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Le donne musulmane che combattono l'Isis: le "leonesse" curde fanno paura ai terroristi

Una delle loro leader: "Quando metto il dito sul grilletto penso alle donne curde, a tutte le donne del mondo e a coloro che hanno a cuore la libertà e la pace"

Ignazio Dessìdi Ignazio Dessì   
Le donne musulmane che combattono l'Isis: le 'leonesse' curde fanno paura ai terroristi

E' giusto voler muovere guerra all'intero Islam sull'onda emozionale sollevata dai tragici fatti di Parigi? E' corretto parlare di scontro di religione? Quanta propaganda viene fatta da certi media occidentali che trasformano tutto in slogan, spettacolo o velenoso risentimento dettato più da prevenzione e ignoranza che da discernimento e consapevolezza? A questo proposito è molto interessante ed istruttivo un commento pubblicato sul Blog Il puntod.wordpress, col titolo “Non è occidentale, l’argine più forte all’avanzata dell’Isis è composto da donne curde e musulmane”.

Semplice l’essenza del discorso: per rendersi conto di quanto sia sbagliato considerare tutti gli islamici alla stregua di terroristi, basterebbe pensare a quanti di loro muoiono per mano dell'Isis. A quanti perdono la vita combattendo per "fermare l’orrore”, come ha testimoniato l’italiano Karim Franceschi, 25 anni, padre partigiano e madre marocchina, volontario per mesi a Kobane per affiancare i curdi. “Chiunque ami la democrazia non può far finta di niente - ha spiegato - Perché l'Is porta via  civili, donne e bambini e li costringe alla barbarie”. E questo a un passo dai nostri confini.

Proprio l'esempio dei combattenti curdi è illuminante, in particolare quello delle donne in armi delle  formazioni YPG, le Unità per la protezione della popolazione. Vere guerriere le definiscono i colleghi maschi, spesso sorpresi dal loro coraggio. Dicono siano "concentrate e pazienti, i migliori cecchini del battaglione”. Dietro la loro lotta e il loro sacrificio c'è inoltre l'anelito a un riscatto sociale e culturale in quanto donne nella società.

La loro esistenza ormai leggendaria fa paura ai tagliagole dell'Isis, come ricorda Gad Lerner nel suo blog in un post del 23 settembre 2014. “I combattenti dello Stato islamico avrebbero infatti il terrore di morire per mano delle donne peshmerga", tanto che in molti casi battono in ritirata. Sembra  credano che “se vengono uccisi in battaglia da un uomo vadano in Paradiso accolti da 72 vergini, mentre se a ucciderli è una donna la sorte è differente”. Ma in realtà è il loro valore a rendere temibili le partigiane curde, e i terroristi hanno imparato a loro spese cosa vuol dire averci a che fare. “Ho visto donne piccolissime e gracili combattere come leonesse, e per questo venir seguite dagli uomini - racconta ancora Karim Franceschi in una intervista a Repubblica - Perché non importa quanto sei grande e forte, conta il cuore".

Sono donne adulte o quasi bambine, spesso spose e madri, animate da una motivazione profonda per la difesa del proprio Paese e della famiglia e non solo. Fa riflettere infatti quanto scrive una di loro: "Quando metto il dito sul grilletto penso alle donne curde, a tutte le donne del mondo e a coloro che hanno a cuore la libertà e la pace". Queste donne che combattono e muoiono fronteggiando l'Isis, augurandosi di non cadere mai vive nelle mani nemiche, sono per la maggior parte musulmane, e vanno ad aggiungersi ai tanti musulmani che oggi combattono il Califfato.

E' giusto allora usare frasi come "bastardi islamici" quando ci si indigna per gli orribili misfatti compiuti dai terroristi dell'Isis? Chiediamocelo, e domandiamoci se l'Occidente fa abbastanza per aiutarli. Cosa dovremmo pensare per esempio a proposito della Turchia di Erdogan, Paese nell'orbita Ue e riferimento occidentale, che quelle magnifiche donne sta massacrando?

Non tutti i conti tornano effettivamente, e il male ha radici lontane, complesse e subdole. Per questo diventa inevitabile porsi alcune domande: chi ha contribuito a far nascere l'Isis dopo la caduta di Saddam in Iraq? Chi ha armato gli esponenti dello Stato Islamico e chi finanzia il Califfato? Che ruolo giocano, oltre alla Turchia, i Paesi del Golfo come l'Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti? Chi compra ancora adesso il petrolio dell'Isis a prezzi stracciati al mercato nero o specula vendendogli le armi? Siamo in tanti in Europa e negli Usa a commuoverci in buona fede, a dipingerci bandiere sul viso, cantare Imagine e impugnare le fiaccole, ma diviene inevitabile chiedersi se l’Occidente non abbia più di un’ombra sopra di sé.

Intanto le combattenti curde continuano a morire, in un certo senso anche per noi, insieme a tante altre donne e bambini, per i quali ancora pochi trovano il tempo di elevare, se non altro, una preghiera.

 

Ignazio Dessìdi Ignazio Dessì   
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