1/ Il lavoro che c’è e l’agricoltura che cambia. La storia di Matteo, langarolo astemio (pentito)
Incerto se studiare agraria o veterinaria e ifluenzato da un vecchio zio «che aveva studiato», il figlio di agricoltori langaroli cerca una cura per la muffa grigia, una malattia causata da un fungo (Botrytis cinerea) che colpisce diverse colture e in modo particolare la vite. Un vero e proprio flagello per i viticoltori delle Langhe negli anni Settanta. Gli studi procedono bene e riceve interessanti proposte di lavoro da un’azienda dell’agrochimica. Ma Matteo non vuole allontanarsi da casa per vivere in una grande città. Si inventa una soluzione lavorativa arrischiata: insegnare nella scuola superiore e fare ricerca sul campo in collaborazione con l’Università. Svolge più di dieci corsi universitari a contratto e amplia il suo campo di azione, affiancando gli agricoltori con strumenti sempre più sofisticati: analisi spettrali degli appezzamenti, macchine a guida autonoma, valutazione satellitare dello stress idrico e altro ancora. La chiave del suo successo è aver potuto lavorare in modo indipendente, rimanendo a vivere nella sua terra, lavorando in prevalenza all’aperto
◆ La storia di MARIA LODOVICA GULLINO, tratta dal saggio “Il lavoro che c’è” pubblicato da Espress *
«Se volete dare una mano a costruire il pane e il mondo di domani, ascoltate la voce dei tanti che zappano (in senso alto) con nuova verve, curiosità e cultura: vivono la vita con arte e mestiere. Questo libro testimonia la loro storia» (Dalla prefazione di Antonio Pascale)
► Matteo è figlio di agricoltori langaroli e sceglie di studiare Scienze Agrarie a Torino, laureandosi nel 1982. Al termine delle superiori ha un momento di incertezza tra Agraria e Veterinaria. Oggi è felice della scelta fatta, perché considera il percorso di studi effettuato più adatto a fornire prospettive lavorative più ampie. Matteo ha le idee chiare fin dall’inizio, influenzato da un vecchio zio «che aveva studiato» e che gli affida una missione: trovare una cura per la muffa grigia, una malattia causata da un fungo (Botrytis cinerea) che colpisce diverse colture e in modo particolare la vite, che ovviamente è di grande interesse per un «langhetto». Negli anni Settanta la muffa grigia rappresentava un flagello vero e proprio per la vite, e sulla lotta a questa malattia Matteo svolge la tesi di laurea.
Subito dopo la laurea le proposte di lavoro per Matteo non mancano: tra le altre una interessante offerta da parte di una importante azienda agrochimica, interessata all’ottimo lavoro svolto durante la tesi. Ma Matteo non ha intenzione di lasciare le Langhe per trasferirsi in una grande città. Non riesce a immaginare la sua vita a Milano; le sue radici sono nella sua terra. E, per non abbandonare le Langhe, da subito Matteo fa una scelta che potrebbe sembrare originale, ma che si rivela vincente, sdoppiandosi in due lavori: insegnante nella scuola superiore e ricercatore di campo in collaborazione con l’Università. Nei primi anni Matteo si concentra sul campo vitivinicolo, occupandosi di difesa della vite dagli attacchi dei più importanti parassiti. Collabora inoltre con un cugino, esperto enologo, affinando e ampliando così le sue competenze.
Nei primi anni Matteo, mentre insegna, con l’attività professionale si occupa soprattutto di difesa sostenibile delle piante: vite anzitutto, a cui poi affianca nocciolo e altre colture da frutto. La sua esperienza pratica, la vicinanza al mondo produttivo e la presenza costante sul territorio gli permettono di rappresentare un ottimo supporto per le attività di ricerca e questa sua collaborazione con il mondo universitario (dove tiene per più di 10 anni corsi a contratto) gli garantisce un continuo aggiornamento professionale e un naturale allargamento delle relazioni professionali. L’attività professionale di Matteo va di pari passo con l’evoluzione del comparto di cui si occupa. Continuando a studiare e a aggiornarsi, Matteo ha ampliato notevolmente il suo campo di azione, affiancando gli agricoltori con strumenti sempre più sofisticati: analisi spettrali degli appezzamenti, macchine a guida autonoma, valutazione satellitare dello stress idrico e altro ancora.
La sua competenza e autorevolezza in campo vitivinicolo e corilicolo (del nocciolo) lo hanno portato a lavorare in tutta Italia e all’estero: Bulgaria, Turchia, Giappone sono i paesi che frequenta regolarmente. Con il lavoro di insegnate e agronomo Matteo ha contribuito a soddisfare non pochi degli obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030: 4,6,12,13 e 15 come insegnante e agronomo; 11 e 17 con il lavoro svolto degli ultimi anni dedicandosi alla valutazione della sostenibilità delle produzioni. A questo punto, credo sia superfluo ricordare che Matteo si sente profondamente realizzato dal suo lavoro, che non cambierebbe per nulla al mondo. Forse, pensa oggi, avrebbe potuto prendere alcune decisioni più velocemente. Ma, aggiunge, i risultati sono comunque arrivati. Quando si confronta con i suoi compagni di liceo (medici, avvocati, commercialisti) nota che molti hanno avuto un maggior successo economico, ma ritiene importante il fatto di avere sempre potuto lavorare in modo indipendente. Non è indifferente, per Matteo, il fatto di essere rimasto a vivere nella sua terra, lavorando in prevalenza all’aperto.
Quali i consigli di Matteo ai giovani? Sentiamolo direttamente: «Non smettere mai di studiare. Oggi gli agricoltori sono preparati e hanno a disposizione molte informazioni. Chi vorrebbe mai un consulente che ne sa meno di lui? Ascoltare sempre i consigli di chi ha più esperienza, ma poi mettere insieme «i pezzi che servono» e prendere le decisioni in autonomia. Imparare a lavorare in team, anche (o soprattutto) con persone di formazione e provenienza diverse. Avere il coraggio di rivedere le proprie convinzioni. Non sempre siamo i depositari della verità. Questo non significa non avere autostima e consapevolezza di sé, ma con moderazione». Oggi, Matteo che a suo tempo a Milano non ci volle andare, consiglia di «non rimanere ancorati al paesello, ma di avere il coraggio di ‘andare fuori’ per fare esperienze».
Per finire, una curiosità: da studente Matteo era astemio, o quasi. Una sorta di peccato mortale per un langarolo che opera nel settore vitivinicolo! Ebbene, Matteo si è convertito, tanto da diventare docente dell’Associazione Italiana Sommelier e da contribuire alla revisione dei testi dei loro corsi. Mai dire mai…
(*) Si ringrazia vivamente “Espress edizioni” (Capricorno Express Edizioni Srl)