[L'intervista] "Pd ostaggio di Renzi? Comincia da lui la trattativa per il nuovo governo. Rischia di durare a lungo"

L'intervista al direttore de La Stampa, che già dopo la chiusura delle urne aveva parlato di "spartiacque nella storia del Paese". Da dove si riparte ora? Vediamolo

Maurizio Molinari. A destra, Matteo Renzi
Maurizio Molinari. A destra, Matteo Renzi

Un'Italia a due colori. Azzurro al Nord, giallo a Centrosud. Nel mezzo, le macchioline rosse di un Pd uscito sanguinante dalla tornata elettorale. A urne ferme, l'Italia si presenta così, come è stato abbondantemente scritto e commentato, il Paese è al centro di un rebus della governabilità non semplice da risolvere. Nessuno, da solo, ha i numeri che servono. Non il centrodestra con la Lega in gran spolvero, non il M5S pur nel ruolo di primo partito italiano. Nel mezzo c'è Renzi, che proclama un Pd all'opposizione, tra molti scontenti e sconcertati, e che dopo aver detto che si dimette ma non subito, e dunque non si dimette, oggi replica: "Basta polemiche, le mie dimissioni sono vere". Non senza prendersela con non si sa bene chi, forse con Mattarella, per non essere potuto andare al voto un anno fa. Il futuro è nebuloso. Proviamo a guardarci dentro con Maurizio Molinari, direttore de La Stampa che in un suo editoriale ha già sottolineato il "momento spartiacque" nelle vicende italiane.

Abbiamo un Paese spaccato in due, un Pd in disarmo e un segretario dem che dice: "Mi dimetterò ma non ora, vediamo cosa sapete fare senza di noi". E si tiene un po' in ostaggio il partito. Da dove si riparte, e verso dove?
"Si riparte dal rispetto della volontà degli elettori. Che hanno premiato il MoVimento 5 Stelle e la Lega. Sta al Quirinale, al presidente Mattarella accompagnare le indicazioni degli elettori fino alla costruzione di un governo". 

Le due forze che hanno segnato il vero successo elettorale sono M5S e Lega. Due facce della politica che si presenta come anti-casta, anti-establishment, anti Unione europea. Accomunate sui grandi scenari ma divise sui dettagli. Pensiamo alle ricette economiche: Di Maio sbeffeggia la flat tax che piace a Salvini, il capo politico dei Cinque Stelle è pù morbido verso l'Europa di quanto non lo sia il leader del Carroccio. E potremmo proseguire su molti altri punti.
"Sì, sono i due volti della politica che ne ha abbastanza di quanto è successo finora, di chi ha governato fino a questo momento. I Cinque Stelle prevedono maggiore presenza dello Stato, con il reddito di cittadinanza, la Lega vuole meno Stato con la riduzione delle imposte. Su questo terreno vedo una diversità inconciliabile, almeno finora. Sul tema europeo sono meno divergenti di quanto appaia, perché entrambi i partiti ripartono dal valore dei cittadini che vengono prima dei grandi scenari finanziari". 

A urne appena chiuse molti si dicevano spaventati da un governo pentastellato-leghista. Ora si parla di convergenza fra M5S e Pd. Che a molti appare come fantascienza.
"La fanstascienza può diventare realtà di fronte al fatto che a tutti mancano i numeri necessari per governare da soli. Servirà un po' di creatività. E tenere conto di certi gradimenti su cui convergono Pd e MoVimento. Anche alcuni ministri indicati da Di Maio hanno un passato politico dem. Il percorso di trattativa sulla formazione del prossimo governo comincerà dalla designazione dei prossimi presidenti di Camera e Senato. Dalle persone scelte si capirà quali alleanze saranno realmente possibili". 

In sintesi: gli italiani premiano i partiti fuori dai grandi circuiti di potere internazonali. Certo il caso Trump negli Usa e la Brexit in Europa hanno caratteristiche molto particolari, ma è un fatto che l'affermazione di Lega e M5S è segno di quanta rabbia anti-sistema ci sia in giro.
"E' una reazione alla globalizzazione che ha indebolito il ceto medio, facendogli perdere fiducia nella politica. C'è un filo che lega, appunto quanto successo con l'elezione di Trump alla Brexit, all'avanzare dei partiti della protesta anche in Germania e Francia, fino ad arrivare alle nostre elezioni. Prima la politica riuscirà a correggere le deviazioni distruttive della globalizzazione, prima questo movimento di protesta verrà disinnescato".

Si leggono su social ma anche su siti di informazione più istituzionali commenti di chi parteggiava per il Pd i partiti ad esso vicini, in cui in sostanza si incolpa chi ha votato diversamente di aver dato spazio a forze populiste, a nuovi fascismi travestiti da chissacché. Un voto che sarebbe espresso da gente poco istruita e irragionevole, c'è chi tira nuovamente in ballo gli analfabeti funzionali. Non sarebbe ora di piantarla con queste analisi risentite? Anche perché parecchi voti che prima andavano al Pd ora sono in mano ai Cinque Stelle.
"In democrazia ogni voto è legittimo. Chi prende più voti deve governare. La capacità di governare è un test di leadership. Se uno ha successo continua a governare. Se no viene mandato a casa. Punto". 

La risposta secca di Renzi, sulle dimissioni che ci sono ma non subito, vedremo, mentre si tiene stretto il partito e lo proclama all'opposizione, non sta contribuendo a imballare ulteriormente il Paese?
"Pd e Forza Italia sono i partiti usciti malconci dal voto, dei due il Pd sta peggio e ora affronta una difficile fase di transizione per il dopo Renzi. Potrebbe durare a lungo. Al momento il negoziato è su questo fronte. Vedremo per quanto si potrà continuare ad andare avanti con questo approccio".