“Da cattolico vi spiego perchè l’invio delle nostre armi in Ucraina è legittimato dalla Costituzione”
Il professor Stefano Ceccanti, costituzionalista e capogruppo Pd, analizza il “fraintendimento” dell’articolo 11 della Carta
Conte e Salvini? “Parlano molto ma non mi risulta che vogliano sfiduciare il governo”. I costituzionalisti? “Spesso succede che coprano di argomenti costituzionali i propri legittimi dissensi politici”. Il Papa “non può certo essere il cappellano della Nato e i laici cattolici in politica non sono guardie svizzere”. Di questi e altri temi, a cominciare dallo scenario di guerra, parliamo con il professor Stefano Ceccanti.
Professore, si levi la maglietta del Pd, faccia il Professore e proviamo a ragionare in punto di diritto. Il governo italiano sta violando la Costituzione mandando armi al governo ucraino?
“Mi sembra ci sia un fraintendimento dell’articolo 11 che è ispirato al multilateralismo democratico. Il ripudio della guerra di aggressione è collegato strettamente alla costruzione di un nuovo ordinamento internazionale fondato sull’Onu. Ora gli articoli 51 e 52 della Carta Onu, finché non interviene il Consiglio di Sicurezza, parlano della legittima difesa dei Paesi aggrediti e danno un ruolo alle organizzazioni regionali come a Ue e la Nato. E’ in questa chiave che siamo intervenuti a sostenere le legittima difesa degli ucraini. Ragionare diversamente, fermarsi alle sole parole “ripudio della guerra” trascurando il resto dell’articolo, che i Costituenti hanno voluto scientemente compattare in un unico comma e anche in unico periodo, significherebbe fare solo una scelta per noi, disinteressandosi delle aggressioni altrui. Sarebbe isolazionismo e non multilateralismo, in contraddizione col fondamento della Resistenza, che fu Resistenza di convergenza tra vari Paesi. Peraltro c’è anche l’articolo 52 della Costituzione sul sacro dovere di difesa della Patria, durante l’esame del quale fu respinto un emendamento di pacifismo radicale di un deputato socialista che avrebbe imposto la neutralità perpetua”.
Interessante questo emendamento respinto. Conte e Salvini insistono che Draghi debba riferire in Parlamento. Richiesta fondata o pretestuosa?
“Sono state addotte tre motivazioni, nessuna delle quali sembra funzionare, soprattutto le prime due. La prima è l’interpretazione delle norme vigenti che però è chiara: abbiamo dato a larghissima maggioranza un mandato a dare armi per la legittima difesa fino al 31 dicembre e abbiamo impegnato il Governo a riferire ogni tre mesi, che non sono affatto scaduti. La seconda è che sarebbe intervenuto un cambiamento di natura della concessione dopo il vertice Nato di Ramstein che richiederebbe una nuova delibera parlamentare: in realtà in quella sede si è confermato solennemente l’invio di armi per legittima difesa. La terza è che prima dei Consigli europei il Presidente del Consiglio viene in Aula per ricevere indirizzi fissando la nostra posizione. Ma una visita al Presidente americano non c’entra granché nella forma e nella sostanza con i Consigli europei perché rispetto all’amministrazione americana la nostra linea è già fissata: è quella comune della Ue. Questo giustifica che a posteriori il Presidente Draghi venga a riferire sui possibili sviluppi futuri. Peraltro il controllo parlamentare è fatto anche delle sedute del Copasir, delle audizioni del Ministro Guerini e così via”.
Forse c’è un problema con le istituzioni del multilateralismo, Ue, Nato, Onu…
“Se il tema, nel lungo periodo, è che le istituzioni del multilateralismo vanno cambiate in profondità, Ue e Nato, e ancor più l’Onu che è radicalmente impotente, penso che possiamo e dobbiamo essere tutti d’accordo. Tuttavia il modo con cui affrontiamo l’obiettivo di breve periodo, la difesa dell’Ucraina aggredita anche per via militare, incide pesantemente sull’altro. Se lasciamo affermare il principio che l’aggressore si impone con la violenza come potremmo poi pensare di rinnovare le istituzioni del multilateralismo? Avremmo già negato in radice l’impegno della costruzione di “un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, come dice l’articolo 11”.
In base ai sondaggi - e ad una domanda secca, decontestualizzata - il 64 % di italiani è contrario all’invio di armi. Da parte di alcuni leader è in corso la ricerca di dividendo elettorale?
“Ci sono sondaggi che dicono cose diverse, ad esempio quello di Eurobarometro. Com’è noto i risultati dipendono strettamente da come si fa la domanda. Resto però alla sostanza: registro che i parlamentari di Lega e M5S hanno votato un testo che dà un’autorizzazione fino al 31 dicembre e che nessuno dei due leader al di là di richieste di presenza del Presidente del Consiglio in Aula e di generiche affermazioni sul fatto che le armi non bastano a risolvere la situazione dovuta all’aggressione ha dichiarato di voler volere un nuovo voto in Parlamento per cambiare la posizione precedente o si è proposto di sfiduciare il Governo”.
Lei non è certo un esperto di sistemi d’arma. Le chiedo, sempre in punta di diritto: è plausibile la differenza tra armi letali o no, difensive o offensive?
“Dagli articoli 51 e 52 della Carta Onu, a cui si arriva per l’apertura multilaterale dell’articolo 11 della Costituzione, si ricava non tanto un elenco tassativo di armi accettabili o non accettabili, ma il criterio di una proporzionalità della legittima difesa rispetto all’aggressione subita. Ora nessuno sin qui è riuscito a dimostrare che le armi da noi date agli ucraini siano state usate per scopi diversi dalla legittima difesa del loro territorio invaso. Per lo stesso criterio di proporzionalità non abbiamo accolto l’invito a creare una no fly zone che ci avrebbe portati direttamente nel conflitto e non solo ad appoggiare la resistenza degli aggrediti. Bisogna ragionare sulla congruenza dei mezzi rispetto ai fini, non sui singoli mezzi visti fuori contesto”.
Un gruppo di costituzionalisti suoi colleghi ha iniziato a dibattere sul tema accusando il governo di svuotare il Parlamento. Esiste una verità? Oppure è il solito esercizio para politico che i costituzionalisti imbastiscono spesso su ogni dossier che gode di una certa sensibilità di consenso?
“Spesso succede che i costituzionalisti coprano di argomenti costituzionali i propri legittimi dissensi politici. Alcuni sono politicamente contrari all’invio di armi e questo fa parte del legittimo pluralismo culturale e politico. E’ altrettanto comprensibile che chi la pensa così speri che il Governo venga sconfitto in Parlamento. Tuttavia non si vede perché questo debba portare a ritenere il Parlamento svuotato se esso è invece d’accordo col Governo. Le norme sulla base delle quali il Governo agisce risultano da un decreto convertito in legge dal Parlamento e da atti di indirizzo votati dal Parlamento medesimo. Non è che glieli ha imposti qualcuno”.
Il presidente Mattarella ha detto che “la pace fu conquistata con le armi”. Il Capo dello Stato è certamente cattolico. Lei anche. Come conciliate le vostre posizioni con quella del Papa che invoca la pace?
“Posto che i testi del Concilio Vaticano II rimandano alla responsabilità primaria dei laici cattolici impegnati in politica, che il Papa per primo ha varie volte invitato i laici a non essere clericali e che pressoché tutti i laici cattolici impegnati in politica nei Paesi Ue sono su questa linea a prescindere dal partito di cui fanno parte, penso che vadano ben distinte le responsabilità. Il Papa si deve fare carico dei cattolici di tutti i Paesi del mondo, compresi quelli che risultano come aggressori, deve ragionare in termini di principi di lungo periodo e deve cercare spazi per un possibile ruolo utile a tutti della diplomazia vaticana. Guai a chi pensasse di nominarlo cappellano della Nato o di fargli benedire armi. Allo stesso tempo i laici cattolici impegnati in politica non sono guardie svizzere. Quando agiscono in politica lo fanno anzitutto sulla base di una specifica cultura politica consolidata negli anni, nel nostro caso su quella di De Gasperi, Adenauer e Schuman, che hanno voluto costruire al tempo stesso sia l’Unione europea sia la Nato, ossia concrete istituzioni di difesa e di pace, chiamate a decidere insieme specie quando l’Onu non è in grado di farlo. Anche in altri casi, si pensi alla prima Guerra del Golfo del 1991 decisa con mandato Onu o all’intervento umanitario in Kossovo nel 1999 c’è stato un necessario scarto tra la predicazione della Chiesa e le scelte autonome dei cattolici in politica, che sono state in larghissima maggioranza a difesa di quegli interventi. Non penso che quando Pietro Scoppola e Nino Andreatta spiegavano l’importanza del mandato Onu del 1991, molto coerente con l’ispirazione originaria dell’Onu, o che quando Mattarella si trovò da vice-presidente del Consiglio nel Governo D’Alema a gestire l’intervento in Serbia, abbiano sbagliato a pensarla in quel modo. Esattamente come aveva ragione De Gasperi contro vari critici neutralisti di destra e di sinistra nel volere l’adesione alla Nato nel 1949”.
Però le racconto un episodio: Domenica delle Palme, Firenze, parrocchia del Pignone, messa delle 11: a fine funzione, il prete officiante ha presentato un’iniziativa sulla pace con gli scout che si sarebbe tenuta in settimana. E ha attaccato i giornali Repubblica Stampa e Corsera perché “gli editori hanno interessi nella lobby delle armi”. Chiesa piena. Che ne pensa?
“Si faccia dare l’indirizzo mail e gli mandi questo piccolo brano di Gaudium et Spes 43, la Costituzione conciliare sula chiesa nel mondo contemporaneo rispetto ai doveri dei fedeli laici: “Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione”. Anzi, al posto suo glielo manderei in latino, che suona più netto: “Neque tamen ipsi censeant pastores suos semper adeo peritos esse ut, in omni quaestione exsurgente, etiam gravi, solutionem concretam in promptu habere queant, aut illos ad hoc missos esse”.
Il Papa nell’ intervista al Corriere della sera ha anche detto che “la Nato ha abbaiato ai confini della Russia”. Frase subito usata dagli anti Nato e pro Putin. Come la valuta?
“Penso che potremmo trovare tante frasi contestate al cardinale Casaroli quando cercava soluzioni diplomatiche per dare un minimo di libertà ai cattolici nei regimi comunisti. E’ chiaro che quando si vuole svolgere un ruolo di mediazione si cerchi qualche espressione per non allontanare l’interlocutore con cui si cerca di avere un dialogo e che il Papa ha comunque qualificato come un aggressore. La prima volta che sono andato in Polonia ad una sessione allora clandestina dell’opposizione nel 1985 mi citavano criticamente farsi di Casaroli quasi che fosse stato un sostenitore di Breznev, ma senza la sua Ostpolitik quell’opposizione non sarebbe neanche nata. Allora non erano d’accordo, ma poi hanno capito”.
Il presidente Draghi ha fissato il suo mandato a due pilastri: Europa e Nato. Il segretario Letta ha fatto la stessa cosa con il Pd. Avverte qualche frattura nel corpo elettorale del Pd? O anche tra i suoi colleghi parlamentari?
“In un partito grande è strutturale avere sensibilità diverse. E’ il bello di questi partiti rispetto a quelli piccoli e/o personali. Però vedo un larghissimo consenso sull’impostazione del segretario, anche se capisco che faccia notizia qualche voce dissonante, e non me ne stupisco: è il partito che più di ogni altro è erede di De Gasperi e Spinelli, le due grandi personalità che settanta anni fa esatti volevano la Ced, la Comunità europea di difesa come secondo pilastro della Nato, in perfetta integrazione reciproca. Chi viene dal cattolicesimo democratico sa bene che nel 1949 aveva ragione De Gasperi e chi viene dalla sinistra storica ha in mente la chiarificazione che fecero prima il Psi e poi anche il Pci, che non casualmente, per rendere credibile la svolta di Berlinguer, candidò Spinelli negli anni ’70 al Parlamento italiano e a quello europeo”.
I pacifisti Anti Nato e Pro Putin stanno pescando in modo simmetrico a destra e a sinistra. Come valuta questo fenomeno?
“Qui, come nel resto di Europa, la linea di frattura è trasversale. Del resto non solo la sinistra dei due partiti storici e qualche spezzone minoritaria della sinistra dc fecero fatica ad accettare Nato ed Ue, anche l’Msi non votò né la Nato, né la Ced, né il Trattato di Maastricht. E colui che scrisse il famoso testo “Morire per Danzica?” per l’appeasement con Hitler veniva da sinistra, era Marcel Déat, un socialista. Poi, come spesso succede a queste posizioni, era destinato a finire a destra, a collaborare con Pétain, col regime collaborazionista e filo nazista di Vichy. Niente di nuovo quindi: i rossobruni sono sempre esistiti, anche se alla fine di solito diventano quasi tutti bruni”.