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Il legale dell'hotel: "Ma quale abuso edilizio, ci si concentri piuttosto sulle responsabilità di Regione e Provincia"

"I media hanno dato importanza a una questione assolutamente priva di relazione rispetto alle cause del disastro. Bisognava fare il piano neve e pulire le strade"

Ignazio Dessìdi Ignazio Dessì   
L'avvocato Liborio Romito
L'avvocato Liborio Romito

A proposito della tragica vicenda dell’Hotel Rigopiano di Farindola i media hanno tratto conclusioni affrettate e diffuso inesattezze. Per esempio che “gli amministratori della società Del Rosso Srl sarebbero stati coinvolti in un processo per abuso edilizio. Ciò non è vero, perché si trattava di un processo per presunta corruzione, avente per oggetto la delibera con la quale era stata data in concessione un’area verde sulla quale non è stato costruito alcunché”.  Va chiarito bene, altrimenti si ingenera “il sospetto che il manufatto fosse stato ristrutturato in modo abusivo e non nel rispetto delle normative”.

A spiegarlo ai microfoni di Tiscali.it è Liborio Romito, avvocato difensore di Paolo Del Rosso, nel periodo in cui era ancora amministratore, insieme al cugino Roberto, della società proprietaria del resort distrutto da una valanga, dove hanno perso la vita 29 persone.

Avvocato, dove si trovava quest’area verde rispetto all’albergo?
“Si trovava a valle della struttura, ossia sul fronte opposto rispetto a quello su cui è caduta la valanga, e serviva per allontanare la linea di confine rispetto all’area in cui pascolavano gli animali”.

L'hotel Rigopiano

(L'hotel Rigopiano)

Nella sentenza del processo per corruzione con cui il Tribunale di Pescara ha assolto gli imputati 'perché il fatto non sussiste' tuttavia  si parla effettivamente di abusi, sanati solo successivamente da una delibera del comune, quella che diventò oggetto di accusa da parte della Procura.
“Il discorso è questo: il fabbricato è stato ristrutturato, ad essere costruito ex novo è stato però il centro benessere. Durante i lavori di costruzione ex novo dell’area adibita a SPA alcuni animali entrarono dentro il cantiere, per cui fu posizionata una rete per evitare il ripetersi della cosa. A seguito di ciò fu contestata l’occupazione di suolo pubblico, ma durante il processo è stato ben spiegato che finalità avesse quella rete di cantiere. Alla stessa maniera è stato chiarito che la Del Rosso Srl, nel 2008, chiese di avere in uso quell’area proprio per evitare che il bestiame pascolasse in prossimità del centro benessere. Per il resto il pm Gennaro Varone indagò per corruzione e ci fu il processo, poi concluso con l’assoluzione definitiva perché il fatto non sussiste".

La piantina allegata alla richiesta di sanatoria

(La piantina allegata alla richiesta di sanatoria)

Dal suo punto di vista a chi vanno le responsabilità di quanto accaduto, che carenze ci sono state e quali sono le cause vere del disastro?
“I media hanno dato importanza a una questione assolutamente priva di relazione rispetto alle cause del disastro, cioè la delibera che ha concesso in uso quest’area verde dove, lo ripeto, non è stato costruito nulla. Hanno posto male la questione. Le cause vere? La Regione Abruzzo in base a una Legge regionale, la 47 del 1992, avrebbe dovuto elaborare un piano neve e indicare i siti a rischio. Fatto ciò avrebbe dovuto comunicare il piano neve alle amministrazioni locali le quali, qualora nei siti ritenuti pericolosi ci fossero già stati dei manufatti, avrebbero dovuto notificare il tutto ai proprietari di questi manufatti e poi disporre in caso di necessità l’evacuazione ed anche la chiusura durante il periodo a rischio. In questo caso durante il periodo invernale, ovvero quello in cui si possono verificare le valanghe. Tutto ciò non è stato fatto, il sito non è mai stato ritenuto a rischio. Il canalone cui si fa riferimento, poi, è un canalone dove si è formata la vegetazione, anche con alberi centenari, e questo a riprova del fatto che in precedenza non c’era mai stata alcuna frana o valanga”.

Il rischio è stato sottovalutato?
“Ritengo che il rischio non sia stato valutato affatto dagli organismi preposti”.

Oltre ciò?
“C’è una ulteriore concausa: la strada provinciale che collega Rigopiano con il paese di Farindola che si trova a valle, non è stata mai correttamente manutenuta, nel senso che quando nevica nessuno pulisce e rimuove prontamente la neve. Quindi come era successo in passato, il 18 gennaio gli ospiti dell’albergo sono rimasti isolati. Se la strada fosse stata pulita dalla neve gli ospiti, anche in presenza delle scosse di terremoto, sarebbero prontamente andati via”.

Il resort dopo la valanga

(Il resort sotto la valanga)

L’albergo non aveva un mezzo suo per cercare di liberare la strada, una piccola turbina?
“Non ce l’ha l’amministrazione comunale figuriamoci se poteva averla l’albergo. Parliamo di mezzi estremamente costosi, e credo occorra una particolare patente per la loro guida. Non sono mezzi che possono guidare tutti quanti , almeno non uno spazzaneve munito di turbina”.

Chi doveva fare la pulizia della strada?
“Si tratta di una strada provinciale per cui la provincia di Pescara avrebbe dovuto correttamente tenerla pulita, ma non dopo che si era accumulata tutta quella quantità di neve bensì durante le nevicate, come succede nelle regioni settentrionali, dove quando nevica entrano in azione gli spazzaneve e liberano le strade. Del resto, dopo che si deposita tantissima neve, anche lo spazzaneve può avere difficoltà a pulire subito la strada. Tali mezzi devono passare mentre nevica in modo da liberare man mano la strada. E in questo caso non è successo”.

A determinare la tragedia del Rigopiano può aver influito la concomitanza di tanti accadimenti straordinari come il terremoto e le eccezionali nevicate?
“Credo ci siano state delle concause. L’eccessiva quantità di neve caduta in così breve tempo, le scosse di terremoto che probabilmente hanno causato un distacco tra il manto nevoso e il terreno. E’ anche possibile ci sia stata una frana al di sotto della neve, cosa che potrà essere accertata quando questa si sarà sciolta. Il discorso è che le valanghe accadono. Quindi la Regione Abruzzo – al di là di quello che è successo al Rigopiano - avrebbe dovuto avere un piano neve e indicare la situazione di pericolo, delegando le amministrazioni comunali a provvedere sul territorio in maniera capillare”.

 

Ignazio Dessìdi Ignazio Dessì   

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