[L’intervista] “Più della metà dei poveri non ha chiesto il Reddito di cittadinanza. Sono i numeri di un fallimento”
Renata Polverini (Fi), ex sindacalista e vicepresidente della Commissione Lavoro, commenta con tiscali.it i numeri dati dal presidente dell’Inps sui beneficiari del Reddito di cittadinanza e di Quota 100. “800 mila domande, il 25% rifiutate è la metà della platea stimata: sono numeri piccoli figli di procedure sbagliate”. Solo i più agiati vanno in pensione anticipata

Parla di “numeri piccoli” figli di “procedure sbagliate” e quindi di “fallimento”. Di una legge, quella che ha introdotto il Reddito di cittadinanza e la Quota 100, che per funzionare e soddisfare i bisogni reali delle fasce povere e disagiate del paese “doveva essere corretta nei vari passaggi parlamentari come era stato suggerito dalle opposizioni”. “Non ci hanno voluto ascoltare - dice Renata Poverini, sindacalista, vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera e responsabile del Dipartimento lavoro di Forza Italia - e adesso siamo al paradosso per cui il presidente dell’Inps spaccia per successo un evidente buco nell’acqua”. Dopo settimane in cui si sono susseguite cifre e percentuali, una carambola di numeri di incerta lettura, ieri finalmente il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, che del Reddito è stato il “papà” e il teorico, ha svelato lo stato dell’arte: 800 mila domande, 640 mila esaminate, tasso di accoglimento intorno al 75%, importo medio della somma erogata pari a 520 euro per famiglia.
Polverini, per il presidente Tridico sono i numeri di un “grande risultato”. Cosa ne pensa?
“Considerando che il vicepremier Luigi Di Maio aveva comunicato dal balcone di aver abolito la povertà e che finalmente sarebbe arrivata la risposta e il sollievo per 5 milioni di poveri, mi limito ad osservare che i numeri forniti dal presidente Tridico sono molto lontani da quelli dati a suo tempo dal vicepremier Di Maio. E che oltre la metà dei poveri stimati in Italia resteranno ancora una volta senza il necessario supporto cui invece lo Stato deve assolutamente provvedere. Questo è il vero fallimento”
Il Reddito di inclusione (Rei) dei governi Renzi-Gentiloni ha raggiunto 900 mila persone. Qui sono 800 mila domande. Come è possibile?
“Il Rei aveva importi più bassi ma almeno raggiungeva chi veramente aveva bisogno. E meno male, e mi scuso per l’ironia molto amara, che Di Maio aveva promesso e annunciato nei soliti modi roboanti che il Reddito avrebbe raggiunto una platea molto più larga di quella del Rei. Invece adesso il paradosso è che, stando ai numeri di Tridico, solo qualche centinaio di migliaia in più avrà il sussidio. E’ successo che il governo non ha voluto ascoltare quello che le opposizioni hanno suggerito nei vari passaggi parlamentari”.
Ad esempio?
“I requisiti previsti dalle legge sono troppo stringenti per i poveri assoluti. Se il primo requisito per accedere al Reddito è quello della residenza o del domicilio, ecco fatto che ad esempio sono stati tagliati fuori coloro che hanno eletto domicilio presso la Caritas o Sant’Egidio. Il punto è che i veri poveri, assoluti, quelli costretti a vivere per strada o presso le strutture di carità, non hanno potuto accedere al Reddito”.
Le opposizioni hanno talmente “gufato” sul Reddito che la maggioranza ha dovuto alzare sempre di più i livelli di accesso per dimostrare che non c’era alcun intento assistenzialistico fine a se stesso.
“Al di là della fisiologica schermaglia politica tra le parti, in Commissione poi abbiamo cercato di spiegare perchè alcune cose andavano limate e altre, invece, inserite. Un grave errore ad esempio è stato escludere in ogni modo gli uffici del Comune dalla selezione delle persone e delle famiglie povere. Le quali però non hanno saputo o voluto consegnare se stessi a moduli e questionari, ai Caf e alle Poste. Molti poi, al di là del fatto che non volevano che lo Stato entrasse in maniera così prepotente nelle loro vite, hanno desistito anche perchè il provvedimento è cambiato più volte in corso d’opera. Ho vari testimoni che lavorano in Caf e patronati che mi hanno raccontato le difficoltà di queste settimane, loro stessi non sapevano bene cosa spiegare. In audizione, quando sentimmo Poste che ci spiegavano che le richieste avrebbe avuto l’OK o il KO, mi permisi di suggerire che forse non tutti avrebbero compreso. Era una battuta ma non credo di essere andata molto lontana…”.
Ora chi si occupa dei milioni di poveri che esistono ma non hanno fatto richiesta?
"Mi auguro che se ne occupi Di Maio, magari cambiando i requisiti di accesso. Altrimenti vuol dire che 5 milioni era una stima sbagliata e che quindi è stata abolita la povertà”.
E però proprio Di Maio pochi giorni fa disse che il Reddito sarebbe andato ad un milione e 250 mila famiglie stimabili, quindi, in almeno tre milioni e mezzo di individui. Siamo a meno della metà. Insisto: come è possibile dare numeri così diversi?
“Sarebbe troppo facile dire che è un governo che dà i numeri perchè vuol fare centomila cose tutte insieme, non ne azzecca mezza e non capisce che dietro i numeri ci sono persone. Comunque Tridico ha parlato avendo a disposizione i numeri della banda dati dell’Inps che è la cabina di regia di tutta l’operazione Reddito e Quota 100. Questi sono i numeri giusti”.
Il presidente Tridico dice che Inps si occupa solo di erogare il Reddito e che le prime 480 mila card saranno caricate tra il 20 e il 25 aprile. Cosa ne è della parte delle legge che si deve occupare del collocamento e di combattere la disoccupazione?
“Non si parla più nè di Anpal nè di Navigator. Tridico si chiama fuori, giustamente. Il problema è che hanno messo in piedi un mostro che non riusciranno a far lavorare.
I Navigator, per cui è stato raggiunto l’accordo con le Regioni poche ore prima del via libera al decreto, sarà un incrocio tra l’impiegato del centro per l’impiego e uno psicologo. Ma il punto vero è un altro: cosa ne è della banca dati centralizzata che deve mettere insieme domanda e offerta di lavoro tra tutte le regioni d’Italia?
"Il Parlamento non ne sa più nulla. E senza quella è impossibile operare”.
Abbiamo fatto arrivare dagli Stati Uniti il professor Parisi. Lo ha conosciuto?
“Quando lo abbiamo audito in Commissione disse serio che , “grazie ai navigator avremo comunque qualche posto di lavoro in più..”. Io temo che il professore non abbia idea di cosa sia l’Italia, delle cataste di domande di lavoro accumulate nei Centri per l’impiego. E temo che i tempi di erogazione del Reddito (18 mesi, ndr) scadranno senza che nessuno abbia trovato il posto di lavoro. Mi auguro, ovviamente, di essere smentita”.
Su Quota 100 i numeri sono più certi: 117 mila domande di cui 41 mila con decorrenza da aprile.
“Per Quota 100 i numeri sono più semplici da tirare fuori. Quello che mi colpisce è altro. Tridico dice che l’importo medio della pensione con Quota 100 sarà pari a 1.865 euro al mese. Questo conferma ciò che ho sempre sostenuto e cioè che va in pensione soprattutto chi ha avuto un percorso lavorativo con redditi certi, continuati e medio-alti. Che sono esclusi, ancora una volta, i più poveri. Per due motivi: non si vuole rinunciare al taglio previsto della pensione anticipata; è difficile che chi ha lavorato una vita nell’edilizia, un lavoro usurante, abbia avuto la continuità dei contributi. Ancora una volta, la rigidità dei requisiti ha fatto una selezione verso l’alto e non verso chi ha più bisogno”.
Ora Parlamento inizia le audizioni sul Def. Cosa si aspetta?
“Quello che il ministro Tria ha avuto il coraggio di scrivere: un paese fermo e senza crescita. D’altra parte, se una misura come il Reddito impatta sulla crescita per lo 0,2% del pil… beh, in questa percentuale c’è tutto il fallimento della misura regina della manovra di bilancio. Spero quindi che il governo ci dica dove intendono trovare i soldi per la manovra di bilancio 2020. Sono molto curiosa, anche, di sapere come il ministro Tria possa ancora adesso smentire una manovra correttiva entro l’estate”.
Stupita che il ministro Tria abbia rivisto così al ribasso il quadro macroeconomico dell’Italia?
“No perchè il professore avrà una seconda vita dopo l’incarico di governo e deve rispettare la dignità della sua persona. Se avesse fatto il contrario, se ci avesse raccontato un anno “bellissimo” come invece hanno provato a fare il premier Conte e il vicepremier Di Maio, avrebbe sacrificato tutta la sua carriera in questa parentesi di governo”.