Ecco il nuovo piano energetico per liberarsi dal ricatto del gas venduto da Mosca
Oggi Draghi e Cingolani a Bruxelles ne discuteranno con Von der Leyen. Necessario mettere subito “un tetto europeo al prezzo del gas”

Il Qatar, l’Algeria, l’Eni e la Libia e l’Azerbaigjan. E poi anche gli Stati Uniti. Oggi Bruxelles. E’ un lavoro in team quello che palazzo Chigi, Farnesina e Mef stanno portando avanti da giorni, a questo punto settimane, per raggiungere nel breve periodo un doppio obiettivo: ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia; colpire là dove le sanzioni commerciali possono dare l’affondo definitivo al regime di Putin visto che gas e petrolio russo sono una delle poche, forse l’unica vera fonte di contante e risorsa finanziaria del Cremlino.Tutto il resto è congelato o interdetto.
Un nuovo piano di approvvigionamento
Mentre la maggioranza si spacca sul catasto e d’accordo con l’opposizione si diverte a fare la conta su altri provvedimenti importanti, non si cura del piccolo cabotaggio intero e pensa a come diavolo risolvere il guaio della nostra dipendenza dalle fonti di energia. Gli obiettivi sono di beve e medio periodo e sono almeno tre: liberarci dal ricatto del gas russo, diversificare le forniture per rafforzare il mix energetico, accelerare ulteriormente sulle rinnovabili. In una parola, predisporre un piano italiano di sicurezza energetica.
Oggi il premier Draghi è a Bruxelles per incontrare la presidente della commissione Ursula von der Leyen. Tra i primi punti in agenda quale strategia Ue per l'approvvigionamento energetico. Il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha spiegato che occorre mettere “un tetto europeo al prezzo del gas” e nel frattempo procedere alla sostituzione delle forniture di Gazprom.
L’energy mix
Questa guerra ha aperto gli occhi e costringe adesso ad accelerare per avere finalmente un nuovo piano energetico. Basta dare un’occhiata al nostro “energy mix”, la dispensa energetica di casa Italia, ed è subito evidente quanto sia “debole”: dipendiamo al 90% dal gas e di questo novanta, il 40% cioè 25 miliardi di metri cubi sono forniti dalla Russia. “Un errore doppio” ha spiegato il ministro visto che un terzo dell’energia consumata in Italia è elettricità e di questo terzo il 60% è prodotto da gas. Nel Duemila in Italia si estraevano 20 miliardi di metri cubi. Nel 2020 poco più di tre. Ma il consumo annuale di gas è rimasto tra 70-80 miliardi ogni anno. “Lo abbiamo comprato dall’estero perdendo le entrate da Iva e pagando per il trasporto” sottolinea il ministro. Con l’aggravante che Gazprom sta facendo extraprofitti altissimi (circa un miliardo al giorno) provocati dalla paura dell’interruzione dei flussi dalla Russia e in pratica il gas venduto all’Europa (che è in condizioni molto simili a quelle italiane) sta pagando i costi della guerra e compensa gli effetti delle sanzioni economiche.
Uno dei temi oggi a Bruxelles è proprio il danaro che diamo ai russi per le forniture. Il ministro ha spiegato che “occorre un price cup”, ovvero fissare un prezzo oltre il quale gli operatori Ue non possono comprare. Non solo: se scattano sanzioni sul gas russo, i nostri operatori non dovranno essere soli a dover rispondere della sospensione dei contratti. Il Piano nazionale servirà quindi soprattutto ad aumentare il numero dei fornitori staccandoci da quello principale. A questo servono le missioni del ministro Di Maio in paesi come Libia, Algeria, Azerbaigjan e ieri Doha. Missioni doppie perchè precedute e seguite passo passo dal premier Draghi a sua volta in contatto telefonico con i padroni di casa. Un lavoro di squadra per risolvere il problema della dipendenza.
I numeri del nuovo Piano
Il primo obiettivo è arrivare alla fine dell’inverno con gli stoccaggi adesso disponibili: siamo al 20-25%. In autunno all’85%. Stiamo messi meglio di altri Paesi Ue. Abbiamo oltre due mesi di autonomia.
In estate però dobbiamo accelerare gli stoccaggi per prossimo inverno. Il lavoro della diplomazia ha ottenuto che Libia e Algeria ci diano 10 miliardi di mc in più. Mettendo a pieno regime i nostri rigassificatori (sono almeno due quelli non in uso) e prendendo gas liquido da Usa, Canada e Nord africa, recuperiamo altri 5 miliardi di mc. Ne mancano ancora dieci per sostituire la fornitura russa. Non sono pochi ma sono sempre meno della metà.
Nel medio periodo
Fin qui il piano nell’immediato che deve essere ancora implementato ma i paesi produttori hanno perfettamente capito il momento e, soprattutto, le loro possibilità di guadagno. Nel medio periodo il piano è accelerare il più possibile sulle rinnovabili; nuovi rigassificatori “con strutture galleggianti e pronti in un paio d’anni” da cui dovrebbero arrivare i dieci miliardi mancanti. altri anno o due (da qui altri 10 miliardi di mc). Nel frattempo provvedere (lo ha fatto una settimana fa il primo decreto Ucraina) a che gli impianti estrattivi italiani peschino ulteriori due miliardi di metri cubi di gas. In questo modo, nell’arco di 2/3 anni ci liberiamo dal ricatto russo. Sperando di non aver imparato che è sempre un errore affidarsi ad un solo paese. Specie se governato da regimi e aurocrati. Condizione che purtroppo accomuna un po’ tutti i grandi produttori.
Tutto questo, ha assicurato più volte il premier Draghi nelle sue comunicazioni al Parlamento, non rallenta in alcun modo il calendario della decarbonizzazione. Eventuali aumenti per le centrali di carbone sono l’extrema ratio in casi di emergenza. In sostanza il back up per non dover chiudere il sistema industriale. Ma al momento, ha assicurato Cingolani, non esiste un problema petrolio grazie alle cospicue scorte.
Le missioni
Una volta chiarito il Piano, negli si comprende la missione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio in Qatar. Accompagnato dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e pochi giorni dopo la trasferta in Algeria. Dopo gli incontri con l’omologo qatarino Muneera. A. Al-Thani e con il ministro dell’Energia dell’emirato Saad Sherida Al-Kaabi, ieri il titolare della Farnesina ha visto l’emiro qatarino, Tamim bin Hamad Al Thani. Il Qatar, oltre alla produzione di petrolio, è soprattutto un produttore di gas. “Rafforzando i legami con il Qatar e con altri paesi, dove mi sono recato la settimana scorsa, ci rendiamo autonomi anche da eventuali ricatti dal gas russo” ha spiegato Di Maio, annunciando che “stiamo già pianificando altre missioni per diversificare ulteriormente le forniture energetiche all'Italia. Abbiamo definito un piano italiano di sicurezza energetica per tutelare i nostri cittadini e le nostre imprese. Stiamo dando il massimo per il nostro paese”. Le autorità di Doha “hanno confermato che si impegneranno a rafforzare la partnership energetica con l’Italia” ricordando che “il Qatar è un partner energetico storico e affidabile”. La missione in Qatar, cos come le atlre, è seguita passo passo da palazzo Chigi e dal premier Draghi che sabato ha avuto una lunga telefonata con lo sceicco Al Thani, emiro del Qatar.
L’appello di Bonomi
Sul punto è molto chiaro anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: “L'Italia stava già rallentando, prima della guerra” perchè “il problema energetico era già presente. Il conflitto ha accentuato la crisi energetica, fattore che mette più a rischio la ripresa del 2022”. Da qui l’appello di Confindustria a “cambiare il nostro mix energetico, importare gas da altre nazioni, fare nuovi accordi come quello con l’Algeria"e, “soprattutto, dobbiamo sbloccare la burocrazia sulle rinnovabili: non è possibile metterci dieci anni per un impianto. Serve una strategie di indipendenza, è fondamentale per noi e per tutta l’Ue”. Per essere “realisti”, poi, il Pnrr andrebbe riscritto rispetto al contesto attuale. Intanto sarebbe già fondamentale andare avanti con il programma esistente senza perdere tempo in battaglie di bandiera e che fanno molto baruffe di cortile. Ad ogni modo Confindustria chiederà al governo una serie di misure per una “strategia di medio lungo periodo” nell'energia fra cui “la sospensione del mercato Ets, nuovi impianti gnl magari in mare, l'aumento della produzione nazionale di gas e rinnovabili” con l'accelerazione degli iter burocratici.
Le sanzioni alla Russia
Il nuovo piano energetico ha anche l’obiettivo di rendere efficaci le sanzioni economiche alla Russia. L’Ispi ha fornito negli ultimi giorni un quadro molto aggiornato della situazione. La fonte primaria è la Banca centrale russa. L’arma finanziaria, se agita con attenzione, può essere il colpo finale. Attualmente, con le misure prese finora, sono bloccati 346 miliardi dei 630 che costituiscono le riserve in valuta estera della Banca centrale russa. In pratica il Cremlino non può vendere valuta Usa, euro o yen. Restano non congelati i fondi cinesi e russi che sono 284 miliardi. Da considerare che sono bloccate anche le riserve depositate in Paesi che hanno applicato le sanzioni. Tutto l’Occidente industrializzato e democratico.
In queste condizioni - blocco delle riserve, rublo che ha perso il 40 per cento del valore, la borsa di Mosca chiusa da una settimana, i titoli migliori quotati a Wall street hanno perso il 50% (Yandex), il 75% (Sberbank) e il 38% (Gazprom) - l’unica leva finanziaria e monetaria possibile per Putin è il Fondo sovrano alimentato dalle rendite di gas e petrolio. Ecco perchè limitare il gas russo in arrivo e smettere di alimentare il Fondo sovrano è la sanzione economica più dura per il regime di Mosca.