L'Ucraina come l'Iraq: i rischi concreti dell'uso delle armi all'uranio impoverito. I precedenti

Già utilizzate in molti scenari di guerra non è mai stato possibile metterle al bando. Eppure gli effetti devastanti sulla salute e sull'ambiente sono noti, i casi dei soldati italiani morti. La Serbia prova a portare la Nato in tribunale

L'Ucraina come l'Iraq: i rischi concreti dell'uso delle armi all'uranio impoverito. I precedenti
Un proiettile all'uranio impoverito (Ansa)

Il ministro degli Esteri britannico James Cleverly sembra non avere dubbi sul fatto che i proiettili all'uranio impoverito non abbiano niente a che vedere con le "armi nucleari", ma siano piuttosto "armi convenzionali". Ragion per cui l'escalation nucleare di cui parla la Russia è fuori luogo e anche sui rischi per la salute la tendenza è a minimizzare: "Ricerche indipendenti da parte di scienziati di istituzioni come la Royal Society hanno determinato che l'impatto sulla salute e sull'ambiente è probabilmente basso", ha detto il ministro. Eppure i più recenti e sanguinosi scenari di guerra, si pensi al conflitto nell'Iraq di Saddam Hussein o a quello dei Balcani, ci hanno lasciato un ricordo ancora attuale delle devastanti conseguenze dell'uso delle armi all'uranio impoverito. In quei luoghi si registrano tumori mortali, incidenza di gravi disabilità tra i bambini e interi territori contaminati. Anche i reduci ne hanno pagato le conseguenze: secondo l'Osservatorio Militare solo in Italia sono almeno 400 i militari morti per aver contratto malattie dopo missioni estere mentre altri 8mila stanno combattendo contro linfomi e leucemie

La Gran Bretagna invierà armi all'uranio impoverito

La storia, è vero, a volte non insegna nulla. La Gran Bretagna ha infatti deciso di mandare in Ucraina "uno squadrone di carri armati pesanti da combattimento Challenger 2" con relative munizioni "inclusi i proiettili perforanti che contengono uranio impoverito". Secondo la viceministra della Difesa, Annabel Goldie, si tratta di "armi altamente efficaci" contro o moderni carri armati. Ma che si portano dietro il rischio di innescare una pericolosa evoluzione del conflitto ucraino, tanto che gli Usa, in qualche modo, frenano dichiarando che non intendono inviare in Ucraina simili armamenti.

La Gran Bretagna, secondo quanto certifica la Ong Icbuw (International Coalition to Ban Uranium Weapons) che si batte per la loro messa al bando, possiede proiettili all'uranio impoverito di due tipi e ha sempre minimizzato sui suoi effetti tossici o radioattivi. In particolare l'armata di Sua Maestà, possiede i proiettili Charm 1 e Charm 3 e possono essere usati come munizioni per i cannoni da 120 millimetri montati sui già citati Challenger 2, tank pesanti da combattimento di standard Nato. Proprio quelli che il premier Rishi Sunak ha promesso all'omologo ucraino, Volodimir Zelensky. 

Cosa è l'uranio impoverito e come si ottiene

L'uranio impoverito, che si ottiene dagli scarti della produzione del combustile per le centrali atomiche e delle testate per le bombe nucleari, può raggiungere fino a 3000 gradi e con l'esplosione avviene una nebulizzazione che proietta frammenti incandescenti e nanoparticelle metalliche altamente tossiche che si spargono nell'ambiente. Viene definito "impoverito" perché durante il processo di arricchimento la percentuale dell'isotopo fissile U-235 viene ridotta dallo 0,7% allo 0,2%. Ha una radioattività corrispondente a meno del 60% di quella dell'uranio naturale. Costa meno del tungsteno, ugualmente usato in questi frangenti, ma ha un'efficacia devastante sugli obiettivi militari. Fu il Pentagono a riciclarlo e trasformarlo in proiettili negli anni Settanta, poi usati i diversi scenari di guerra tra cui, oltre quelli già citati, il Kwait e l'Afghanistan. 

Marco Diana, il soldato simbolo della lotta all'uranio impoverito, morto nel 2020 per un linfoma (Ansa)

Gli effetti sulla salute

Ci sono conseguenze sull'ambiente e sulla salute, come detto dall'Oms nel 2003: le polveri sottili prodotte da queste esplosioni si spargono nell'ambiente e sono altamente tossiche. Se ingerite o inalate poi, provocano malattie gravissime, come linfomi e leucemie. Non è un caso quindi che l'uso di questo tipo di armi sia molto contestato e l'Onu abbia cercato in diversi casi di metterle al bando, non riuscendoci. Il massimo che è stato fatto è una bozza di risoluzione adottata nel 2007 che esprimeva "preoccupazione" per il loro utilizzo: gli effetti dopo il Kosovo e l'Iraq erano già evidenti. Tra i sei Stati che votarono contro si contano gli Usa e la Gran Bretagna. L'Italia si espresse a favore. 

L'Osservatorio che in Italia tutela i reduci

Sono diverse le commissioni d'inchiesta istituite negli anni nel nostro Paese, l'ultima risale al 2018. Ma sono in corso presso vari tribunali molte cause seguite dall'Osservatorio militare, un'associazione che "tutela tutti i militari esposti ad amianto, uranio impoverito e altri cancerogeni nel corso delle missioni estere". Per lo più si basano sulle mancate protezioni ai soldati italiani operanti in teatri di guerra, anche quando l'equipaggiamento di sicurezza era invece garantito ai militari statunitensi e di altri Paesi. Trecento le cause vinte in questi anni, avanzate contro la Difesa per risarcimento danni ma anche per il riconoscimento della malattia come causa di servizio o per altri tipi di ricorso.

La Serbia e le cause contro la Nato

In Serbia sono in corso diverse cause contro la Nato per i massicci bombardamenti sul Kosovo nel 1999 - durante i quali si fece largo uso di proiettili all'uranio impoverito - che sarebbero alla base di migliaia di casi di tumori e leucemie. In particolare, ricorda Il fatto quotidiano, il presidente Aleksandar Vucic istituì nel 2018 una commissione d’inchiesta sulle responsabilità della Nato e in parallelo si avviarono diversi procedimenti intentati da parte di civili e militari malati davanti alla Corte di Belgrado. I ricorrenti richiedono risarcimenti tra i 100 e i 300 mila euro e cercano di trascinare l'Organizzazione militare in giudizio. La quale, manco a dirlo, si trincera dietro una sua presunta immunità derivante da un accordo stipulato con la Serbia sei anni dopo i fatti bellici, il quale però, secondo uno degli avvocati, avrebbe per oggetto altri scopi e, soprattutto, mancherebbe l'effetto retroattivo.