Referendum trivelle, Nomisma: "E' un accanimento dell'ambientalismo radicale, abbandonare il petrolio è un errore"
Davide Tabarelli spiega a tiscali.it che la consultazione è "poco importante". "Votare no per salvare l'estrazione di gas metano"
Un referendum "inutile" e comunque "poco importante" quello sulla vita delle piattaforme per la ricerca di petrolio e gas entro le 12 miglia dalla costa. A dirlo è Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, società di ricerca nel campo dell'ambiente e dell'energia, tra cui il petrolio. Per queste materie, è stato più volte in passato consulente del ministero dell'Industria e dell'Ambiente e di commissioni ministeriali. "La maggior parte dei miei ragazzi voterà sì", premette, forse per avvalorare le sue convinzioni. Che appaiono subito granitiche. "Io voterò no per tre ragioni: la prima é che si tratta di un referendum già ampiamente vinto dagli ambientalisti: l'Italia ha rinunciato da tempo alla sua politica petrolifera".
Ci spieghi meglio.
"Il nostro è l'unico Paese al mondo dove dal 2010 è vietato perforare entro le 12 miglia dalla costa. Però importiamo 110-120 milioni di tonnellate di gas e petrolio che consumiamo ogni anno. E terza ragione è che per l'ambiente si va a ridurre la produzione di gas, che invece fa molto ambiente: il gas è la fonte più pulita tra quelle fossili, importante nel periodo di transizione da qui alla loro fine. Ed è un'industria che fa molta ricerca proprio per l'ambiente. Le piattaforme servono per monitorare il mare, per vigilare sugli stessi impianti".
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Sembra appurato che a fronte di riserve petrolifere nazionali trascurabili ci sono alti rischi ambientali. E le inchieste in corso provano l'inquinamento intorno alle piattaforme.
"Ma ormai è limitato tutto, l'attività estrattiva è marginale. E' un accanimento dell'ambientalismo radicale. Le statistiche dicono altre cose: negli ultimi venti anni non abbiamo avuto incidenti rilevanti, ne accade uno su 100 mila di queste piattaforme, sono dei rischi ancora più bassi perché si tratta di gas e non di petrolio. Il danno ambientale è contenuto perché stiamo parlando di impianti super monitorati e impianti che riguardano per lo più il gas: 2% della richiesta interna e meno dell'1% sul petrolio. Significa che quello che ci serve lo importiamo, anche questo è un fatto ambientale".
Le riserve petrolifere italiane sono risibili, il gioco vale la candela?
"Guardi che noi abbiamo grandi riserve di petrolio che però non riusciamo a valorizzare perché abbiamo l'opposizione ambientale. Potremmo lasciare almento tre quattro miliardi di euro alla nostra economia, cioè sarebbe crescita e occupazione, e quindi in termini di posti di lavoro, che invece diamo ai Paesi produttori. Importiamo ogni anno 30 miliardi di euro di gas e petrolio dall'estero. E' una questione di inefficienza".
Chi sostiene il sì al referendum insiste sulle fonti rinnovabili e abbandonare i combustibili fossili.
"L'Italia ha fatto uno sforzo unico al mondo negli ultimi 15 anni e lo ha fatto pagare a caro prezzo sulle bollette agli italiani, in particolare a quelli a reddito basso. La nostra produzione da fonti rinnovabili è triplicata e ha raggiunto l'obiettivo che avrebbe dovuto raggiungere nel 2020. Quello che è stato fatto non è gratis. Voglio dire che stiamo facendo tantissimo per le rinnovabili. E ovviamente i 'rivoluzionari ambientali' vogliono che si elimini subito il petrolio e allora si dovrebbe vietare agli italiani di usare la macchina e tenere la luce accesa, visto che per l'elettricità si usa tanto gas".
Conversione delle fonti energetiche, ma forse anche riduzione dei consumi?
"Il meccanismo è contro la modernità, l'idea della natura che prende il sopravvento e la modernità cancellata".
Spegnere le luci delle stanze dove non soggiorniamo e usare di più mezzi pubblici e biciclette sarebbe semplice?
"Sì vabé, intanto mentre noi discutiamo di lampadine importiamo dall'estero 30 miliardi di euro di petrolio".
Parliamo di occupazione. Secondo un rapporto dell'Unep, l'agenzia dell'Onu per l'ambiente, fatto insieme a Bloomberg, nel 2015 gli investimenti sulle rinnovabili sono aumentati in tutto il mondo ma diminuiti sensibilmente in Italia a fronte dell'aumento di quelli sul petrolio. La politica è cambiata?
"Questa è una falsità, se nel 2014 eravamo il 'Paese dei balocchi', non possiamo eserlo per sempre. Noi stiamo dando tutti gli anni 13 miliardi di euro all'anno per le rinnovabili, abbiamo semplicemente smesso di far aumentare. Abbiamo detto adesso basta, fermiamoci.
Uno stop insomma.
"Noi siamo il Paese che ha fatto di più sulle rinnovabili. Poi è vero che abbiamo diminuito gli investimenti... però va bene che non vogliono le trivelle, però questi dati io li contesto.
Sono dati dell'Onu, non degli ambientalisti.
"Sì ma Bloomberg è impegnata direttamente nel settore delle rinnovabili. La verità è che l'Italia è ai primi posti al mondo per investimenti nelle rinnovabili, che poi abbia smesso di aumentare la crescita cioè la derivata prima è diminuita, l'aggiunta è diminuita, è vero. Però tutti gli anni diamo 13 miliardi. I tedeschi danno 20 miliardi ma hanno un reddito pro capite doppio rispetto al nostro: noi stiamo facendo uno sforzo assurdo".
Insomma al referendum bisogna votare no?
"Certo, la partita - ripeto - è già stata vinta e le quantità in gioco quello che sono. Ma non sottovalutiamo che dopo ci saranno ancora problemi su questi impianti. Perché non si fermeranno certo gli attivisti ambientali di fronte a questa norma".
La mobilitazione non finirà?
"Non è che i tecnici del governo sono stupidi: hanno dato la concessione per tutta la vita dei giacimenti perché quando scade dovrebbe essere rinnovata dentro un'area dove è vietato fare cose nuove. Logica vuole che lì dentro non vengano date più concessioni, per questo è stato esteso il termine. La vita utile di un giacimento è corta, sfortunatamente. Perché se il petrolio fosse infinito avremmo risolto i nostri problemi".