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Della Vedova: “Sull'emergenza terrorismo una destra populista e antieuropeista fa solo male al Paese”

"Le speculazioni portano qualche voto in più ma non certo sicurezza all'Italia. Serve il massimo della coesione. L'Isis potrebbe colpire anche da noi"

di Giovanni Maria Bellu   
Della Vedova: “Sull'emergenza terrorismo una destra populista e antieuropeista fa solo male al Paese”

Una destra populista e antieuropeista, priva di “spirito repubblicano”, che polemizza proprio nel momento in cui sarebbe necessario il massimo della coesione. Un’Europa che fatica a prendere atto di un dato oggettivo: a unirla sono, anche al di là delle sue istituzioni, le enormi sfide che si trova ad affrontare. Ne abbiamo parlato col sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova poco dopo il sì della Camera al cosiddetto “decreto missioni".

In Francia stanno diventando rauchi a forza di cantare tutti assieme, uniti, la Marsigliese. In Italia anche sulla sicurezza e la lotta al terrorismo si fa polemica. Salvini e la Meloni appena ieri hanno detto che il governo su questo fronte è “inconsistente”.
“Sì, in Francia fanno così e negli Stati Uniti vediamo riunioni alle quali partecipano tutti gli ex presidenti. Da noi non succede mai, nemmeno nei momenti più gravi. La ragione è che ci manca lo spirito repubblicano, quello che, in certi momenti, su tutto fa prevalere il sentirsi parte delle stesse istituzioni e dello stesso Paese. E, attenzione, questo spirito non annulla affatto le differenze, non limita il dibattito. E infatti in Francia, dove si sono appena verificati i fatti che conosciamo, il confronto politico è molto vivace”.

E’ un atteggiamento, questo dividersi anche davanti a problemi così gravi, che ci aspetterebbe più dalla sinistra radicale che dalla destra. Invece in Italia oggi è proprio la destra a rompere la coesione.
“Potremmo aspettarcelo di meno se avessimo una destra repubblicana. Invece abbiamo, in modo esplicito, una destra populista e antieuropeista che fa prevalere questo atteggiamento anche in questioni meno drammatiche di quelle di cui stiamo parlando. Penso, per esempio, alla riforma costituzionale. Si gioca alla delegittimazione dell’avversario politico, non si ragiona partendo dal presupposto che la Repubblica è, appunto, la cosa comune”.

Siamo in presenza di un tipo di terrorismo che può colpire più o meno qualunque obiettivo. L’impressione è che, anche operando nel migliore dei modi, sarà impossibile stare tranquilli.
“E’ evidente che abbiamo da affrontare una sfida molto complessa. D’altra parte non è nemmeno una sfida recente: dall’attentato alle Torri gemelle sono passati ormai quasi quindici anni. Siamo davanti a un nemico diffuso che colpisce anche obiettivi non sensibili e per questo non individuabili. Si tratta di lavorare sugli errori del passato, sulle possibili falle nel sistema, ma certo la garanzia assoluta di poter restare immuni da azioni violente non esiste".

In proposito si è detto che dobbiamo in qualche misura “abituarci” a convivere con la paura. Una situazione che dovrebbe renderebbe la coesione ancor più necessaria.
“Assolutamente sì. Dobbiamo lavorare assieme, sapendo che non ci sono colpe specifiche. La Francia è un Paese ben attrezzato e immagino che dopo la strage di Charlie Hebdo abbia lavorato bene e continuerà a farlo. Dopo quanto è successo venerdì scorso, non si è scatenata la ricerca delle responsabilità. Noi non abbiamo avuto azioni terroristiche nel nostro territorio, e speriamo che non accada mai. L’errore più grosso sarebbe scatenare polemiche sulla sicurezza nazionale. Strumentalizzare questo tema non so se porti più voti, certamente non porta più sicurezza”.

Salvini, tra le altre cose, ha descritto l’Italia come un Paese imbelle, anche un po’ vile. Fino a insinuare il dubbio che non siamo in prima linea nelle aree di guerra perché speriamo, in questo modo, di essere risparmiati dagli attacchi terroristici.
“La storia ci insegna che non è affatto così. Hanno colpito in Spagna, in Danimarca, in Belgio, tutti Paesi non impegnati in modo diretto come la Francia. Non credo proprio che possiamo escluderci dalla lista dei potenziali bersagli solo perché le modalità della nostra partecipazione al conflitto non prevede che i nostri aerei vengano utilizzati per i bombardamenti. La nostra posizione, e anche quella del precedente governo, è che la guerra all’Isis va fatta mentre, contemporaneamente, si costruisce in Siria un’alternativa politica stabile. Consapevoli che chiudere la questione semplicemente rimettendo in sella Assad non rivolverebbe il problema dei rifugiati siriani che vengono in Europa, ma determinerebbe addirittura un aumento del numero dei fuggitivi”.

Ecco, i rifugiati. Altro terreno di scontro.
“Su questo aspetto credo che Renzi abbia molta ragione quando sottolinea che, se vengono, i terroristi vengono in aereo e non con i barconi. Quanto è accaduto in Francia ci ha dimostrato che gli attacchi jihadisti non sono messi in atto dai rifugiati siriani o eritrei, ma da cittadini europei. Sono già qua. Poi, naturalmente, volendo si può anche speculare su questo, ma non c’è alcuna connessione diretta. C’è, invece, una connessione di carattere generale, nel senso che arrivi così massicci pongono una questione di tenuta sociale e di sicurezza. Da questo punto di vista credo che tutti i cittadini europei ne trarrebbero giovamento se l’Unione non fosse un posto dove gli Stati si accusano l’un l’altro e tirano muri. Tutti dovremmo prendere atto del fatto che i jihadisti vedono l’Europa per ciò che è: una unità di valori, e questi valori sono i loro bersagli".

Intende dire che possiamo dividerci quanto vogliamo, ma quel che ci accade attorno in un certo senso rende inevitabile l’unità europea?
“Sì, intendo dire esattamente che l’Europa è unita anche a prescindere dalle sue istituzioni. E’ unita dai flussi delle migrazioni, come dall’essere bersaglio dei terroristi. Per questo anziché dire ‘è colpa dell’Europa’ dovremmo dire che l’interesse di tutti noi è rafforzarla. Per esempio , proprio dal punto di vista della sicurezza, sarebbe interesse di tutti i cittadini europei se gli Stati evitassero di creare inutili doppioni e unissero le risorse e le conoscenze creando una Fbi o un equivalente europeo della Cia. Così come sarebbe interesse di tutti una integrazione delle forze armate. Credo che la destra populista vada sfidata proprio su questi temi”.

di Giovanni Maria Bellu   

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