[L’analisi] Il potere infinito del presidente della Cina: può rimanere in carica per tutta vita. Come un nuovo Mao Zedong
Da tempo ormai Pechino sta iniziando ad assumere un profilo di leadership non soltanto economica, ma politica e militare nell’area del blocco asiatico e sembra volersi espandere ancora: per questo ha iniziato a competere scopertamente con gli Stati Uniti per il predominio delle materie prime a livello planetario. La Cina mira a ricostruire la “Via della Seta” verso l’Europa e il Mediterraneo
“Non dovremo mai piu' interrompere il nostro cammino o fermarci a riprendere fiato". Con queste parole Xi Jinping aveva aperto lo scorso ottobre il Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, annunciando alla vigilia del suo secondo mandato presidenziale l’inizio di una “nuova era” di prosperità e sviluppo il cui orizzonte sarebbe durato a lungo nei prossimi decenni, contribuendo con le altre nazioni a “edificare una comunità globale con un futuro condiviso”.
Potere senza fine
Ora capiamo meglio cosa volesse intendere il presidente cinese con quelle parole: con la rimozione del limite dei due mandati per la carica presidenziale,annunciata pochi giorni fa dal Comitato Centrale del Partito Comunista cinese, Xi Jinping si prepara a governare con pugno di ferro la pianificazione dell’ascesa mondiale del nuovo Impero Celeste, molto oltre la fine del suo secondo mandato nel 2023. In pratica, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese e capo del partito e delle forze militari, potrà rimanere in carica finché lo vorrà. Teoricamente, anche a vita, proprio come un novello Mao Zedong. Nell’ottica cinese, la “stabilità”, così assicurata alla guida del paese è la miglior garanzia del successo della pianificazione delle “riforme”. Un modello che finora ha mostrato di funzionare, del resto. Già oggi, infatti, dopo la recente apertura dei mercati, la Cina rappresenta la seconda potenza economica mondiale. Ora Xi Jinping intende consolidare questo percorso con un piano di sviluppo in due tappe: 2035 e 2049.
Cos'è la nuova "Via della seta"
Ma non basta. Da tempo ormai Pechino sta iniziando ad assumere un profilo di leadership non soltanto economica, ma politica e militare nell’area del blocco asiatico e sembra volersi espandere ancora: per questo ha iniziato a competere scopertamente con gli Stati Uniti per il predominio delle materie prime a livello planetario. L’ ambizioso programma infrastrutturale “One Belt- One Road” (OBOR, messo in piedi tre anni fa da Xi Jinping, rappresenta una mossa strategica con cui la Cina mira a ricostruire la “Via della Seta” verso l’Europa e il Mediterraneo ma anche ad assicurare -attraverso un reticolo fittissimo di strade, ferrovie, linee marittime, gasdotti e oleodotti- l’espansione della sua influenza attraverso alcuni dei paesi più ricchi di risorse energetiche del mondo, con l’intento preciso di ridisegnare la mappa energetica globale. Dietro i piani di sviluppo di Pechino si disvela dunque un disegno coerente che mira ad assumere l’egemonia mondiale attraverso il controllo del mercato oil&gas in partnership ma più spesso a scapito della stessa Europa, degli Stati Uniti e delle potenze petrolifere arabe emergenti.
Lo Stato che vuole dominare il nuovo ordine mondiale
In sintesi, attraverso il grimaldello del libero mercato, Xi Jinping sta perseguendo l’obiettivo di creare un nuovo ordine mondiale, rigidamente asservito al modello dello stato autoritario. Come nella miglior tradizione della pianificazione cinese, le linee guida di questo modello di sviluppo sono state recepite, nero su bianco, nello Statuto del Partito Comunista durante l’ultimo congresso a novembre, sotto la dicitura: “Pensiero di Xi jimping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”. Adesso la stessa formula verrà scritta nella costituzione della Repubblica. Con buona pace del concetto occidentale di democrazia, e finché il nuovo Mao Zedong non deciderà di cedere il potere a un successore designato.