"Patto antiterrorismo e sicurezza dei cittadini: ecco il piano italiano al summit del G7"
Dopo Manchester il tema della lotta al terrorismo irrompe nei colloqui fra i "grandi". Trump ridefinisce la strategia di influenza Usa in Medio Oriente. Per l'Italia essenziale l'agenda mediterranea e la Libia

Sicurezza, lotta al terrorismo stabilità mediterranea. Sono questi i grandi temi che irrompono di prepotenza nell' agenda nella tre giorni europea di Donald Trump, in vista del G7 di Taormina del 26 e 27 maggio. Un passaggio obbligato dopo i fatti di Manchester, ma anche in previsione del vertice Nato di giovedì 25 a Bruxelles, e subito dopo il solenne impegno di Rihad per la "lotta al terrore", suggellato da una consistente commessa in armi per l'ammontare di cento miliardi di dollari all'alleato saudita in funzione anti-Iran, anti-Siria e anti-Russia. Ma se per gli Stati Uniti la priorità è il consolidamento delle sfere di influenza in Medio Oriente e in Iraq a spese del governo di Damasco, per l'Italia rimane centrale la stabilità mediterranea, il contrasto ai flussi migratori e la pacificazione libica. Temi sui quali non potrà non esserci un pasaggio anche nel consesso dei "grandi" della terra, dato che la governance economica nel nuovo contesto globalizzato ed aperto è sempre più inestricabilmente è connessa agli equilibri mondiali. Quali scenari attendersi dunque dai delicatissimi appuntamenti dei prossimi giorni? Trump riuscirà ad imporre l'agenda USA o sarà l'Europa, ed in particolare l'Italia a segnare un punto sul fronte della sicurezza mediterranea, magari mantenendo i saldi invariati all'interno dell'Alleanza Atlantica?
"Indubbiamente il G7 di Taormina, prima ancora del vertice NATO a Bruxelles non potrà che rappresentare un momento di riflessione sul piano politico diplomatico, anche se dobbiamo tenere conto del fatto che il terrorismo da noi ha un aspetto del tutto peculiare legato al fatto che non si tratta di operazioni condotte da stranieri su suolo europeo, quanto piuttosto di fenomeni di radicalizzazione di cittadini europei di seconda o terza generazione, cosa che in questo senso smentisce, almeno in parte il nesso immigrazione-terrorismo", spiega Gerardo Pelosi, esperto di Esteri per il Sole 24 Ore.
"Certo, possiamo immaginare che al vertice nato di giovedì il focus che in un primo tempo si immaginava dovesse essere incentrato sui costi della difesa europea e sulla difesa del fronte est (paesi baltici e Polonia) dall'influenza russa venga parzialmente spostato sull'attualità delle ultime vicende in funzione anti-terrorismo. Non bisogna dimenticare inoltre che gli Stati Uniti sono a capo della cosiddetta coalizione anti-Isis, composta da oltre 40 paesi e dove l'Italia partecipa, seppur in funzione non-combat, con il secondo più grande contingente (1500 uomini divisi tra Iraq e Quwait)"
"Certamente il tema sarà entrato nell'agenda dei colloqui fra Trump e Papa Bergoglio nell'incontro di oggi in Vaticano. Trump ha detto di sentirsi onorato dell'incontro, che di fatto rappresenta un riavvicinamento, dopo una serie di scambi a distanza molto polemici sui "muri" e sulle politiche per l'immigrazione annunciate da Trump in campagna elettorale"
Trump ci ha abituato anche a repentini cambi di scenario: in Medio Oriente ha inaugurato una nuova fase in cui si passa dall'iniziale isolazionismo a una rinnovata volontà di influenza, plasticamente rappresentata dalla mega commessa militare all'Arabia Saudita per un importo di oltre 100 miliardi di dollari. "Qui c'è un deciso cambio di passo evidente rispetto alla politica di Obama. Ora gli slogan della campagna elettorale si stanno strutturanno con una logica e una strategia che è dettata evidentemente dagli strateghi del Dipartimento di Stato: si punta sul rilancio dell'alleanza con Arabia sunnita e sul riavvio di un processo di pace che promuove Israele ad interlocutore privilegiato nell'intricata questione arabo-palestinese, insieme ad Abu Mazen. Tutto questo è distante anni luce dall'approccio di Obama: lui era andato a parlare all'Università del Cairo, Trump il pragmatico, va a trattare direttamente con gli stakeholders, a Rihad come a Gerusalemme"
"Tutto questo avrà delle ripercussioni nella coalizione anti-Isis, sui rapporti con l'Iran ed ovviamente anche sulla stabilizzazione del Mediterraneo. Possiamo immaginare che anche per l'Italia possano cambiare alcuni equilibri: siamo dei capofila in Libia, dove ci viene riconosciuta la conoscenza del terreno e l'efficacia di un'azione politico-diplomatica in funzione di appoggio al governo di Serraj. Tutto questo potrebbe essrere propedeutico alla richiesta di u nostro maggior impegno laggiù. Certamente questo capitolo sarà oggetto dei colloqui di Bruxelles e anche di Taormina, dove i temi economici si intrecceranno ai temi della stabilità"
Cosa aspettarsi dal vertice di Taormina? Ci sarà spazio per l'affermazione di un'agenda europea oltre alle priorità degli USA?
"E' difficile dirlo. Siamo certamente in una nuova fase che ha bisogno di una governance in cui non si possono creare schieramenti contrapposti ma c'è consapevolezza anche con piccoli passi trovare un accordo almeno tra i grandi che sono il motore dell'economia globale".