Il papa è tornato dall'Iraq, l'Imam di Milano: "Francesco ha saputo superare le barriere del preconcetto"
Yahya Pallavicini, presidente della Comunità Religiosa Islamica a Tiscali News: “Il pontefice ha ridato fiducia alle sensibilità spirituale dell'Oriente"

“D’accordo la ragione, d’accordo l’organizzazione, d’accordo saper amministrare la vita e la società, in ogni uomo deve però rimanere anche lo spazio per un po’ di pace nel cuore, per una ricerca spirituale non ingolfata dall’iperattività tra istinti, emozioni e organizzazioni internazionali; direi che il viaggio del Papa in Iraq contenga un profumo d’Oriente che dovrebbe farci riflettere e meditare”, ha detto l’imam di Milano, Yahya Pallavicini, presidente della Comunità Religiosa Islamica (Coreis) a Tiscali News. “In Oriente il papa ha ridato luce a una sensibilità spirituale che gli occidentali hanno dimenticato: fra gli iracheni ho visto una maggiore sensibilità del cuore; forse proprio perché sono stati tragicamente colpiti da conflitti, miseria e discriminazioni, sembra che lì stia tornando a brillare la luce della spiritualità universale senza sincretismi o spiritualismi”.
Si è concluso il viaggio di Papa Francesco in Iraq, il primo nella storia di un pontefice nel paese mediorientale. Le immagini televisive, le foto, l’intensità degli sguardi e dei sorrisi impressi in quelle testimonianze che con i media hanno fatto il giro della Terra fanno ben sperare tutti gli uomini di buona volontà. Perché quei reportage hanno irradiato sul mondo una verità indiscutibile: avere la possibilità di esprimere le proprie opinioni senza la barriera della distanza o del preconcetto, e magari scambiandosi un gioioso segno di pace, è il modo migliore per Islamici e Cristiani, e non solo, per raggiungere l’obiettivo della comprensione reciproca. “Spero che di questo viaggio rimanga la speranza di una fiducia contraccambiata, credo che questo sia stato il vero obiettivo della visita; perché se la speranza e la fiducia sono state solo un’occasione emotiva alla luce della presenza di papa Francesco tutto tornerà come prima e nulla cambierà”, ha spiegato l’Imam.
Se si vuole ottenere questo obiettivo, è necessario “trasformare la situazione sociale, culturale e politica degli iracheni che, dal canto loro, dovrebbero collaborare di più con le istituzioni, per ricostruire una regione che merita di tornare a essere quel grande patrimonio che ha rappresentato in passato”. La presenza del capo dei Cattolici in una terra martoriata dalle guerre, ma anche da esecrabili ostilità religiose, potrebbe essere un buon viatico per il futuro. Un seme è stato interrato, ora si tratta di curare ciò che si è messo a dimora. “Gli islamici hanno accolto molto bene le visita del pontefice, per loro è stata un’occasione importate per riconfermare che in Oriente fra i credenti si respira di nuovo aria di fiducia e di fratellanza. E ora c’è anche la consapevolezza che i veri problemi sono stati creati da governatori corrotti, da lobby di potere e da criminali terroristi”.
Tra i credenti iracheni c’è sempre stata una certa fratellanza, la venuta di una autorevole capo spirituale di una di queste comunità è stata accolta con grande rispetto. “Forse non con la consapevolezza di cosa rappresenta il papa per i cattolici, sicuramente però hanno capito che nel loro paese è stato ospitato un grande maestro spirituale, un uomo che merita rispetto e riconoscimento. Dall’altro lato, credo che la visita sia stata utile anche per attenuare le frizioni esistenti fra le diverse sensibilità islamiche. Con la presenza del papa si è riusciti a ricucire un dialogo tra sciiti e sunniti. Perché a volte, in Oriente è più facile andare d’accordo tra cristiani e islamici: fra sciiti e sunniti - invece - c’è sempre stata una competizione fraterna, ma a volte sin troppo dura. Con la venuta del papa in Iraq, queste rigidità tra tradizioni islamiche diverse si sono un po’ sciolte”.
Dal punto di vista Cristiano, il Papa è andato in Iraq in segno di pace. "Spero che i musulmani la smettano di farsi la guerra. E che in Oriente, come in Occidente, sicuramente con percorsi sociali e culturali differenti, si sappia trovare una maggiore qualità di rapporto e scambio tra politica e religioni. Questa è la sfida, non soltanto per l’Iraq, ma per tutte le regioni del mondo, compreso l’Occidente”, ha sostenuto il presidente del Coreis: “occorre capire che esiste un pluralismo religioso nel quadro abramitico, ma anche fuori da questo ambiente: Dio ha mandato a varie comunità vari modi per qualificare l’Esistente e la Vita”.
Tutto questo deve essere tenuto in debito conto da chi governa. “Esiste una pluralità di credenti, quindi il rapporto tra fede e ragione o tra religione e politica dovrebbe essere valutato con grammatiche diverse in Oriente, in Estremo Oriente, in America Latina o in Europa”. Anche nel nostro Paese il problema religioso è molto sentito, spesso i media riportano notizie poco incoraggianti sui rapporti che intercorrono fra cristiani e islamici. Da un lato, i cattolici si sentono assediati da una religione che sta, spesso senza reciprocità, ritagliandosi spazi vitali; dall’altra gli islamici appaiono restii ai mutamenti, sin troppo veloci, delle società liberiste. “Per questo credo sia necessario riconfigurare, aggiornare, approfondire e valorizzare questi scambi spirituali”, ha concluso l’Imam.