[L'intervista] “Vi svelo il punto forte di Di Maio e perché Salvini piace agli italiani. Alta tensione tra M5S e Lega ma il governo non cadrà: ecco perché”
Nicola Porro: "Ho avuto in trasmissione il leader pentastellato e quello del Carroccio: la mia impressione. Questa non è una manovra espansiva, è manovra assistenziale. Il M5S si è trovato bene all’opposizione, ma ora deve governare. Pd: ora rinfacciano a Renzi gli errori, prima tutti erano renziani. La Lega ha successo perché all’Italia piace la destra. Il vero problema di questo Paese è che si occupa di dettagli e non capisce che siamo in mezzo a una rivoluzione incredibile”
Il suo nuovo programma si chiama Quarta Repubblica ed è uno dei punti di forza della Rete 4 del nuovo corso. Nessuna allusione però alla probabile fine della terza Repubblica, dopo il tramonto di prima e seconda. Non di questo si tratta ma di un “motivo più banale: Semplicemente il programma sta su Rete 4” ed è un tributo a ciò. Nessun significato di tipo politico, come si tende a ipotizzare. Nicola Porro, noto giornalista e conduttore televisivo, è fatto così. Abituato a rispondere con franchezza, ad essere schietto e coerente con la verità e le proprie idee, a non fare sconti a nessuno. Si può essere d'accordo o meno con il suo punto di vista ma questo bisogna riconoscerglielo. E l’attualità politica per lui è un piatto ghiotto. Induce a commenti fulminanti nonostante sia appena sceso da un aereo. Così una semplice chiacchierata può diventare l’occasione per toccare temi importanti del contesto italiano. Partendo magari da qualche considerazione spicciola per arrivare all’essenza ultima di un Paese stretto tra la necessità di far quadrare i conti pubblici e di avviare crescita e occupazione, di un mondo che cambia e ci trascina nel suo vortice globalizzante. Di un governo impegnato a dimostrare che le promesse fatte in campagna elettorale possono in tutto o in parte concretizzarsi.
Nicola, questo governo gialloverde sembra vivere un momento di estrema tensione. Basta pensare agli ultimi fatti e in particolare alla Tap cui il M5S dice si mentre alla Tav dice no. A questo proposito ci sono per altro differenze di vedute all’interno dello stesso schieramento pentastellato e attriti con la Lega che ha interessi a volte distanti. Esiste anche un dissidio sul decreto sicurezza voluto da Salvini sul quale una decina di parlamentari pentastellati minacciano di votare no. Insomma i motivi di contrasto non mancano. Si odono degli scricchiolii. A tuo avviso M5S e Lega riusciranno a trovare una composizione e far durare l’esecutivo?
“Lo capiremo in realtà soltanto dopo le elezioni europee. Con esse potrebbero cambiare i pesi all’interno dell'esecutivo, evidenziarsi le condizioni per la creazione di un nuovo equilibrio in caso di crisi di governo. Da considerare inoltre che gran parte degli eletti del M5S non potranno ripresentarsi alle prossime elezioni politiche e questo potrebbe rappresentare un elemento capace di renderli più tolleranti verso posizioni oggi divergenti”.
Molti osservatori fanno notare che fare opposizione è più facile che governare, e si riferiscono in particolare al M5S. D’altra parte si mette in risalto che l’esecutivo Conte è comunque frutto della volontà dei cittadini, stanchi di un certo tipo di establishment e di un certo tipo di politiche, e che i sondaggi testimoniano come questa predilezione continui.
“Effettivamente i sondaggi dicono che la luna di miele sta durando più dei cento giorni indicati. Certo, governare è davvero più difficile del fare opposizione, e l’opposizione del M5S in questi anni è stata totalmente antagonista. Contro l’establishment, appunto. Ma quando si diventa establishment l’esercizio di quell’antagonismo purtroppo non è più possibile. A quel punto vanno fatte scelte precise”.
Con la legge di Bilancio e gli allegati sono ai nastri di partenza il reddito di cittadinanza e le pensioni di cittadinanza, cari al M5S. Contengono tuttavia dei paletti che ne limitano la portata originaria. Anche Quota 100 per le pensioni, caposaldo del Carroccio, dovrebbe essere pronta al varo. Ma anche in questo caso alcuni tasselli ridimensionano le intenzioni originarie. Si può parlare a questo proposito di rispetto dell’accordo oppure si tratta di un rimescolamento delle carte a danno delle attese dei rispettivi elettorati?
“C’è un rispetto dell’accordo, ma ognuno dei due schieramenti di governo ha dovuto fare dei compromessi. I cinquestelle rispettano la promessa del reddito di cittadinanza, che è alla fine solo un sussidio di disoccupazione, un grande spreco assistenziale da campagna elettorale, ma non sono riusciti a mantenere appieno l’altra loro promessa del no assoluto alle grandi infrastrutture. Salvini invece ha cercato di rispettare appieno la promessa (a costo zero) della durezza nei confronti dell’immigrazione, e poi Quota 100, anche se scopriamo essere in verità Quota almeno 100. Non è riuscito però a rispettare minimamente la promessa della Flat tax”.
Questo può essere considerato grave da una parte dell’elettorato leghista.
“Chiunque governa deve fare i conti con il possibile, non con i sogni. Quando governi è normale non riuscire a fare tutto quello che si è promesso, e sono sufficientemente anziano da sapere che tali cose avvengono in tutti i governi”.
Quando si tratta di fare politiche espansive – si sostiene - è giusto fare manovre in deficit come ha fatto il governo. Condividi la manovra gialloverde?
“Non condivido prima di tutto la premessa: questa non è una manovra espansiva, è una manovra assistenziale. Non ha nulla di espansivo se non per il debito pubblico. Nulla di essa mi induce a pensare che possa creare posti di lavoro”.
Quindi quanto detto da Di Maio, che il Pil si riprenderà come la felicità dei cittadini, cos’è, una boutade?
“Più che una boutade risulterà una presa in giro, come quando dicevano che non avrebbero fatto la TAP in Puglia. Temo sappiano già che questo non avverrà mai, ma continuano a dirlo”.
I vincoli dell’Europa a volte impediscono di avviarsi sulla strada dello sviluppo. Nel M5S ed anche nella Lega non manca chi parla di poteri finanziari che per realizzare i loro interessi impediscono ai governi di fare le loro scelte.
“Sciocchezze. Non si può fare di tutte le erbe un fascio: una cosa sono i mercati e un’altra i commissari europei. I commissari europei sono in campagna elettorale e cercano di condizionare questo governo. Tutto vero. I mercati però non sono in campagna elettorale: i mercati pensano soltanto a far soldi, come sempre, e da sempre. Tutt’e due fanno gli affari loro, solo che i mercati lo fanno per far denaro e gli altri per essere eletti, questa è la differenza. Mettere insieme le due cose non ha senso”.
Ma quest’Europa è da cambiare, sì o no?
“Si, così com’è è da cambiare. Siamo però artefici del nostro destino. Fino a poco tempo fa pensavamo a questa Europa come la salvezza, e fino al ’92 o ’93 si stigmatizzava chi era contro di essa. Berlusconi era contro l’Europa, Martino era contro l’Europa. Loro ed altri venivano tacciati di essere euroscettici, di non volere l’ingresso nell’euro. Prima se la sono presa contro di loro e adesso gli stessi che ci hanno fatto commettere l'errore ci spiegano che l’Europa non funziona. C’è da ridere, mi sembra una cosa un po’ ridicola. Detto questo, uno come Romano Prodi però una cosa giusta la dice, e cioè che non possiamo pensare di chiuderci dentro i nostri confini. Non riusciremo più a farlo”.
La sinistra, e non solo quella italiana, è in crisi. Crisi di contenuti, di valori o cosa?
“La crisi della sinistra mi interessa quanto il sesso degli angeli”
Provo a girartela così: cosa ha sbagliato il Pd nei confronti del proprio elettorato? Ha reciso il cordone ombelicale che lo legava alla base? Ha fatto scelte non più di sinistra?
“Voglio dire questo: tanti apparenti fenomeni ci raccontano perché è andato male questo o quel partito, io vorrei vedere questi fenomeni alla guida di quei partiti per valutare cosa sanno fare. Per il resto credo sia come spiegare a un falegname perché ha sbagliato la libreria. Non so perché l’ha sbagliata, conta solo che la libreria fa schifo. I risultati non ci sono e dunque nel Pd avranno senz’altro sbagliato cose rilevanti. In definitiva l’argomento mi appassiona poco”.
Quindi è inutile chiederti cosa ha sbagliato Renzi. La reazione immagino sia la stessa.
“C’è una cosa che mi dà l’orticaria: che tutti ora fanno i maestrini di Renzi, ma quando era al 40 per cento alle Europee tutti erano renziani. Oggi tutti sono pronti a spiegargli cosa ha sbagliato. Per quanto mi riguarda potrei dire che ha sbagliato, per esempio, ad avermi fatto fuori dalla Rai. Per il resto sono affari suoi”.
Il Pd si sta muovendo per trovare un nuovo leader, c’è chi parla di Minniti e chi di Zingaretti. Tu vedi in giro qualche altra figura all’altezza?
“Sono talmente pieni di problemi che è difficile dire qualcosa. Io vedo prima di tutto una molteplicità di Pd: il Pd di Minniti e quello di Del Rio, il Pd di Renzi e quello di Boccia o Zingaretti, quello di Veltroni e quello degli ex D’Alema e Bersani. E allora cos’è il Pd? Non lo so, non riesco a capirlo. E’ il partito di Del Rio che voleva aprire i porti ai disperati della immigrazione o quello di Minniti che sostanzialmente bastonava l’immigrazione? Ripeto: non lo so”.
Impossibile non parlare di Berlusconi e di Forza Italia. Hanno un futuro? Di recente l’ex Cavaliere ha invitato la Lega a tornare sulla retta via, ai programmi scritti insieme. In pratica ad abbandonare il M5S. Accadrà?
“Molto difficile che un partito relegato in questo momento a inseguire nei sondaggi, nei consensi degli elettori, possa chiedere alla Lega di fare qualche cosa. E’ come se Fini a suo tempo avesse avuto il potere di chiedere a Berlusconi di fare qualche cosa”.
Perché la Lega, un partito tradizionalmente orientato a destra, ha tanto successo?
“Perché questo è un Paese cui i partiti di destra sono sempre piaciuti. Quando Forza Italia è diventato un partito che non si capiva più cosa fosse ha perso consensi. E continua a perderne. Quando un partito è orientato a destra in questo nostro Paese raccoglie sempre, e poi oggi il vento soffia in quella direzione. In ogni caso la collocazione è importante. Quando assumi una certa identità finisci col prendere un pezzo di campo, un partito che non prende un pezzo di campo, invece, non è riconoscibile e ne paga le conseguenze”.
Nel tuo fortunato programma Quarta Repubblica passano politici influenti. Non mi permetto di chiederti se qualcuno ti ha colpito in modo particolare, ti posso però chiedere se in linea generale consideri all’altezza la classe politica che abbiamo in questo momento?
“Se mi posso permettere invece rispondo tranquillamente alla prima domanda. Ho avuto ospite Luigi Di Maio in trasmissione e l’ho molto incalzato. Appena si è seduto gli ho detto che non condividevo per niente il reddito di cittadinanza, ho fatto cioè una manifestazione del mio pensiero non da conduttore asettico ma da conduttore partecipe, e dopo questo mio disclosure ho trovato Di Maio molto ma molto efficace. Salvini è anche lui efficace ma batte su un tasto che rischia col tempo di essere oltremodo conosciuto. L’efficacia potrebbe dunque scemare perché quanto lui dice tutti se lo aspettano. Ho trovato invece Di Maio, da un punto di vista televisivo e tecnico molto, molto, sul pezzo”.
Il fascino dell’enfant prodige?
“Il mio non è un giudizio di valore sul suo programma, ma sulla sua capacità e presenza televisiva. Televisivamente si è dimostrato davvero molto bravo”.
Qual è il rischio più grosso che vedi in questo momento per l’Italia? C’è chi paventa perfino il pericolo di rigurgiti fascisti.
“Il vero problema di questo Paese è che si occupa dei dettagli, dei piccoli aspetti, e non capisce che siamo in mezzo a una rivoluzione talmente incredibile del mondo produttivo per cui tutte le cose di cui ci stiamo occupando in questo momento sono peanuts, sono noccioline. Il tema fondamentale è che stiamo ad occuparci dell’euro, dell’Europa, del reddito di cittadinanza, delle pensioni sociali, tutte cose – lo comprendo – fondamentali in queste condizioni straordinarie, ma non ci rendiamo conto che l’Italia è sempre più, e sempre più diventerà, marginale all’interno di un mondo in cui prima l’Europa e a seguire l’Italia stanno perdendo il loro status. Questo è il vero problema. Noi siamo fortunati perché siamo nati nella frazione di pianeta più felice. Temo però che tra un po’ di anni, in modo molto rapido, le cose cambieranno”.
Ma è inevitabile o si può fare qualcosa?
“Io non credo a nulla di inevitabile, non credo all’ineluttabilità di nulla, se non della morte, e dunque ci si può sicuramente adoperare in merito. Ma se pensiamo che mandare 100 persone in pensione significhi mettere 100 persone al lavoro, se qualcuno pensa che i prossimi lavori devono essere a tempo indeterminato grazie al decreto dignità, e se questo Paese pensa che il tema sia quello di aumentare il ruolo dello Stato per fare welfare non capendo che abbiamo pressioni migratorie per cui lo stato sociale verrebbe spazzato via anche se avessimo il 100 per cento di tasse, sbagliamo di grosso. La verità è che non riusciamo a inserirci nello spirito della storia, per usare parole importanti. Allo stato invece questo è un Paese da cui migliaia e migliaia di persone che contano e pensano, spesso giovani, se ne sono già andate”