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[L'analisi] Il lungo addio britannico alla Ue: un disastro. Ecco cosa succederà adesso

l’accordo sulla Brexit è stato bocciato con 432 no contro 202 sì. La più grande differenza nella storia della Gran Bretagna. Per la  May la sconfitta era attesa ma questa è una completa debàcle e ora dovrà affrontare anche il voto di fiducia

Alberto Negridi Alberto Negri   
Theresa May
Theresa May

Colpita e forse affondata. Il lungo addio della Gran Bretagna all’Unione europea coincide con l’ora più buia di un premier britannico in Parlamento, la signora Theresa May, visto che ieri notte l’accordo sulla Brexit è stato bocciato con 432 no contro 202 sì. La più grande differenza nella storia della Gran Bretagna. Per la  May la sconfitta era attesa ma questa è una completa debàcle e oggi dovrà affrontare anche il voto di fiducia.

Se la May barcolla per il Regno Unito l’incognita sul futuro è pressoché totale. In realtà il referendum del 2016 vinto dai Brexiters si sta rivelando dopo quasi tre anni una delle peggiori sconfitte non solo dell’orgoglio britannico ma un’insidia che può destabilizzare la Gran Bretagna sia sotto il profilo politico che economico. Con un “No Deal”, ovvero senza l’accordo negoziato dalla May con Bruxelles la Gran Bretagna rischia grosso.

Il problema è che non c’è una maggioranza chiara neppure su nessuno dei possibili scenari alternativi.

Uno è lo scioglimento del Parlamento ed elezioni anticipate, l'obiettivo del leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, che ieri ha presentato una mozione di sfiducia contro il governo. Per passare la sfiducia occorre però oggi una decisione dei conservatori quasi suicida: sono disposti i Tory a rischiare di passare il potere ai laburisti?

Un secondo scenario è forse per Londra quello peggiore, quello del No Deal, nessun accordo. Se oggi non passa la mozione di sfiducia e se non si trova nessun alternativa in Parlamento, la legge sul recesso dall’Ue, già approvata dalle Camere, prevede che la sera del 29 marzo 2019 il Regno Unito esca dal club europeo senza un’intesa.

Questo scenario potrebbe innescare un terremoto su economia, dogane e confini. Il governo sulla carta può del resto comunicare questa scelta, perché già approvata da Parlamento, senza metterla ai voti a partire dal 21 gennaio.

C’è però una terza possibilità se la May resta in sella. Il governo dopo il no alla ratifica è tenuto in base a un emendamento approvato pochi giorni fa a preparare un nuovo piano d'azione e tornare ai Comuni entro tre giorni lavorativi. Ma il Parlamento potrebbe modificare il regolamento e a sottrarre al governo il controllo del calendario. Sempre ammesso di trovare in aula una maggioranza trasversale.

Un quarto scenario è quello di chiedere l'estensione del termine negoziale almeno di qualche mese per la Brexit, innescato con la notifica britannica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona nel marzo 2017, per tornare al tavolo della trattativa nella speranza di rivedere l'intesa. Si tratta tuttavia di una prospettiva dilatoria legata alla disponibilità di Bruxelles. In questo caso le ipotesi alternative sono il modello di una Brexit più soft proposto dal Labour con permanenza definitiva del Regno nell'unione doganale e rinuncia ad accordi commerciali autonomi con Paesi terzi. Oppure il modello ancora più soft, ribattezzato alla norvegese, con la permanenza non solo nell'unione doganale ma anche nel mercato unico, con obbligo di non mettere in discussione la libertà di movimento delle persone.

L’ultima chance è quello di convocare un nuovo referendum come invocano i sostenitori del fronte “Remain” e conta sull'appoggio del gruppo laburista e di qualche decina di conservatori moderati, oltre che dei partiti minori d'opposizione. Ma per indire un referendum serve una maggioranza bipartisan tutta da inventare. E in questo caso non si sa come potrebbe reagire la piazza perché in gioco c’è la tenuta del sistema britannico.

La verità è che la May e i britannici possono salvarsi, al momento, ottenendo una dilazione europea sulla data di uscita. Gli inglesi stanno annaspando nella Manica in attesa di una ciambella europea: chi l’avrebbe mai detto tre anni fa?

 

 

Alberto Negridi Alberto Negri   
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