[L’intervista] Le reazioni del Pd al decreto Di Maio sul lavoro. “Senza aiuti alle imprese aumenta la disoccupazione”
Dialogo con Francesco Boccia: “Calenda? Pensi a dare una mano. Per rinascere serve dialogo e discontinuità"

“Alle offese di Calenda non rispondo. Gli chiedo semplicemente di dare una mano a Martina invece di fare ogni giorno il censore di qualcuno. Mi auguro che invece di criticare tutto e tutti trovi il tempo per aiutare davvero il Pd, visto che ha preso la tessera. Ognuno di noi parla attraverso la sua storia del resto”. Risponde così Francesco Boccia all’attacco via Twitter dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che subito dopo la nomina dell’esponente di Fronte Dem al ruolo di responsabile “Imprese” nella cabina di comando di Maurizio Martina aveva esternato il suo disappunto definendola con sarcasmo una “mossa vincente” per via delle posizioni su Ilva e Tap. Boccia ha poi rinunciato all’ingresso in Segreteria, secondo le decisioni del capocorrente Michele Emiliano che ha spiegato come senza le garanzie di un profondo “cambio di linea” gli esponenti di Fronte Dem non sarebbero stati della partita.
Già questo basterebbe a descrivere la fragilità della scommessa su cui nasce la nuova esperienza “unitaria” del traghettatore Maurizio Martina, ad una settimana dalla sua riconferma a Segretario Pd. Un presupposto necessario, quello dell’unitarietà, con il correntone dell’ex maggioranza renziana alla ricerca dei nomi e delle strategie vincenti in vista del Congresso, ma che si rivela velleitario davanti al quesito di fondo che spacca il partito: Cinquestelle si o no? La chiusura di Martina al cantiere del dialogo è forse uno dei motivi del diniego di Francesco Boccia che però nega e ribadisce disponibilità totale a collaborare, a prescindere dai ruoli.
Boccia, che fate ora?
“Bisogna aiutare Maurizio Martina a ricostruire dalle fondamenta il Partito Democratico che è uscito ridimensionato dal voto così come nessuno si sarebbe mai aspettato. Fu messo in croce Bersani per aver toccato il 25%. Ora abbiamo perso 7 punti dal 2013. Il nodo è come si riparte in un mondo completamente cambiato, con due partiti come lega e M5S che hanno oltre il 50% nel paese e come si ricostruisce il campo dei riformisti in Italia. E questo lo si farà con un congresso. Prima però occorre rafforzare il PD e il compito di ognuno di noi è di farlo, indipendentmente dall’entrare o meno in Segreteria perché queste poi sono anche logiche politiche legate al posizionamento di alcune aree. La mia ha avuto delle posizioni molto chiare su sviluppo sostenibile, ambiente, lavoro e digitale. Su questi temi ci aspettiamo un’attenzione nella linea politica nuova del Pd”.
A proposito di linea, è innegabile che la linea di faglia che divide il PD in questo momento è il dialogo coi Cinquestelle. La chiusura annunciata da Martina non vi ha convinto?
“Io penso che il dialogo sia un dovere, sempre. Chi rifiuta il dialogo rifiuta di far politica. Poi il dialogo è una cosa, farci un’alleanza è un’altra. C’è stata un’intesa finale sulla Segreteria, ma questo non è importante perché noi comunque aiuteremo Martina a fare questo lavoro e può contare sul mio contributo a prescindere per quanto riguarda i temi di cui mi occupo. Abbiamo davanti un congresso e prima di iniziarlo dobbiamo cercare di avere fondamenta solide sennò ci facciamo male tutti”.
Avreste preferito il congresso subito come ha detto il governatore della regione Emilia Romagna Bonaccini, in odor di investitura della mozione renziana?
“Mi auguro che il congresso si faccia nei tempi giusti, prestone prima delle europee”.
Sul decreto Dignità non ha chiuso subito le porte come i renziani che lo bollano invece come “invotabile”
“Il Decreto dignità sarebbe un provvedimento giusto se accanto ad alcune di quelle norme ci fosse anche un’immediata riduzione delle imposte sul lavoro. Al momento questa cosa non c’è e quindi ridurre all’improvviso il numero dei rinnovi a tempo determinato senza creare un’alternativa rischia di trasformare i precari in disoccupati. O si trovano le risorse per abbassare il costo del lavoro a tempo indeterminato oppure si fa una norma transitoria che consenta di passare al nuovo regime solo da questo momento in poi”.
Un elettore su due ritiene che il Pd non stia facendo opposizione, certifica il sondaggista Pagnoncelli dalle colonne del Corriere. Perché il Pd ha tanta difficoltà ad incontrare il sentiment degli elettori italiani?
“Perché manca una guida definitiva, una prospettiva e siamo ancora in una fase di transizione dopo la sconfitta del 4 marzo. Sono sicuro che dopo il Congresso la percezione degli italiani sul Pd sarà diversa”.