[L'intervista] Via agli Stati generali dell’editoria: "Gli scandali romani non facciano naufragare una grande occasione"
"Sono tre i rischi da evitare". Il professor Ruben Razzante, docente di Diritto dell'informazione all'Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, esperto di media e comunicazione, è stato il primo in Italia a porre tale esigenza. In questa intervista ci aiuta a fare il punto sulle delicate problematiche dell’informazione e a capire quale dovrebbe essere lo scopo finale dell'iniziativa
Il 25 marzo prendono il via gli Stati generali dell’editoria convocati dal sottosegretario con delega al settore Vito Crimi (M5S). Si tratta di un momento fondamentale per far luce sui problemi dell'informazione e trovare soluzioni. Ma quali scenari si prospettano e perché l’appuntamento è importantissimo per chi produce informazione o la distribuisce? Abbiamo voluto parlarne con Ruben Razzante luminare della materia, docente di Diritto dell’informazione e della comunicazione all'Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma e autore di saggi preziosi (è in uscita per altro ad aprile l’ottava edizione del suo fortunato Manuale sulla materia). Il suo parere è importante anche perché è stato il primo a proporre un tavolo di concertazione permanente sulla tematica. Quando era premier Gentiloni invitò il governo ad attivarsi e di recente ha scritto alcuni editoriali sui principali giornali nazionali per sollecitare la convocazione di tali Stati generali. Le sue posizioni furono anche oggetto di un'altra interessante intervista che Tiscali gli fece l'anno scorso (guarda il VIDEO).
Professore come sta attualmente l’informazione in Italia?
“La risposta non può che essere articolata perché i nodi da sciogliere sono tanti e i temi da discutere molteplici. Si può innanzitutto dire che nelle diete mediatiche degli italiani la Rete ha un ruolo sempre maggiore, ma al contempo è dimostrato che i media tradizionali vengono ancora scelti da una quantità rilevante di cittadini. Questo fa ben sperare in termini di pluralismo dei mezzi, e fa capire quanto il contesto nel nostro Paese sia multimediale. Ci sono ancora delle oasi felici che riguardano l’editoria cartacea (poche ma ci sono) e permangono livelli elevati di pubblico televisivo. Detto questo, la sfida dei prossimi anni è quella di integrare ancora di più la Rete con gli altri strumenti, di mettere ordine in una filiera di produzione e distribuzione delle notizie sempre più caotica, anche perché non ci sono regole chiare che disciplinino il ruolo dei cosiddetti colossi del Web”.
Per il 25 marzo il sottosegretario con delega Crimi ha convocato gli Stati Generali dell’editoria. Lei è la persona più indicata a parlarne perché è stato il primo a proporli. Anche durante una intervista a Tiscali di qualche tempo fa accennò a tale necessità. Quanto è importante questa iniziativa?
“Mi fa piacere che lei abbia avuto la sensibilità di attribuirmi questo, perché già due anni fa, all’epoca del governo Gentiloni, invocai la costituzione di un Tavolo di consultazione permanente con tutti quegli attori che partecipano alla elaborazione e distribuzione delle notizie. Mi era chiaro infatti che soltanto in una ottica concertativa si sarebbero potuti affrontare tutti i problemi che attanagliano l’editoria. Ne parlai di nuovo sei mesi fa e invocai gli Stati generali dell’editoria proprio nei giorni in cui il vice premier Luigi Di Maio, a seguito dell’assoluzione del sindaco di Roma Virginia Raggi, accusò in modo scomposto la classe giornalistica italiana. In quel momento ravvisai gli elementi propizi per poter rilanciare la battaglia degli Stati generali. Il mio appello cadde però nel vuoto. Nelle settimane scorse tuttavia, con un comunicato, il sottosegretario Vito Crimi ha annunciato la convocazione di tali Stati generali che ritengo passaggio fondamentale per riequilibrare la filiera. Per rimettere ordine sul piano delle regole riguardo agli operatori dell’informazione e della comunicazione. Per fare in modo che si generi un gioco a somma positiva in cui tutti guadagnano e risultano remunerati per l’apporto dato alla filiera di produzione e distribuzione delle notizie”.
In quale modo si svilupperà il lavoro e quale dovrebbe essere lo scopo ultimo che questa fondamentale assise della informazione e della comunicazione dovrebbe porsi?
“La comunicazione ufficiale di Palazzo Chigi e del sottosegretario interessato parla di un processo che durerà alcuni mesi. Oggi ci sarà un incontro introduttivo, poi si costituiranno 5 tavoli di lavoro per i diversi nuclei tematici e tutte le parti verranno invitate a dire la loro (ci sarà anche una rappresentanza degli utenti). Si elaboreranno quindi entro luglio delle tesi da portare con forza all'attenzione del Parlamento a partire da settembre, attraverso proposte di legge. Un processo di per se molto ben strutturato che potrebbe dare i suoi frutti”.
Sembra avere delle riserve. Quali rischi possono esserci in questo iter?
“Ci sono tre rischi: il primo è che rimangano fuori dalla consultazione soggetti che invece potrebbero avere una grande utilità a dire la loro, perché magari sono soggetti istituzionali, aziendali e professionali dotati di autorevolezza, credibilità e competenza notevole su questi temi. Soprattutto a livello di organizzazioni di categoria vorrei che ci fosse veramente pluralismo nel coinvolgimento, evitando di ammettere solo i soliti soggetti che nell’editoria fanno il bello e il cattivo tempo da sempre, perché rischierebbero di farlo ancora, portando sempre e solo le loro esigenze. Penso anche ai tanto demonizzati colossi della Rete, che però sono decisivi per sbloccare la partita della ridefinizione dei meccanismi della filiera e che andrebbero pienamente coinvolti. Penso ai piccoli editori, già penalizzati dall'assottigliamento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione, che andrebbero ascoltati con disponibilità. Forse sarebbe stato più onesto intellettualmente da parte del Governo annunciare gli Stati generali e ammettere delle autocandidature, senza preclusioni per nessuno e con un approccio davvero aperto, inclusivo e democratico. Quello stesso approccio che i grillini dicono di applicare tra gli iscritti alla loro piattaforma privata Rousseau. Agli Stati generali ci sarà chi potrà parlare e chi potrà solo ascoltare. Almeno ci auguriamo che gli elenchi di tutti i soggetti partecipanti vengano resi noti e che ci sia la massima trasparenza dei vari contributi di pensiero, senza censure e tesi preconcette".
Il secondo?
“Il secondo rischio è invece che nel fare sintesi di tutte le molteplici proposte presentate si finisca per far prevalere le questioni ideologiche. L'informazione è un bene pubblico, di tutti, e deve rimanere al riparo da condizionamenti politici e meschini interessi di bottega. Sappiamo bene che il M5S ha posizioni molto nette su alcuni punti dell’editoria, e quindi c’è il rischio che tali posizioni prevalgano su tutte le altre, che alla fine il pluralismo sia solo di facciata, fittizio, e si finisca per decidere come fin dall’inizio avrebbero voluto i cinquestelle. L'aver deciso il taglio progressivo dei contributi indiretti all'editoria, in assenza di soluzioni alternative per assicurare la sopravvivenza delle piccole testate, non è apparso il miglior esordio possibile per questo governo. E se al termine degli Stati generali emergessero punti di vista diametralmente opposti a quelli espressi in campagna elettorale dai pentastellati in materia di editoria, che cosa succederebbe?".
Il terzo?
“Il terzo rischio è che gli scandali di queste ore, riguardanti il comune di Roma, inficino la serenità necessaria a questo confronto sull'informazione. Qualcuno in questi giorni ha parlato di tangentopoli grillina e a me sembra sinceramente eccessivo, ma va considerato che le inchieste nelle prossime settimane andranno avanti. A novembre Di Maio ha tuonato contro i giornalisti che a suo avviso avevano affrontato con faziosità i temi delicati della giunta capitolina. Alcuni eccessi voyeuristici sulla vita privata della Raggi certamente ci sono stati, ma il marcio che sta emergendo in questi giorni dimostra che forse quei giornalisti definiti da qualcuno "pennivendoli" avevano semplicemente fatto il loro lavoro. Non vorrei che anche stavolta l’incantesimo di una armonia pur sempre precaria tra politica e informazione finisse per essere compromesso dall’ultima inchiesta”.
Rischi di non poco conto.
“Mi auguro davvero che questi rischi non si materializzino, altrimenti dovremo parlare di una occasione persa”.
L'iniziativa comunque a suo avviso - pare di capire - è utile.
"Utile e costruttiva. Come dicevo io la riproposi in una fase in cui i grillini tuonavano contro la stampa e contro i giornalisti, minacciando ritorsioni e vendette per come avevano trattato le vicende giudiziarie riguardanti Virginia Raggi. L’arresto, a Roma, di Marcello De Vito, Presidente del Consiglio comunale e le vicende giudiziarie nel Movimento Cinque Stelle romano dovrebbero far riflettere seriamente i grillini sulla necessità di avere in ogni momento una stampa libera, cartacea, radiotelevisiva e digitale. Daltronde c’è da augurarsi che i giornalisti continuino con puntualità, ma senza accanimento, a raccontare quanto si sta scoprendo nella capitale. E' auspicabile, altresì, che gli Stati generali non vengano ora usati dai 5 Stelle per consumare pericolose vendette contro l’informazione di qualità, che merita sostegno e valorizzazione, anche online".
Oltre alla necessità di un marcato pluralismo servirà dunque porre anche la questione di una informazione di qualità?
“Spero si discuta anche di questo. Sono convinto che l’informazione di qualità può essere garantita solo da una informazione professionale. Non sono d’accordo che tutti possano fare i giornalisti. Credo sia necessaria una selezione che passa attraverso momenti formativi e professionali. L’Ordine dei giornalisti negli ultimi mesi ha dimostrato uno slancio in termini di autoriforma, producendo un documento sulla riforma dell'accesso alla professione, che, indipendentemente da come la si pensi, rappresenta la posizione ufficiale dell’Ordine. Mi pare opportuno che tale documento venga letto con interesse e impegno anche negli ambienti governativi. Mi piacerebbe che chi al governo si occupa di editoria dimostrasse una effettiva apertura al dialogo verso chi rappresenta i giornalisti, senza trincerarsi dietro un anti-corporativismo che ha anche delle ragioni ma che rischia di affossare l’informazione di qualità prodotta professionalmente. Se passa infatti l’idea della equiparazione tra i tutti i soggetti che fanno informazione, come se tutti possano produrla allo stesso modo, il rischio è proprio la mortificazione della informazione di qualità”.
Qui subentra il discorso della fondamentale funzione di filtro demandata al giornalista. Funzione che ha molto a che fare anche con l’informazione on line, dove spesso si ravvisano pericoli per i cittadini quanto alla corretta informazione. Senza contare i rischi legati al tipo di strumento utilizzato. Non trova?
“I filtri in Rete sono importantissimi. Il problema è la condivisione dei contenuti prodotti sul Web e sui siti sorgente. I siti sorgente mostrano spesso di essere ispirati a criteri professionali, filtrando dal punto di vista deontologico e della qualità dell’informazione i contenuti da pubblicare. Nei motori di ricerca però si riversa una quantità indistinta e indefinita di contenuti che si mischiano tra di loro. L’utente dunque nella sua navigazione si imbatte in contenuti qualitativamente validi in quanto prodotti da giornalisti professionisti o pubblicisti, vincolati al rispetto della deontologia professionale, ma anche in contenuti prodotti da avventurieri e a volte da sciacalli. Alla fine la selezione e i filtri sono affidati al sano discernimento degli utenti, che devono essere scaltri nello scansare le cosiddette fake news. E’ chiaro che si può fare molto sul piano dell’autoregolamentazione degli operatori, anche dei provider, così come sul piano della predisposizione di filtri tecnologici. Proprio in queste ore si discute di riforma del copyright e ci si prepara alla seduta decisiva del Parlamento europeo. In quella riforma uno dei nodi controversi riguarda proprio i filtri che i colossi della Rete dovrebbero apporre per evitare la violazione del diritto d’autore. Si potrebbe nel prossimo futuro ragionare anche su come implementare i filtri a proposito di fake news o comunque di notizie che non dovrebbero circolare perché disinformano”.