Michele Ainis: "I tempi sono cambiati, anche la Consulta direbbe di sì alle unioni civili"
Il costituzionalista a Tiscali.it dice: l'adozione del figliastro è giusta, purché sia il giudice a valutare caso per caso
Ma è proprio vero che dubbi di incostituzionalità aleggiano sul Ddl Cirinnà? Mentre il testo comincia il suo iter legislativo al Senato, il confronto su favorevoli e contrari dalle piazze si sposta nelle sedi accademiche investendo giuristi e studiosi della materia. I punti "deboli" della legge, ovvero i più discussi, sono fondamentalmente tre: i (troppi?) rimandi alle norme in vigore sul matrimonio, l'adozione del figliastro (chiamata "stepchild adoption"), e la possibilità che la legge "apra" all'utero in affitto. "Voglio premettere che oracoli autorizzati della Costituzione non ce ne sono", sgombera il campo Michele Ainis, costituzionalista e saggista, nonché editorialista del Corriere della sera. "Solo la Corte costituzionale può farlo", spiega mentre lo raggiungiamo al telefono. Accettiamo l'obiezione e partiamo proprio dal punto più controverso, l'adozione del figliastro da parte del compagno/a del genitore biologico.
Professore, si sta violando la Costituzione?
"L'indicazione che viene dalla nostra Costituzione è che c'è il superiore interesse del minore rispetto a quello degli stessi genitori, che sono quindi al servizio dell'interesse dello stesso minore. E che la Repubblica protegge la maternità e l'infanzia. In questi termini dovrebbe rispondere la Corte".
Ci spieghi meglio.
"L'adozione del figliastro si traduce in una maggiore o minore tutela del minore? Certo che se l'alternativa fosse l'orfanotrofio, la risposta sarebbe ovvia. Ma è chiaro che si tratta di situazioni di fatto da valutare caso per caso. I principi costituzionali infatti vanno poi applicati ai casi della vita e non sulla base di un principio ideologico".
I giudici oggi già decidono sull'adozione di minori all'interno di coppie omosessuali. Molte sentenze vanno in questo senso. Ma, come dicono loro stessi, "non c'è una linea univoca di azione". Insomma, forse servono indicazioni più precise.
"Non è un male questo, perché a differenza dei politici che stanno acquattati nei palazzi, i giudici hanno davanti uomini e donne in carne ed ossa e giudicano sulla base dei casi della vita. Quindi anche misurando le personalità di colui o colei che vuole adottare e sulla base di questo decidere di concedere o rifiutare l'adozione, ogni caso è diverso dall'altro".
Quindi lei dice: facciamo la legge ma lasciamo ai giudici la possibilità di valutare caso per caso. Come del resto avviene per le coppie eterosessuali.
"Certo credo che sarebbe una soluzione saggia. Nel momento in cui io codifico nella legge la possibilità dell'adozione, se ne ricorrono le condizioni di fatto, il giudice giudica. Questo significherebbe che l'adozione non è un diritto automatico ma possibile nell'interesse del minore".
Alcuni costituzionalisti, per esempio Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale (area cattolica), sostengono che a rimandare troppo spesso alle norme della Costituzione o a quelle sul matrimonio si rischia l'incostituzionalità.
"Francamente mi sembra un'obiezione ridicola: a cosa dovrebbe fare riferimento allora questa legge, ai funerali? E' ovvio che l'analogia immediata si sviluppa verso la famiglia e il matrimonio disciplinati dal Codice civile. Ma il fatto che vi siano alcune teorie su alcune frammenti di questa nuova disciplina, non è che automaticamente la vizia. E sottolineo un'altra cosa".
Dica.
"Sono trent'anni che leggo la Costituzione e non ci ho mai trovato scritto che il matrimonio è tra un uomo e una donna. La Costituzione definisce la famiglia come una forma sociale naturale e dice che il matrimonio è ordinato sulla parità dei coniugi. Quindi parla di società naturale e di coniugi, né di papà e di mamma, né di maschio e femmina. Ora è evidente che nel 1947, quando queste norme vennero scritte, il riferimento era alla famiglia tradizionale. Ma questo non sposta di un capello il discorso. Faccio un esempio".
Prego.
"Quando è stata scritta la Carta non c'era la televisione eppure le leggi sulla stampa, per analogia, si applicano anche alla disciplina del mezzo radiotelevisivo senza bisogno di cambiare le parole della Costituzione. E questo perché sia nel caso della televisione che nel caso della famiglia, i costituenti usarono un linguaggio a maglie larghe di principi molto generali senza definire via via i fenomeni. E questo ha permesso alla Costituzione di continuare a regolare una realtà molto modificata".
Insomma cambia la società e la Costituzione si adatta.
"Certo. L'unico riferimento per coloro che sostengono che il matrimonio è incostituzionale è una sentenza della Consulta del 2010. In quel caso la Corte - che, diciamolo, è a maggioranza cattolica - ha effettivamente detto che l'articolo 29 della Costituzione è riferito a uomo e donna. E vabé: ci siamo liberati dell'infallibilità del Papa, dico che anche la Consulta non è infallibile. Che poi è la stessa Corte che nel '62 aveva detto che la punizione dell'adulterio femminile, ma non quello maschile, era legittimo. Solo sette anni dopo, nel '69 altra sentenza, stessa materia, parere rovesciato. Morale: anche la Corte costituzionale è formata da uomini che agiscono da uomini. Dipende insomma dalla società. Se la società cambia, cambia anche l'orientamento della Corte".
Ultimo punto: c'è chi sostiene che questa legge favorirebbe l'utero in affitto.
"Questo si risolve molto semplicemente: basta negarlo. E la legge italiana già lo nega. L'esercizio sul retropensiero del legislatore... sarebbe già una grande cosa scoprire che il legislatore ha un pensiero, figurarsi che ne abbia due".