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"Il vaccino è un obbligo morale". Francesco denuncia crisi politica internazionale

Nell’incontro con gli ambasciatori accreditati in Vaticano il papa definisce immorale il possesso di armi nucleari, lancia un appello per la scuola e gli immigrati

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
(Foto Ansa)
(Foto Ansa)

Contrastare il Covid 19 con l’obbligo morale del vaccino, ma anche priorità nell’attenzione internazionale al dramma degli immigrati, all’urgenza climatica, al pericolo delle armi nucleari e al loro possesso definito immorale, alla questione educativa rilevante in tutti i Paesi, alla penuria del lavoro. Sono i temi squadernati da papa Francesco agli ambasciatori dei 183 paesi accreditati in Vaticano ricevuti in occasione del nuovo anno. Se nello scorso anno tema portante del discorso del papa fu la crisi delle democrazie, quest’anno gli argomenti specifici come la salute, il lavoro, i giovani, i conflitti regionali e locali sono stati trattati dentro la cornice della crisi del multilateralismo dovuta in primo luogo a preferire l’agenda per questioni divisive anziché privilegiare l’ottica dell’umanità unica famiglia, dove la fraternità deve prevalere su interessi privati o di gruppi.

La diplomazia multilaterale attraversa da tempo una crisi di fiducia, dovuta a una ridotta credibilità dei sistemi sociali, governativi e intergovernativi. Importanti risoluzioni, dichiarazioni e decisioni sono spesso prese senza un vero negoziato nel quale tutti i Paesi abbiano voce in capitolo. Tale squilibrio, divenuto oggi drammaticamente evidente, genera disaffezione verso gli organismi internazionali da parte di molti Stati e indebolisce nel suo complesso il sistema multilaterale, rendendolo sempre meno efficace nell’affrontare le sfide globali”. Francesco parla chiaro e senza giri di parole sul prevalere dell’ingiustizia nel mondo e viene applaudito da molti per questo coraggio. Ma resta il dubbio sulla reale disponibilità di parecchi governi a considerare con attenzione le sue indicazioni ispirate a un’alta esigenza etica per tradurle in orientamenti e programmi politici concreti.

Continui lo sforzo per immunizzare il Paese

La pandemia è una condizione che offre un quadro evidente della difficoltà di convergenza non solo sul principio di cooperazione internazionale per sconfiggerla, ma anche di azione concreta nell’unire l’azione di prevenzione e cura che non lasci indietro nessun Paese. Il coronavirus “continua a creare isolamento sociale e a mietere vittime”.  Si è constatato tuttavia che laddove si è svolta un’efficace campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito. E’ dunque importante “che possa proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione. Tutti abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino.

La cura della salute rappresenta un obbligo morale. Purtroppo, constatiamo sempre più come viviamo in un mondo dai forti contrasti ideologici. Tante volte ci si lascia determinare dall’ideologia del momento, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati. Ogni affermazione ideologica recide i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose. Proprio la pandemia ci impone, invece, una sorta di “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo. I vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia.

La salute deve essere tutelata: impegno della politica

Vi deve essere poi l’impegno della politica a perseguire il bene della popolazione attraverso decisioni di prevenzione e immunizzazione, che chiamino in causa anche i cittadini affinché possano sentirsi partecipi e responsabili, attraverso una comunicazione trasparente delle problematiche e delle misure idonee ad affrontarle. La carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa genera confusione, crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni. Si instaura un “relativismo sociale” che ferisce l’armonia e l’unità”. La battaglia contro la pandemia si vince con un impegno della comunità internazionale affinché tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini.

Purtroppo – lamenta il papa - occorre constatare con dolore che per vaste aree del mondo l’accesso universale all’assistenza sanitaria rimane ancora un miraggio. In un momento così grave per tutta l’umanità, ribadisco il mio appello affinché i Governi e gli enti privati interessati mostrino senso di responsabilità, elaborando una risposta coordinata a tutti i livelli (locale, nazionale, regionale, globale), mediante nuovi modelli di solidarietà e strumenti atti a rafforzare le capacità dei Paesi più bisognosi. In particolare, mi permetto di esortare gli Stati, che si stanno impegnando per stabilire uno strumento internazionale sulla preparazione e la risposta alle pandemie sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad adottare una politica di condivisione disinteressata, quale principio-chiave per garantire a tutti l’accesso a strumenti diagnostici, vaccini e farmaci. E parimenti, è auspicabile che istituzioni come l’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale adeguino i propri strumenti giuridici, affinché le regole monopolistiche non costituiscano ulteriori ostacoli alla produzione e a un accesso organizzato e coerente alle cure a livello mondiale”.

Parimenti accorato il richiamo a una rinnovata responsabilità internazionale di fronte all’emergenza migranti. Occorre vincere l’indifferenza e rigettare il pensiero che i migranti siano un problema di altri. “L’esito di tale approccio lo si vede nella disumanizzazione stessa dei migranti concentrati in hotspot, dove finiscono per essere facile preda della criminalità e dei trafficanti di esseri umani, o per tentare disperati tentativi di fuga che a volte si concludono con la morte. Purtroppo, occorre anche rilevare che i migranti stessi sono spesso trasformati in arma di ricatto politico, in una sorta di “merce di contrattazione” che priva le persone della dignità”.

Un grazie all’Italia per quanto fatto e con l’augurio “perché mantenga sempre quello spirito di apertura generosa e solidale che lo contraddistingue”. Ma è L’Unione Europea che il papa considera di fondamentale importanza per risolvere con politiche comuni il problema immigrati similmente a quanto ha fatto per la pandemia. Tuttavia, le migrazioni non riguardano solo l’Europa ma ogni continente. La questione migratoria e il cambiamento climatico “mostrano chiaramente che nessuno si può salvare da sé, ossia che le grandi sfide del nostro tempo sono tutte globali.

Desta perciò preoccupazione constatare che di fronte a una maggiore interconnessione dei problemi, vada crescendo una più ampia frammentazione delle soluzioni. Non di rado si riscontra una mancanza di volontà nel voler aprire finestre di dialogo e spiragli di fraternità, e questo finisce per alimentare ulteriori tensioni e divisioni, nonché un generale senso di incertezza e instabilità. Occorre, invece, recuperare il senso della nostra comune identità di unica famiglia umana. L’alternativa è solo un crescente isolamento, segnato da preclusioni e chiusure reciproche che di fatto mettono ulteriormente in pericolo il multilateralismo, ovvero quello stile diplomatico che ha caratterizzato i rapporti internazionali dalla fine della seconda guerra mondiale”.

Il papa mette in guardia da forme di colonizzazione ideologica che “non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche. In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando un pensiero unico – pericoloso – costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi”. La diplomazia multilaterale è chiamata perciò “ad essere veramente inclusiva”. Tutti i conflitti “sono agevolati dall’abbondanza di armi a disposizione e dalla mancanza di scrupoli di quanti si adoperano a diffonderle. A volte ci si illude che gli armamenti servano solo a svolgere un ruolo dissuasivo contro possibili aggressori. La storia, e purtroppo anche la cronaca, ci insegnano che non è così. Chi possiede armi, prima o poi finisce per utilizzarle”.

Tra le armi che l’umanità ha prodotto, “destano speciale preoccupazione quelle nucleari. La Santa Sede rimane ferma nel sostenere che le armi nucleari sono strumenti inadeguati e inappropriati a rispondere alle minacce contro la sicurezza nel 21° secolo e che il loro possesso è immorale. La loro fabbricazione distoglie risorse alle prospettive di uno sviluppo umano integrale e il loro utilizzo, oltre a produrre conseguenze umanitarie e ambientali catastrofiche, minaccia l’esistenza stessa dell’umanità”.

Un posto speciale è occupato dall’educazione, attraverso la quale si formano le nuove generazioni, che sono la speranza e l’avvenire del mondo. “Duole constatare – rileva Francesco - come spesso, nei bilanci statali, poche risorse vengano destinate all’educazione. Essa viene vista prevalentemente come un costo, mentre si tratta del miglior investimento possibile… La pandemia ha impedito a molti giovani di accedere alle istituzioni educative, con detrimento del loro processo di crescita personale e sociale. Molti, mediante i moderni strumenti tecnologici, hanno trovato rifugio in realtà virtuali, che creano legami psicologici ed emotivi molto forti, con la conseguenza di estraniare dagli altri e dalla realtà circostante e di modificare radicalmente le relazioni sociali. Con ciò non intendo certo negare l’utilità della tecnologia e dei suoi prodotti, che consentono di connettersi sempre più facilmente e rapidamente, ma richiamo l’urgenza di vigilare affinché tali strumenti non sostituiscano i veri rapporti umani, a livello interpersonale, familiare, sociale e internazionale. Se fin da piccoli si impara a isolarsi, più difficile sarà in futuro costruire ponti di fraternità e di pace. In un universo dove esiste solo l’“io”, difficilmente può esserci spazio per un “noi”. 

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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