Migrazioni, Piller della Frankfurter Allgemeine: "L'Italia guardi oltre il suo ombelico ed eviti una guerra tra poveri"
L'inviato a Roma del quotidiano tedesco ammonisce: non ci si può limitare ai salvataggi in mare, bisogna integrare i profughi

Il tema dell’immigrazione è l’apertura quotidiana dei giornali nazionali. Dalle immagini a tutta pagina, i profughi che bussano alle porte dell’Europa in un esodo senza fine via terra e via mare. Dall’altra parte l’accoglienza, imposta dalle leggi e dal dovere all’umanità verso chi fugge da guerre e violenze. Davanti a queste immagini le reazioni degli Stati rimangono scomposte. La coesione politica europea non appartiene a questa fase storica. Anche se la cancelliera tedesca Merkel prova a dare l’esempio: apre alle deroghe all’accordo Dublino II mentre l’Italia (ma anche gli altri Stati frontalieri) insiste nel chiedere che “tutti i Paesi d’Europa si facciano carico del peso dell’emergenza”. “Attenzione che l’ottica dei politici italiani è quella di guardare all’ombelico romano”, ammonisce Tobias Piller, inviato a Roma per la Frankfurter Allgemeine, quotidiano d’impronta conservatrice liberale con sede a Francoforte, ospite della Festa dell'Unità di Cagliari.
Piller, cosa intendi?
“Mentre tutti dicono che la Merkel solo in agosto ha cambiato atteggiamento, i numeri diffusi da Eurostat ci rivelano 300 mila riconoscimenti di asilo politico in Germania in un anno contro neanche 50 mila in Italia. Il tema era già presente in altri paesi, solo che l’Italia non lo registrava”.
Da molti anni traduci i fatti italiani per i tedeschi. Che approccio ha Roma con il tema dell’immigrazione?
“Ne ha diversi. L’accoglienza è frammentata, disordinata, basata molto sul volontariato. Ci sono quelli che si occupano dei bambini per esempio, spesso con grande difficoltà. Poi c’è la questione burocratica. Come ha scritto Ricolfi sul Sole 24 Ore, ‘il tritacarne della burocrazia italiana’ che rende tutto più difficile”.
E quindi un dilemma: Italia solo un approdo?
“Coloro che vedono l’Italia come porta d’ingresso sostengono che bisogna salvare la gente in mare. Ma poi si dice che non bisogna distinguere tra migranti economici e profughi. Così si può anche allargare il pensiero e riconoscere a tutti il diritto d’asilo. Cioè: l’approdo, il timbro e poi dell’accoglienza e dell’integrazione ve ne occupate voi altri Stati europei, noi il nostro l’abbiamo fatto”.
La politica italiana fa gran sfoggio dell’accoglienza ai migranti.
“La propaganda politica racconta agli italiani: ecco cosa abbiamo fatto, 100 mila sono arrivati in Italia. Sì ma dove sono? E poi l’accordo Dublino II non va bene e quindi si mandano via tutti in Germania, Olanda e altri Paesi. Ecco, questo in Europa non crea una grande solidarietà. Le battute del ministro dell’Interno, per citarne uno che non suscita grande simpatia, non piacciono e la sua politica non appare coerente”.
L’Europa però è rigida sulle sue posizioni.
“L’accordo di Dublino esiste dal ‘90, quando erano in gioco le concessioni per il permesso all’unificazione della Germania. L’Italia diceva ‘vabé è crollata la cortina di ferro ma le conseguenze sono un problema vostro’. La Germania conta 438 mila richieste di asilo nel ‘93, l’Italia 2600. Ecco, l’Italia si è limitata ad alzare un dito e dire: ‘trattateli bene, mi raccomando, attenti ai nazionalisti eh!’ Tutto qua. Adesso le carte in tavola sono cambiate, la situazione geopolitica è cambiata e comunque in tutti questi anni ci sono state molte più richieste di asilo in Germania che in Italia. E su questo niente titoloni”.
Fa più notizia Lampedusa con i suoi sbarchi e le sue tragedie.
“Lampedusa è un posto di salvataggio. Ma insisto: dopo il salvataggio che succede? La Germania ancora oggi ha il problema di capire quanti rifugiati vuole accettare l’Italia”.
Merkel ha detto una cosa importante: accogliamo i profughi e li integriamo perché sono una risorsa.
“Gli italiani accolgono con facilità, ma non hanno strutture adeguate per integrare. In Germania il profugo viene accolto nel centro di accoglienza dove inoltra domanda di asilo: nel giro di un giorno ottiene il documento provvisorio e viene inserito in un programma. Per affrontare i nuovi arrivi nel mio Paese sono stati predisposti dei progetti straordinari, assunte delle persone, richiamati degli insegnanti in pensione, ci si appoggia anche ai volontari. Ma il governo federale ha detto: diamo alle strutture 670 euro al mese per ogni richiedente asilo. Se poi gli viene riconosciuto lo status, al rifugiato viene dato il sussidio di povertà che spetta ai tedeschi poveri, circa 300 euro a persona, più un alloggio”.
Ecco il punto di forza: evitare la guerra tra poveri.
“Se i tedeschi vedessero che i profughi sono trattati meglio dei poveri, le reazioni sarebbero diverse. Contemporaneamente bisogna pensare ai poveri interni, che più di tutti vedono gli immigrati come nemici e concorrenti per il posto di lavoro o gli aiuti statali. Il rischio è quello della diffusione del nazionalismo ed estremismo tra i poveri”.
In Italia invece cosa accade?
“Anche in Italia questo può diventare un guaio. Se non si studia una strategia i problemi sono assicurati. Da una parte i poveri, dall’altra i profughi ai quali si dice: hai lo status, ora arrangiati. In Germania ‘arrangiati’ non esiste. Devi avere un piano di inserimento e una strada tracciata. Se no è impossibile gestire 500 mila persone”.