Parma, tutto va contestualizzato: «Parliamo di un imprenditore che mette a disposizione un capitale importante per una struttura che rimarrà nostra». E sui novant’anni si sta già discutendo.

Il “Comitato Tardini Sostenibile” ha infatti consegnato oltre ottomiladuecento firme — raccolte in 40 giorni — che chiedono «al Consiglio comunale di rimettere in discussione il pubblico interesse del progetto di demolizione e ricostruzione dello stadio» e di salvaguardare il plesso scolastico Puccini Pezzani, adiacente al Tardini. Pochi giorni dopo la consegna delle firme, il 5 aprile scorso, la Giunta comunale ha deliberato per una riduzione significativa della concessione. Una dichiarazioni d’intenti, perché si dovrà vedere se a Krause andrà bene, e se questo non comporterà una controproposta.

Il nuovo proprietario del Parma Calcio, mentre la Giunta deliberava, acquistava intanto l’incompiuto Centro direzionale di Collecchio, voluto da Calisto Tanzi, l’imprenditore che da un caseificio fondò la Parmalat — azienda diventata multinazionale — condotta per quarant’anni fino al fallimento nel 2003. Il Centro occupa 400mila metri quadri, con 16 campi sportivi e uno stadio da tremila posti utilizzabile per le partite del calcio femminile o per le giovanili. Non si tratta del primo investimento di Krause a Parma e nei suoi dintorni, ma affianca l’operazione di acquisto della società di calcio (che in varie tranche ha mosso un capitale di 175 milioni) e il progetto dello stadio. E non sarà probabilmente l’ultimo acquisto.

Si tratta di investimenti accompagnati da una comunicazione accattivante, che suggerisce un interesse per la città che troverebbe ispirazione da una lontana discendenza italiana (ma non parmigiana). E la passione del calcio non è nuova per Krause, perché nello Iowa dove il calcio non ha certo l’appeal che ha in Italia comprò il suo primo club, Des Moines Menace, quello della sua città. Ma negli Usa il progetto di uno stadio nuovo, che pure era stato intrapreso, venne accantonato.

Il progetto per lo stadio di Krause è convinto ma condizionato: o si fa il nuovo Tardini, nello stesso spazio di quello che verrà demolito, o niente. Una delocalizzazione non è contemplata. Che poi sarebbe la soluzione preferibile per Anna Kauber: «Quando giravamo per raccogliere le firme i cittadini ci dicevano: lo stadio lo vogliamo da un’altra parte!». Fermare il nuovo progetto, da parte degli stessi promotori della raccolta di firme, è quindi un ripiego, consigliato dal realismo: si fanno le battaglie che si possono vincere. Anche perché se si facesse uno stadio nuovo da un’altra parte bisognerebbe decidere che destino dare alla struttura del Tardini, che pure una sua storia ormai ce l’ha, e ha addirittura un vincolo (l’Arco monumentale di ingresso).  Dai residenti un’idea c’è: mettere la struttura al servizio dello sport amatoriale. Krause dal canto suo ha già fatto capire di non voler spostare lo stadio, sostenendo che bisogna tener conto del luogo a cui i tifosi sono affezionati.

Quindi, Krause racconta di essere entusiasta dell’Italia. Come luogo d’affari o delle radici? Le sue origini sono siciliane, da parte di madre (Nancy Gentile) i cui avi raggiunsero gli Stati Uniti all’inizio del Novecento. E lui ci tiene a far sapere che si è sposato a Positano, di essere un tifoso della Juventus, anche se naturalmente ora si è “convertito” come fan del Parma.

Krause parla di serie A, e per la squadra che ha come portiere un campione del mondo (Gianluigi Buffon, che vinse il titolo nel 2006, e ora ha 45 anni) l’obbiettivo è già possibile. Infatti nonostante la squadra sia attualmente poco sopra la metà della classifica della serie B, potrebbe accedere al meccanismo del play off. Una coda del torneo che potrebbe portare le squadre che si piazzeranno dal terzo all’ottavo posto a giocarsi la promozione. Lo stadio Ennio Tardini ora conta poco più di 22mila posti, era stato ampliato nel ’90 fino a 26mila, mediamente il pubblico è di 14mila spettatori a incontro.

Se il Parma va in serie A, le sfide saranno con i grandi club; ma se si dovesse demolire lo stadio li ospiterà tutti in trasferta, perché ci vorrà del tempo a ricostruire il Tardini. Se resta in serie B, se la vedrà con club con minor blasone, o piccole realtà come il neopromosso FeralpiSalò, club nato appena 14 anni nella piccola località bresciana — diecimila abitanti — che fu la capitale della Repubblica sociale di Mussolini. Anche se poi il Parma non è un semplice club di provincia: dopo Milan, Juventus e Inter è il club italiano di calcio che ha vinto più trofei internazionali (una Coppa delle Coppe, due Coppe Uefa, una Supercoppa Uefa), pur non avendo mai conquistato uno scudetto. Una stagione di gloria non troppo lontana: la prima promozione in A del Parma è datata 1990, e gli anni ’90 furono quelli dei suoi successi. Poi ci sono state le cadute, tre rifondazioni, l’impegno otto anni fa di una cordata di imprenditori locali per riportare a galla l’orgoglio mortificato. Il cambio di nome con il fallimento del 2015, da Parma Football Club a Parma 1913 (l’anno delle origini) è servito per ripartire “solo” dalla serie D e ritrovarsi adesso all’anticamera della massima serie.

Per quanto riguarda invece la scuola Puccini Pezzani — elementari e media — costruita qui nel quartiere Cittadella, accanto allo stadio, 66 anni fa, dal Comune assicurano che resterà dov’è. Datata 1957, per i residenti del Comitato Tardini è un gioiello. «Una scuola deliziosa che riesce ancora ad essere di quartiere» commenta Kauber. Praticamente di fronte al plesso Puccini Pezzani c’è anche una scuola materna, anch’essa apprezzata. Secondo l’amministrazione pubblica aumenterà la distanza con l’impianto sportivo. Com’è possibile? «Stringendo la struttura dello stadio più intorno al campo»spiega Bosi.«Ma i prossimi anni, se si costruisce il nuovo stadio — avverte Kauber — la scuola sarà come in stato d’assedio. Il cantiere, le polveri, l’inquinamento della demolizione e poi della costruzione. Ci vorranno almeno due anni per fare tutto questo. Anzi, due anni non basteranno. E il cantiere sarà un grande problema, non solo per la scuola, ma per la vita del quartiere».  Nel “percorso partecipativo” in cui è stata coinvolta la città, c’è chi ha proposto di chiuderla per il tempo del cantiere, e di trasferire bambini e insegnanti in un’altra struttura. Ma non si sa quale.

Per l’assessore Bosi i vantaggi dell’operazione superano di gran lunga i disagi. E l’impatto sarà ridimensionato rispetto a prima, perché la volumetria esterna non aumenterà. Si avrà più spazio perché si utilizzeranno gli spazi sotto le gradinate. E la Soprintendenza? «Ha posto il vincolo sull’Arco monumentale d’ingresso — risponde Bosi — ma quello non è in discussione. Ai tifosi piace, è già previsto che sia mantenuto». Mentre saranno sacrificate le attuali torri-faro, il cui impatto estetico è stato criticato dallo studio di fattibilità. Sono alte 40 metri, hanno 250 punti di illuminazione, sono obsolete per consumi e inquinamento. In più, sarà costruito un parcheggio interrato per 160 posti, necessità standard per i parametri del calcio europeo.

In una realtà dimensionata come un città di provincia, molte delle obiezioni hanno un carattere locale e di quartiere, dove si scontrano esigenze e preoccupazioni dei residenti, con la volontà — qualche volta ambiziosa e sovradimensionata — degli amministratori. È davvero una necessità per Parma, la città delle chiese romaniche, del Battistero in marmo rosa, del Duomo affrescato dal Correggio, delle opere di Benedetto Antelami (architetto e scultore del XII e XIII secolo, epoca che ci ha tramandato pochissimi nomi), avere uno stadio per inseguire ambizioni di una serie A? Un campionato che — per forza — è un mondo ristretto, dove i soci fissi sono le grandi città, alcune delle quali con più di una squadra? Naturalmente poter costruire uno stadio a spese di altri è una tentazione. Ma tra novant’anni (o per ipotesi tra sessanta, se si ottiene la “riduzione significativa”) lo stadio nuovo potrebbe essere riconsegnato già vecchio.

Se Anna Kauber — presidente del “Comitato Tardini Sostenibile” — non si è fatta intimorire da una lettera minatoria che la minacciava di morte, il tema che questa operazione finanziaria — colossale per una realtà come Parma — possa essere suscettibile di infiltrazioni criminali è, purtroppo, nelle cose. Franco Gigliotti (solo omonimo dello scrittore), uno degli imprenditori che contribuì sia pure in parte non molto più che simbolica (con un assegno di 15mila euro) alla rinascita del club di calcio dopo l’ultimo fallimento, è già stato condannato (non in via definitiva) per concorso in associazione mafiosa. Questo non dimostra nulla, perché il problema è sull’affare della ricostruzione, non sulle intenzioni di entrare nella cerchia dell’imprenditoria locale. L’impianto attuale è a bilancio per un valore di 55 milioni; la spesa prevista per il nuovo era di quasi 94 milioni, ma sarò ridimensionata almeno nella previsione iniziale. Per rientrare nei costi, la società proponente ha valutato di dover giocare in serie A (quindi, con maggiori incassi) per 78 anni su 88 della concessione richiesta (perché gli altri due anni per arrivare a 90 sono previsti per la demolizione e costruzione). Un’ambizione forse un po’ avventata per una società che otto anni fa è ripartita dalla serie D. Certo in campo non ci andranno i costruttori. E davvero serviranno solo due anni per edificare il nuovo Tardini?

Il fronte della polemica sembra diviso su quasi tutto. Perfino sulle biciclette. «I parmigiani allo stadio in macchina non ci vanno, il giorno della partita è un’invasione di biciclette — sostiene Bosi —. Il problema dell’accesso delle macchine al quartiere è prevalentemente di sicurezza». La replica di Anna Kauber: «Ma quali biciclette. Da tutti i paesi della provincia, per raggiungere lo stadio, mica si arriva in bicicletta». In uno studio di qualche tempo fa il Comune valutò il maggior impatto di traffico in seimila automobili. Gli imprenditori locali temono che un braccio di ferro scoraggi Krause, che sta impegnandosi economicamente. Krause ha comprato la società nel settembre del 2020, e non ha perso tempo, presentando il progetto per il nuovo Tardini nel maggio del 2021. Prosegue gli investimenti sul territorio in attesa del via libera per iniziare i lavori, ma non è detto che si scoraggi se questa operazione non andasse in porto. «Il nuovo stadio — avverte Kauber — rappresenta un processo irreversibile di trasformazione della città. Parliamo di tessuti urbanistici che vengono massacrati di fronte alla finanza privata. Il tema che emerge è questo, ed è un tema per tutti. Non solo per Parma». — (2. fine; la prima parte è stata pubblicata ieri) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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