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Perché in Venezuela il cambio di regime è una fake news – L’analisi di Alberto Negri

Americani, europei e alleati regionali si preparano a metter le mani sul Venezuela che possiede le maggiori riserve petrolifere del mondo

Alberto Negridi Alberto Negri   
Perché in Venezuela il cambio di regime è una fake news – L’analisi di Alberto Negri

Speriamo che questa volta agli Stati Uniti e all’Europa vada meglio in Venezuela che in Medio Oriente. Ogni volta che a Washington progettano un cambio di regime accadono disastri. In Afghanistan, dopo l’11 settembre 2001, hanno abbattuto i talebani che ospitavano Osama bin Laden, e adesso dopo 18 anni di guerra, la più lunga mai combattuta dagli Usa, hanno aperto negoziati con gli stessi talebani, dipinti allora come il male assoluto. Nel 2003 hanno fatto fuori Saddam Hussein con la scusa della più colossale bufala della storia, che il regime possedesse armi di distruzione di massa, per altro mai trovate. L’Iraq non solo non è stato più governabile ma abbandonato al suo destino è diventato per anni il santuario del terrorismo di Al Qaida e poi dell’Isis.

Caso Venezuela venga gestito con intelligenza

Insieme a francesi e inglesi in Libia hanno buttato giù Gheddafi e sappiamo come è andata a finire: all’Italia sono arrivate ondate di centinaia di migliaia di profughi e il Paese è ancora nel caos. Per non  parlare della Siria: anche qui gli Usa e i loro alleati nella regione volevano eliminare Assad e per raggiungere questo obiettivo hanno persino sostenuto i jihadisti, quelli che hanno ispirato gli attentati in Europa.

Venezuela possiede maggiori riserve petrolifere

Americani, europei e alleati regionali hanno creato una destabilizzazione senza precedenti dalla Seconda Guerra mondiale e con questo brillante curriculum si preparano a sistemare l’America Latina, quel Venezuela che possiede le maggiori riserve petrolifere del mondo dove un governo di incapaci, per altro strangolato dalle sanzioni, è riuscito a passare da una produzione di oltre tre milioni di barili nel 2012 a poco più di un milione e in un periodo in cui le quotazioni del greggio sono precipitate rispetto a qualche anno fa.

I numeri della crisi in Venezuela

La crisi del Venezuela si riassume in queste amare cifre perché e c’è poco da girarci intorno. Sono 60 anni che il Venezuela vive soltanto di rendita petrolifera, non esporta altro che oro nero. In Venezuela, fuori dal campo petrolifero, non si lavora, si investe poco o nulla e la borghesia è abituata da sempre a esportare i suoi dollari nei conti all’estero, imitata poi nell’ultimo ventennio di socialismo chavista dai militari di Hugo Chavez e di Maduro. E siccome i conti all’estero si stanno assottigliando anche per la borghesia ecco che è scesa nelle piazze.

La gestione del petrolio e della ricchezza è stata amministrata per decenni da una élite corrotta e sfaccendata, poi è passata in mano allo stato e con Chavez nel ‘99 ai militari, non meno corrotti sfaccendati di quelli che c’erano prima.

Non è uno "Stato Magico"

Il petrolio in Venezuela ha alimentato la visione di uno “Stato Magico”, dove bastava mettere le mani sulla rendita per cambiare le cose. Si è creata così nel tempo una burocrazia ipertrofica, corrotta, clientelista e inefficiente. Si è venduta così ai venezuelani una narrativa assai distorta: quella di una “società ricca”, modellata dal consumismo effimero e spendaccione, che genera sistematicamente fenomeni di corruzione, scarsissima produttività ed efficienza del lavoro.

In poche parole il Venezuela è uno stato fallito, non tanto e non solo nei conti della vita quotidiana, diventata durissima per la maggioranza della popolazione, ma proprio nella sua stessa essenza di nazione: vive di rendita petrolifera e non sa fare altro.

L’unica differenza tra un’epoca o l’altra è da chi e come viene distribuita questa rendita: la borghesia negli  anni ‘90 aveva fallito, poi è toccato al chavismo e ai militari ispirati al bolivarismo, una delle ideologie più distorte dall’Ottocento a oggi, un misto di nazionalismo e socialismo che viene invocato in un profluvio di retorica sia da sinistra che da destra.

I poveri sono restati poveri

In realtà è la copertura per continuare a vivere come prima, lasciando i poveri tra i poveri, gli sfaccendati tra gli sfaccendati, in mano alle élite di turno.

Ecco perché in Venezuela non ci sarà una vera transizione, per ottenerla ci vorrebbero decenni di buona amministrazione e soprattutto un cambio profondo di mentalità: la fine dello “Stato Magico”. Ma il petrolio guasta tutto ed è la vera posta in gioco non solo per i venezuelani ma anche per gli Usa e le potenze esterne come Cina e Russia che sono i più grandi creditori del Paese insieme agli americani.

Il problema di uno stato fallito è proprio il cambio di regime: se accadrà passerà probabilmente da un caos a un altro, forse contagiando anche gli stati vicini. Gli Usa vanteranno una vittoria ideologica della “democrazia” ben sapendo che si tratta di una fake news, una colossale bugia.

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