[L’intervista] “Molto presto le periferie potrebbero partorire i nostri musulmani arrabbiati”. L’Islam e quella miscela esplosiva che potrebbe incendiare l’Italia

La presenza in Italia di portatori di valori religiosi diversi da quelli storici inquietano e stanno generando soluzioni politiche sinora mai sperimentate. “I musulmani, quasi sempre, preferiscono la legge di dio a quella degli stati che li ospitano”

Islamici pregano davanti al Colosseo
Islamici pregano davanti al Colosseo

“Lei è mai stata a Centocelle, Torpignattara oppure a Milano in viale Jenner e via Padova o in qualunque altro quartiere o città italiana dove la presenza di immigrati islamici è molto alta?”.  L’incipit del libro “La trattativa Stato Islam”, redatto da Francesca Musacchio, cronista del Tempo, comincia con una domanda che merita una risposta, anche se poi questa rischia di essere viziata dai pregiudizi religiosi. E ancora: davvero gli italiani pensano che gli islamici siano in grado di modificare l’assetto istituzionale che la nostra repubblica si è data dopo la seconda guerra mondiale? Arduo sostenerlo. Di sicuro la presenza di valori religiosi diversi da quelli storici stanno generando soluzioni politiche sinora mai sperimentate. Comunque, la cultura occidentale, nonostante la pressante presenza delle chiese cristiane, è senza dubbio ancora impregnata di sano illuminismo e dai quei principi fondanti - “libertè egalitè fraternitè” – che hanno fatto grande la civiltà occidentale.

La testimonianza di Lamya Haji Bashar

Ed è proprio grazie a questa cultura che gli italiani hanno maturato una qualche forma di diffidenza nei confronti di chi si preoccupa di applicare "la legge di un dio a discapito di quelle dello Stato".  Perché - ha spiegato la scrittrice - “i musulmani, quasi sempre, propendono più per la prima ipotesi, com’è constatabile anche nel loro vissuto quotidiano”. La testimonianza di Lamya Haji Bashar, la giovane yazida ridotta in schiavitù dai jihadisti, ospite in questi giorni a Roma della Camera dei deputati, di sicuro non ha rassicurato l’opinione pubblica, che si è convinta ancora di più che l’equazione jihadismo uguale Islam è quella giusta. Nulla di più sbagliato: è come se i cattolici fossero ancora ricordati come i persecutori dei catari. Tuttavia il pericolo di azioni solitarie o militari di schegge di Islam impazzite resta. Lo si potrebbe disinnescare con l'integrazione. Francia e Belgio sono l’esempio di ciò che non si dovrebbe fare. “In queste nazioni – ha suggerito la Musacchio - la storia dell’emigrazione islamica è antica, eppure le banlieue e Molenbeek raccontano di una mancato inserimento nel tessuto sociale di queste realtà. Ed è di questo humus che la sharia pasce: sono luoghi dove le regole occidentali non contano”.  

L'Islam dimenticato

Anche in Italia, ed è questo il problema, ci sono sacche di Islam che da un momento all’altro possono esplodere. “Perché – ha detto a tiscali.it la giornalista - a causa della povertà economica e culturale molti di quegli adolescenti odiano il paese in cui vivono: perché maturano un senso di inferiorità che si mischia a un senso di persecuzione”. Una miscela esplosiva: “Non tutti musulmani – commenta la Musacchio - sono terroristi, ma è anche vero che molti terroristi sono musulmani”. Com’è possibile che all’interno delle nostre città, dove le istituzioni ci raccontano che la democrazia è un bene da tutelare e da difendere a un certo punto è concesso che all’interno di zone più o meno ampie delle città si viva nell’illegalità? “Tutto questo accade perché nessun governo, né di destra né di sinistra, si è impegnato a regolarizzare (o controllare) le moschee non autorizzate: presenze clandestine che ricusano il principio di rispetto reciproco: in tutte le città italiane, Roma compresa, molti condomini devono fare i conti con i garage occupati dai musulmani che pregano senza che sia possibile protestare”. E se lo fanno comunque non c’è una legge che li tutela. “Ecco perché io penso che fra 5 anni, 10 anni queste periferie potrebbero partorire i nostri musulmani arrabbiati”.

Come evitare lo scontro

Potrebbero infatti decidere di agire come già hanno fatto i loro fratelli di religione in Francia e in Belgio, e cioè “prendersela con il paese che li ospita, perché plagiati da un culto ossessivo e distorto che nega ogni confronto con la cultura diversa”. C’è chi dice che per evitare lo scontro sia opportuno rimandare tutti a casa, altri sostengono che l’inserimento è la chiave di tutto. “Non propendo per nessuna di queste tesi, il mio discorso va altre: noi possiamo accettare i migranti, purché dimostrino di voler rispettare le nostre leggi: a me non importa che dio pregano, le nostre istituzioni però devono garantire l’integrazione. Né Francia né Belgio ci sono riuscite, quindi è opportuno non abbassare la guardia: noi i nostri valori dobbiamo essere capaci di difenderli e di proporli a chi viene in casa nostra; non va bene lasciare che continuino a vivere come nei loro paesi d’origine violando le nostre leggi. Per quanto mi riguarda accetto gli emigrati a patto che una volta arrivati in Italia loro vivano rispettando le regole del nostro Paese”.

La legge di dio

Le religioni appartengono alle scelte intime. Tutte le religioni hanno diritto di esistere. Diventa però un problema se qualcuno vuole applicare le regole religiose a scapito di quelle civili: “Non può essere il Corano (o la Bibbia o il Vangelo o la Torah) a decidere se una donna, per esempio, ha il diritto di essere considerata alla pari di un uomo o meno. Solo quando queste persone hanno accettato le nostre regole possiamo parlare di tutto il resto, se poi nel loro intimo hanno bisogno della presenza di un dio non ci deve importare: in tutta l’Europa c’è libertà di credo". Imporre una religione come legge di stato non è democratico. “L’Occidente propone un livello di democrazia laico fuori dalle dinamiche di qualsivoglia religione: per questo non può autorizzare (più o meno esplicitamente) che in alcune zone, sia pure periferiche, possa prevalere le leggi di dio, in questo caso di Allah". Se si vuole l’integrazione, la si deve fare in nome di una legge dello Stato. "La cultura Medio Orientale può essere accettata solo se non va a cozzare contro i diritti dell’essere umano quanto tale”. La politica deve agire, non deve nascondersi, altrimenti “chiunque - ha concluso Francesca Musacchio – si sente autorizzato a fare quel che più gli aggrada. E questo è il contrario del pacifico vivere in comune”.