2/ C’è spazio a sinistra. Redistribuire il reddito, la necessità che si preferisce ignorare
Perfino il “Financial Times” riconosce la necessità storica di redistribuire i redditi a scapito dei patrimoni più ricchi. Perché la sinistra italiana si perde in tante proposte, e non mette in cima alla sua agenda il rilancio dello Stato Sociale e dei diritti fondamentali della Costituzione, cercando le risorse dove ce ne sono di più? Ecco qual è la trappola in cui si è infilata la nostra sinistra
L’analisi di GUIDO ORTONA, economista
LA SINISTRA MANCA al suo compito fondamentale di promozione di un partito unitario. Mi pare che i militanti e i dirigenti della sinistra non insistano a sufficienza sulla necessità di un partito unitario di sinistra che sia più di una provvisoria alleanza elettorale. Mi pare anzi che in generale non riconoscano nemmeno la necessità della sua esistenza. Analogamente, mi pare che non si rendano nemmeno conto della necessità di proporre il più unitariamente possibile un programma che sia chiaro, serio, praticabile e tale da unificare le esigenze specifiche dei diversi gruppi di sfruttati ed emarginati. Faccio l’esempio di Unione Popolare, un partito in cui operano dirigenti e militanti che stimo molto, ma che proprio per questo ritengo che sia utile sottoporre a un giudizio critico (criticare la cosiddetta sinistra del Pd sarebbe oggi – forse non domani – un’inutile perdita di tempo). Esiste una bozza di Manifesto di Up, priva di contenuti che non siano di principio; ed esiste un Programma che contiene 120 punti, e che come tale si presta assai poco a essere recepito da una vasta opinione pubblica, dato che è difficile per essa individuare quali sono i punti fondamentali senza una previa scrematura che deve essere effettuata dal partito. La cosa è tanto più strana, ed irritante, in quanto è ovvio, e sotto gli occhi di tutti, quale deve essere il punto fondamentale, eventualmente l’unico, di questo programma, e cioè il rilancio dello Stato Sociale e dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione mediante un’opportuna redistribuzione a scapito dei redditi e dei patrimoni più elevati (basterebbe poco: si può stimare che la spesa per il reddito di cittadinanza fosse meno dell’1,5 per mille della sola ricchezza del 10% più ricco della popolazione italiana). Dico “irritante” perché è appunto irritante constatare che mentre a livello mondiale. Da Piketty fino al Financial Times, viene riconosciuta la necessità storica di una redistribuzione siffatta, la sinistra italiana trascura, o almeno trascura di mettere al centro della sua proposta, questa questione fondamentale: che non è dove prendere le risorse per il necessario rilancio dello Stato Sociale, ma a chi prenderle, nonostante che questa questione sia stata sempre alla base delle rivendicazioni della sinistra di classe. Ora, formulare proposte serie su come attuare questa redistribuzione non è semplice, richiede capacità di elaborazione e conoscenza del funzionamento dei meccanismi dell’economia. C’è evidentemente un circolo vizioso: in assenza di un programma politico serio non può nascere un partito politico serio, ma senza un partito politico serio è difficile che la sinistra possa proporre un programma politico serio. Perché la sinistra è prigioniera di questa trappola?
La risposta più giusta a questa domanda da parte mia sarebbe “non so”. Si tratta di un fenomeno comune a gran parte del mondo capitalista (non tutto), quindi deve avere delle radici strutturali profonde; aspetto che qualche politologo o sociologo serio si decida a studiare seriamente il fenomeno. Cercherò comunque di dare qualche suggerimento, perché nell’ambito del ragionamento di questo articolo il problema non può essere eluso. Come dovrebbe fare qualsiasi studioso, sono disposto a cambiare la mia opinione in presenza di analisi valide che la smentiscano.
Penso che la spiegazione vada cercata nella natura dei militanti di sinistra. Ce ne sono – semplificando molto – di tre tipi; più gli opportunisti, i voltagabbana ecc., di cui non mi occupo (probabilmente contano qualcosa, ma sarebbe troppo comodo dare a loro tutta la colpa. E d’altra parte di questi tempi ben difficilmente un filibustiere intelligente sceglierebbe di militare a sinistra).
Il primo tipo di militante sono i militanti di base, quelli che riempiono (giustamente) le piazze. Lo fanno (meglio, lo facciamo) per il (giusto) sdegno nei confronti delle politiche di destra, e per la (giusta) esigenza di fare qualcosa. È evidente che non è a questi militanti, o meglio a questo livello di militanza, che si può chiedere che si formi un partito. Si potrà e dovrà chiedere la loro adesione alla politica del partito unito della sinistra, quando ci sarà. Senza di loro questo partito unitario non può nascere, ma come abbiamo visto la somma delle loro lotte non crea di per sé quel partito.
Il secondo tipo di militanti sono gli attivisti impiegati nelle istituzioni di governo locale, o in altri enti della società civile, come i sindacati “ufficiali”. Costoro sono tipicamente impegnati in un duro lavoro quotidiano, che richiede tempo e richiede compromessi, come sempre in politica. Proseguo con un esempio fittizio. Immaginiamo un consigliere o un assessore comunale o regionale che stia combattendo per ottenere che vengano stanziati più fondi per le case di riposo e meno per dei contributi per la ristrutturazione delle ville patrizie. Dovrà impegnare tutto il suo tempo e le sue capacità politiche per ottenere il consenso di forze politiche più moderate. In queste condizioni esporsi su un tema di livello nazionale di rottura e poco praticabile come una tassa sui patrimoni dei ricchi è non solo inutile ma dannoso, in quanto ostacola il raggiungimento dei compromessi che è giusto ricercare. Quindi non è nemmeno a questo livello che si può chiedere che nascano il programma e il partito.
Infine ci sono i dirigenti nazionali. Costoro provengono dalla militanza, come è giusto perché un dirigente deve essere riconosciuto dai militanti di base (quel poco che c’è) come uno dei loro. Non avranno né il tempo né una storia politica che possa indurli a dedicare tempo ed energie alla elaborazione di un programma, cosa che richiede studio e applicazione. E qui si crea un ulteriore circolo vizioso: saranno indotti a promuovere quelle attività (come la protesta di piazza) che servono alla coesione e all’estensione del movimento e quei temi abbastanza generici e indiscutibili da consentire di evitare la necessità di elaborazioni specifiche (“l’Europa dei popoli” ma non “lotta per cambiare lo statuto della Bce”); e/o a privilegiare i temi dei diritti individuali, per i quali si lotta sul terreno del conflitto ideologico, rispetto a quelli che richiedono di scendere sul terreno del conflitto sociale (la battaglia – più che giusta – per i diritti delle minoranze sessuali invece anziché in aggiunta a quella per la redistribuzione). Nemmeno a questo livello è quindi da aspettarsi una elaborazione sufficiente. Per fare un esempio, nei giorni in cui scrivo (estate 2023) è in discussione un problema fondamentale per il futuro dell’Italia (e non solo), e soprattutto degli italiani che dovrebbero costituire il popolo di sinistra, e cioè i lavoratori dipendenti e i disoccupati. Si tratta della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, e la sinistra dovrebbe mobilitare tutte le sue forze per opporsi alla sua ratifica, come suggerito dalla totalità (o quasi) degli economisti di sinistra. Ma ciò vuol dire appoggiare Meloni su un tema sul quale i militanti di base sanno pochissimo e i dirigenti poco. La tentazione di ignorare il problema è inevitabilmente molto forte. Mi permetto, fra il serio e il faceto, una coppia di riferimenti personali un po’ forzati, che prego di non prendere troppo alla lettera:
Fratoianni, persona che stimo, preferisce andare sulle barche dei migranti piuttosto che passare il suo tempo a studiare, e ciò serve a sostenere la militanza di base; Fassina, altra persona che stimo, passa buona parte del suo tempo a studiare, e il suo ruolo nella militanza a livello di base è assai scarso. — (2. segue; la prima parte è stata pubblicata mercoledì 13 settembre 2023)
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Questo articolo è pubblicato anche su “Volere la luna”