COVID, l’UE per restrizioni coordinate ma proporzionate e su basi scientifiche
<div style="font-size: 17px"><p>Bruxelles – Sui vaccini bisogna insistere, sulle<strong> regole comuni bisogna ritornare e renderle più chiare.</strong> Andare oltre il sistema del green pass europeo si può, a patto che le misure siano “proporzionate” e sempre “sostenute dalle migliori basi scientifiche”. Il vertice del Consiglio europeo cerca di riordinare le fila dopo che gli Stati membri hanno iniziato a gestire in modo tutto nazionale l’<a href="https://www.eunews.it/2021/12/15/omicron-la-variante-dominante/165073" target="_blank" rel="noopener">avanzata della variante Omicron, che preoccupa sempre di più</a>. Non si riprende l’Italia di Draghi più di tanto, e anzi si riconoscono le ragioni che hanno portato alla reintroduzione di tamponi obbligatori per chi è vaccinato.</p> <p><a href="https://www.eunews.it/wp-content/uploads/2021/12/covid-conclusions.pdf" target="_blank" rel="noopener">Le conclusioni</a> del Consiglio su questo tema ribadiscono l’importanza di misure coordinate, e fonti europee chiariscono questa dicitura vuol dire “<strong>informare</strong> la Commissione europea, i Paesi vicini e poi gli altri” delle misure che si intende adottare.
A Draghi non si contestano dunque le decisioni, quanto il modo in cui sono state adottate. Per il futuro, dunque, l’imperativo è ‘parlare’.</p> <p>Ma serve molto di più. Occorre <strong>contrastare in virus in modo efficace ed efficiente</strong>. Quanto al primo obiettivo serve procedere con l’immunizzazione, sui cui bisogna insistere. “<span lang="it-IT">La <strong>somministrazione del vaccino a tutti e il richiamo sono cruciali e urgenti</strong>“, recitano le conclusioni. Non c’è obbligo vaccinale, ma per i capi di Stato e di governo dell’UE è fondamentale l’obbligo a lavorare per “superare l’esitazione al vaccino”, troppo spesso legata anche a “disinformazione”. Qui vuol dire lavorare non solo sul movimento no-vax, ma pure “con chi pensa che dopo due dosi si è protetti e sicuri”, spiega un addetto ai lavori.<br /> </span></p> <p>La questione delle dosi è alla base degli accordi sul secondo obiettivo, quello di un contrasto efficiente del virus. Quando i leader hanno varato il green pass, questa estate, erano rimasti in sospeso alcuni aspetti, primo fra tutti quello della validità. Il certificato digitale COVID cambia di validità a seconda degli Stati, che restano liberi di deciderne una durata variabile dai 9 a 12 mesi a seconda del Paese che lo emette. Gli Stati vogliono la fine di questa variazione</p> <p>La Commissione europea ha ricevuto il mandato a produrre atti delegati per chiarire su questo punto, che dovranno insistere sull’evidenza delle basi scientifiche. Sono attesi la prossima settimana, con <strong>i leader che convergono sui 9 mesi come validità standard</strong> del certificato europeo valido ovunque, come <a href="https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/coronavirus-response/safe-covid-19-vaccines-europeans/eu-digital-covid-certificate_en" target="_blank" rel="noopener">suggerito dal team von der Leyen</a>. “Nove mesi dopo l’ultima dose”, si spiega ancora a Bruxelles. L’esecutivo comunitario è chiamato inoltre a chiarire meglio l’aspetto dei viaggi non essenziali, da scoraggiare in tempi di impennate nei contagi.</p> <p>Ma c’è anche la questione esterna, perché senza copertura vaccinale completa non si potrà mai veramente abbassare la guardia. Si rinnova l’impegno a esportare fiale verso i Paesi terzi, in particolare quelli africani. Per aiutarli al meglio, servirà “un maggiore impegno con i produttori e l’Organizzazione mondiale della sanità”, che i leader demandano all’esecutivo comunitario, il quale dovrà anche “monitorare” il rispetto degli impegni.</p> </div>.